venerdì 27 settembre 2024

UNA CONDOTTA BUONA

Voto in condotta, 

una legge nuova 

per una pedagogia vecchia

 

Torna il voto in condotta (e la bocciatura con il sei) dalla secondaria di primo grado. Gli studenti sospesi dovranno fare attività di cittadinanza solidale. 

Ma esattamente, i docenti sanno cosa valutare quando valutano la condotta? Davvero ha senso il volontariato obbligatorio?

 E se la scuola invece usasse di più il service learning? 

In dialogo con il pedagogista Italo Fiorin

-

-di Rossana Certini

 

La legge in materia di valutazione degli studenti, tutela dell’autorevolezza del personale scolastico e indirizzi scolastici è stata approvata in via definitiva dalla Camera dei deputati. Grazie a 154 voti a favore, 97 contrari e 7 astenuti nelle scuole italiane torna il voto in condotta per gli studenti delle scuole secondarie di primo grado; si introduce l’attività di cittadinanza solidale per chi viene sospeso e si prevedono multe per aggressioni al personale scolastico.

La “buona condotta”

«La legge approvata dal Parlamento rappresenta un passaggio fondamentale per la costruzione di un sistema scolastico che responsabilizzi i ragazzi e restituisca autorevolezza ai docenti», ha commentato il ministro dell’istruzione Giuseppe Valditara.

Parole all’apparenza condivisibili, quelle del ministro: del resto educare vuol dire proprio accompagnare i ragazzi verso la loro maturità intellettuale e morale. E cosa c’è di meglio che aiutarli a diventare adulti responsabili? Per non parlare del versante docenti, categoria sempre più privata della sua autorevolezza: chi non vorrebbe restituirgliela? Se, però, ci si sposta dal piano delle parole a quello dei fatti viene spontaneo chiedersi se la responsabilità può essere figlia delle sanzioni e l’autorevolezza dell’autorità.

«Un atteggiamento autoritario e repressivo è non solo inutile, ma anche dannoso», spiega Italo Fiorin, pedagogista che presiede la Scuola di alta formazione Educare alla solidarietà e all’incontro – Eis della Lumsa di Roma. Ha anche coordinato la commissione che ha lavorato alla stesura delle Indicazioni nazionali, ora in revisione all’insegna del concetto di patria. «I ragazzi, anche quelli che sono capaci di mettere in difficoltà la scuola, hanno bisogno di essere accolti, ascoltati e di ricevere delle proposte costruttive. Se pensiamo ad alcune figure significative del passato come san Filippo Neri, con i suoi oratori o don Bosco, con la sua attenzione agli ultimi oppure Giovanni Battista Piamarta, che ha offerto una prospettiva ai ragazzi di strada avviandoli al lavoro, ci accorgiamo che, pur essendo figure molto diverse tra loro, hanno in comune un approccio fatto di accoglienza, di ascolto e di creatività. Hanno saputo immaginare per i ragazzi delle cose nuove che prima non c’erano».

Leggendo la legge, invece, si ha l’impressione che di nuovo ci sia solo il ritorno a una pedagogia autoritaria e punitiva che usa come deterrenti il timore della bocciatura, della punizione o del voto in condotta. Ma esattamente cos’è la buona condotta?

Agire per il bene

«Prima di parlare di voto in condotta», prosegue Fiorin, «dovremmo chiederci cosa intendiamo per buona condotta. «Spesso si scambia per “buona condotta” quella dell’alunno che non disturba, che non interviene, che ripete in maniera speculare le parole che l’insegnante pronuncia. Io, invece, credo che il concetto di buona condotta dovrebbe essere quello di “agire per il bene”».

Spesso si scambia per “buona condotta” quella dell’alunno che non disturba, che non interviene, che ripete in maniera speculare le parole che l’insegnante pronuncia. Io, invece, credo che il concetto di buona condotta dovrebbe essere quello di “agire per il bene”

E prosegue: «dovremmo proporre ai ragazzi progetti capaci di collegare strettamente il servizio all’apprendimento in una sola attività educativa articolata e coerente. I progetti di Service learning, per esempio, uniscono attività di cittadinanza, azioni solidali e volontariato per la comunità all’acquisizione di competenze sociali, professionali e didattiche. I ragazzi che vengono coinvolti in questo tipo di progetti sono capaci di avere un buon comportamento, conoscono il rispetto e la solidarietà. Questi ragazzi imparano una virtù di tipo attivo che li porta ad agire bene. Una condizione completamente diversa rispetto a quella data dalla minaccia di una norma, che magari non condividono, ma che rispettano perché, tutto sommato, è utile per ottenere un voto. La vera buona condotta deve nascere dal desiderio di fare qualcosa di positivo e costruttivo per la società e l’ambiente».

La pedagogia del Service learning

La metodologia didattica del Service learning, di cui Fiorin è uno dei maggiori esperti in Italia, vede gli studenti protagonisti in tutte le fasi del progetto, dalla rilevazione dei bisogni, alla progettazione degli interventi, alle azioni messe in campo, alla valutazione degli esiti.

«A Bergamo, in un istituto di istruzione superiore, gli studenti si sono interrogati su cosa fanno i ragazzi migranti nei centri di accoglienza», racconta Fiorin, «e dal bisogno di rispondere a questa domanda è nato un progetto che ha consentito ai ragazzi migranti di entrare a scuola, imparare le tecniche fotografiche e grafiche insieme agli studenti bergamaschi. In questo scambio di conoscenze, relazione e racconto, grazie alle competenze acquisite tra i banchi di scuola, i ragazzi hanno progettato e realizzato degli album che raccontano le storie dei loro amici migranti. Un altro esempio è quello di un istituto alberghiero pugliese dove gli studenti si sono interrogati sullo spreco alimentare. Sono così entrati in contatto con la grande distribuzione, hanno raccolto gli scarti e li hanno trasformati ogni giorno in un menu diverso. Ne è nata una mensa sociale gestita dai ragazzi e aperta a chi ne ha bisogno. Il Service lerning è una proposta pedagogica che educa i giovani a quello che papa Francesco definirebbe amore sociale, che li aiuta a diventare cittadini attivi. Li apre alla dimensione del volontariato».

Il mettersi al servizio non conosce imperativo

Nella nuova legge, invece, le attività di cittadinanza solidale sono un obbligo che sono tenuti a svolgere i ragazzi che ricevono un provvedimento disciplinare: più di due giorni di sospensione. Vero è che “più scuola” per questi ragazzi è meglio di “meno scuola” e che la sospensione oggi come oggi in molte situazioni rischia di essere percepita più come un premio o un favore che come una punizione o una perdita.

«Non sono convinto che questo approccio possa sortire dei risultati a lungo termine», sottolinea Fiorin: «Daniel Pennac scrive in un suo libro che il verbo leggere non conosce l’imperativo. Cioè, non puoi dire a una persona “devi leggere”, devi generare in lei il piacere di leggere. La passione per la lettura porta le persone a leggere. Possiamo dire la stessa cosa del verbo “servire”. Mettersi al servizio non conosce imperativo. Solo se sei uno schiavo conosci l’imperativo. Una persona non può essere messa nelle condizioni di fare obbligatoriamente del bene. Dal punto di vista dell’efficacia educativa l’imposizione di “fare del bene” è controproducente. Se una persona deve ingoiare, come una medicina amara, una buona azione, presto, la cosa che gli verrà più spontanea fare sarà di disfarsi quanto prima di quella buona azione. Invece, se una persona viene resa responsabile in maniera motivata e protagonista di un’impresa che sente come importante e condivisa insieme ai suoi compagni allora cambierà la sua prospettiva».

Pennac ci ha ricordato che non puoi dire a una persona “devi leggere”, ma devi generare in lei il piacere di leggere. Possiamo dire la stessa cosa del verbo “servire”. Mettersi al servizio non conosce imperativo. Dal punto di vista dell’efficacia educativa, l’imposizione di “fare del bene” è controproducente.

Incontrare la realtà

Infine, spiega Fiorin: «la scuola deve proporre l’incontro con la realtà, con le persone migranti o senza fissa dimora oppure con gli anziani soli, ma deve essere una proposta alla classe. Deve saper costruire dei patti educativi, quindi un’alleanza con le realtà del volontariato del territorio, capace di mettere in relazione gli studenti con gli adulti che in queste associazioni operano per fare dei progetti curricolari e utili all’apprendimento».

 Immagine: Studenti di una scuola Montessori impegnati in una attività (foto di Milena Piscozzo)

 

VITA

 

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