Un pianeta
nella plastica.
E noi con lui
5 giugno, giornata mondiale
Ecco i numeri che spiegano perché è urgente
cambiare il modo in cui produciamo,
consumiamo e smaltiamo i rifiuti
-
di Daniela Fassini
La
plastica è ormai ovunque: al Polo Nord, sull’Everest, negli abissi degli
oceani, nel cibo che mangiamo e persino nelle placente dei neonati. Come
sconfiggere l’inquinamento da plastica è il tema scelto per celebrare
quest’anno il 5 giugno, la Giornata mondiale dell’Ambiente.
“BeatPlasticPollution” (“Sconfiggi l’inquinamento da plastica”, ndr) è lo
slogan scelto dall’Unep, il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, per
la Giornata istituita dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 15
dicembre 1972 e celebrata per la prima volta nel 1973. Sono trascorsi dunque 50
anni: mezzo secolo di impegno e di sensibilizzazione del grande pubblico, a
ogni latitudine.
«Il
nostro pianeta sta soffocando per colpa della plastica – spiega l’agenzia
dell’Onu -. È tempo di cambiare il modo in cui la produciamo, la consumiamo e
la smaltiamo. Infatti, nonostante la plastica abbia degli usi preziosi, siamo
diventati dipendenti dai prodotti in plastica monouso, con gravi conseguenze
ambientali, sociali, economiche e sulla salute.
In
tutto il mondo, ogni minuto viene acquistato un milione di bottiglie di
plastica, mentre ogni anno vengono utilizzati fino a cinque trilioni di
sacchetti di plastica. In totale, la metà di tutta la plastica prodotta è
progettata per scopi monouso. Le materie plastiche, comprese le microplastiche,
sono ormai onnipresenti nel nostro ambiente naturale. Stanno diventando parte
della documentazione fossile della Terra e un indicatore dell’Antropocene, la
nostra attuale era geologica».
Circa
il 36% di tutta la plastica prodotta viene utilizzata negli imballaggi,
compresi i prodotti in plastica monouso per contenitori per alimenti e bevande,
di cui circa l’85% finisce in discarica o come rifiuto non regolamentato. Non
solo: circa il 98% dei prodotti in plastica monouso è prodotto da combustibili
fossili o materie prime vergini. Si prevede che il livello delle emissioni di
gas serra associate alla produzione, all’uso e allo smaltimento delle plastiche
convenzionali a base di combustibili fossili crescerà fino al 19% del bilancio
globale del carbonio entro il 2040. Questi prodotti in plastica monouso sono
ovunque. Per molti di noi sono diventati parte integrante della vita
quotidiana.
Ma
dove finiscono i rifiuti di plastica? «Fiumi e laghi li trasportano dalle
profondità dell’entroterra al mare, rendendoli i principali contributori
all’inquinamento degli oceani. Nonostante gli attuali sforzi, si stima che
attualmente nei nostri oceani si trovino da 75 a 199 milioni di tonnellate di
plastica».
La
quantità di questi rifiuti potrebbe triplicare da 9-14 milioni di tonnellate
all’anno nel 2016 a 23-37 milioni di tonnellate entro il 2040. Si stima che
1.000 fiumi siano responsabili di quasi l’80% delle emissioni di plastica
fluviali annuali globali nell’oceano, che vanno da 0,8 a 2,7 milioni di
tonnellate all’anno, con i piccoli fiumi urbani tra i più inquinati. La maggior
parte degli oggetti in plastica non scompare mai del tutto, semplicemente si
rompe in pezzi sempre più piccoli. «Queste microplastiche possono entrare nel
corpo umano attraverso l’inalazione e l’assorbimento, quindi possono
accumularsi negli organi. Uno studio ha recentemente rilevato microplastiche
nelle placente dei neonati» spiega l’Unep.
«È
tempo di accelerare questa azione (sconfiggere l’inquinamento da plastica, ndr)
e passare a un’economia circolare» vien sottolineato. L'obiettivo è quello di
creare un trattato globale, giuridicamente vincolante sulla plastica. Secondo
le stime dell'Unep, il passaggio a un’economia circolare comporterebbe un
risparmio di 1.270 miliardi di dollari, considerando i costi e i ricavi del
riciclo. Con un aumento netto di 700mila posti di lavoro.
L’inquinamento
da plastica potrebbe essere ridotto dell’80% entro il 2040 se i Paesi e le
aziende effettuassero profondi cambiamenti politici e di mercato utilizzando le
tecnologie esistenti. Il rapporto dell’Unep dal titolo “Chiudere il rubinetto:
come il mondo può mettere fine all'inquinamento da plastica e creare
un’economia circolare” pubblicato in vista dei negoziati di Parigi che si sono
svolti in settimana indica soluzioni basate sulle cosiddette “3 r”: riuso,
riciclo e riorientamento della produzione.
www.avvenire.it
L’obiettivo
è raggiungere un taglio del 30% dell’inquinamento nei prossimi 17 anni, per un
ulteriore 20% in meno di consumi (che può salire fino al 50% eliminando i
sussidi ai combustibili fossili). Con la ridefinizione delle linee produttive,
infine, sarebbe possibile un ulteriore risparmio di plastica del 17%, usando
materiali alternativi.
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