una legge nuova
per una pedagogia vecchia
Torna il voto in condotta (e la bocciatura con il sei) dalla secondaria di primo grado. Gli studenti sospesi dovranno fare attività di cittadinanza solidale.
Ma esattamente, i docenti sanno cosa valutare quando valutano la condotta? Davvero ha senso il volontariato obbligatorio?
E se la scuola invece usasse di più il service learning?
In dialogo con il pedagogista Italo Fiorin
-
-di Rossana Certini
La
legge in materia di valutazione degli studenti, tutela dell’autorevolezza del
personale scolastico e indirizzi scolastici è stata approvata in via definitiva
dalla Camera dei deputati. Grazie a 154 voti a favore, 97 contrari e 7
astenuti nelle scuole italiane torna il voto in condotta per
gli studenti delle scuole secondarie di primo grado; si introduce l’attività di
cittadinanza solidale per chi viene sospeso e si prevedono multe per
aggressioni al personale scolastico.
La
“buona condotta”
«La
legge approvata dal Parlamento rappresenta un passaggio fondamentale per la
costruzione di un sistema scolastico che responsabilizzi i ragazzi e
restituisca autorevolezza ai docenti», ha commentato il ministro
dell’istruzione Giuseppe Valditara.
Parole
all’apparenza condivisibili, quelle del ministro: del resto educare vuol dire
proprio accompagnare i ragazzi verso la loro maturità intellettuale e morale. E
cosa c’è di meglio che aiutarli a diventare adulti responsabili? Per non
parlare del versante docenti, categoria sempre più privata della sua
autorevolezza: chi non vorrebbe restituirgliela? Se, però, ci si sposta dal
piano delle parole a quello dei fatti viene spontaneo chiedersi se la
responsabilità può essere figlia delle sanzioni e l’autorevolezza dell’autorità.
«Un
atteggiamento autoritario e repressivo è non solo inutile, ma anche dannoso»,
spiega Italo Fiorin, pedagogista che presiede la Scuola di alta formazione
Educare alla solidarietà e all’incontro – Eis della Lumsa di Roma. Ha anche
coordinato la commissione che ha lavorato alla stesura delle Indicazioni
nazionali, ora in revisione all’insegna del concetto di patria. «I
ragazzi, anche quelli che sono capaci di mettere in difficoltà la scuola, hanno
bisogno di essere accolti, ascoltati e di ricevere delle proposte costruttive.
Se pensiamo ad alcune figure significative del passato come san Filippo Neri,
con i suoi oratori o don Bosco, con la sua attenzione agli ultimi oppure
Giovanni Battista Piamarta, che ha offerto una prospettiva ai ragazzi di strada
avviandoli al lavoro, ci accorgiamo che, pur essendo figure molto diverse tra
loro, hanno in comune un approccio fatto di accoglienza, di ascolto e di
creatività. Hanno saputo immaginare per i ragazzi delle cose nuove che prima
non c’erano».
Leggendo
la legge, invece, si ha l’impressione che di nuovo ci sia solo il ritorno a una
pedagogia autoritaria e punitiva che usa come deterrenti il timore della
bocciatura, della punizione o del voto in condotta. Ma esattamente cos’è la
buona condotta?
Agire
per il bene
«Prima
di parlare di voto in condotta», prosegue Fiorin, «dovremmo chiederci cosa
intendiamo per buona condotta. «Spesso si scambia per “buona condotta” quella
dell’alunno che non disturba, che non interviene, che ripete in maniera
speculare le parole che l’insegnante pronuncia. Io, invece, credo che il
concetto di buona condotta dovrebbe essere quello di “agire per il bene”».
Spesso
si scambia per “buona condotta” quella dell’alunno che non disturba, che non
interviene, che ripete in maniera speculare le parole che l’insegnante
pronuncia. Io, invece, credo che il concetto di buona condotta dovrebbe essere
quello di “agire per il bene”
E
prosegue: «dovremmo proporre ai ragazzi progetti capaci di collegare
strettamente il servizio all’apprendimento in una sola attività educativa
articolata e coerente. I progetti di Service learning, per esempio,
uniscono attività di cittadinanza, azioni solidali e volontariato per la
comunità all’acquisizione di competenze sociali, professionali e didattiche. I
ragazzi che vengono coinvolti in questo tipo di progetti sono capaci di avere
un buon comportamento, conoscono il rispetto e la solidarietà. Questi
ragazzi imparano una virtù di tipo attivo che li porta ad agire bene. Una
condizione completamente diversa rispetto a quella data dalla minaccia di una
norma, che magari non condividono, ma che rispettano perché, tutto sommato, è
utile per ottenere un voto. La vera buona condotta deve nascere dal desiderio
di fare qualcosa di positivo e costruttivo per la società e l’ambiente».
La
pedagogia del Service learning
La
metodologia didattica del Service learning, di cui Fiorin è uno dei maggiori
esperti in Italia, vede gli studenti protagonisti in tutte le fasi del
progetto, dalla rilevazione dei bisogni, alla progettazione degli interventi,
alle azioni messe in campo, alla valutazione degli esiti.
«A
Bergamo, in un istituto di istruzione superiore, gli studenti si sono
interrogati su cosa fanno i ragazzi migranti nei centri di accoglienza»,
racconta Fiorin, «e dal bisogno di rispondere a questa domanda è nato un
progetto che ha consentito ai ragazzi migranti di entrare a scuola, imparare le
tecniche fotografiche e grafiche insieme agli studenti bergamaschi. In questo
scambio di conoscenze, relazione e racconto, grazie alle competenze acquisite
tra i banchi di scuola, i ragazzi hanno progettato e realizzato degli album che
raccontano le storie dei loro amici migranti. Un altro esempio è quello di un
istituto alberghiero pugliese dove gli studenti si sono interrogati sullo
spreco alimentare. Sono così entrati in contatto con la grande distribuzione, hanno
raccolto gli scarti e li hanno trasformati ogni giorno in un menu diverso. Ne è
nata una mensa sociale gestita dai ragazzi e aperta a chi ne ha bisogno. Il
Service lerning è una proposta pedagogica che educa i giovani a quello che papa
Francesco definirebbe amore sociale, che li aiuta a diventare cittadini attivi.
Li apre alla dimensione del volontariato».
Il
mettersi al servizio non conosce imperativo
Nella
nuova legge, invece, le attività di cittadinanza solidale sono un obbligo che
sono tenuti a svolgere i ragazzi che ricevono un provvedimento disciplinare:
più di due giorni di sospensione. Vero è che “più scuola” per questi ragazzi è
meglio di “meno scuola” e che la sospensione oggi come oggi in molte situazioni
rischia di essere percepita più come un premio o un favore che come una
punizione o una perdita.
«Non
sono convinto che questo approccio possa sortire dei risultati a lungo
termine», sottolinea Fiorin: «Daniel Pennac scrive in un suo libro che il verbo
leggere non conosce l’imperativo. Cioè, non puoi dire a una persona “devi
leggere”, devi generare in lei il piacere di leggere. La passione per la
lettura porta le persone a leggere. Possiamo dire la stessa cosa del verbo
“servire”. Mettersi al servizio non conosce imperativo. Solo se sei uno
schiavo conosci l’imperativo. Una persona non può essere messa nelle
condizioni di fare obbligatoriamente del bene. Dal punto di vista
dell’efficacia educativa l’imposizione di “fare del bene” è
controproducente. Se una persona deve ingoiare, come una medicina amara,
una buona azione, presto, la cosa che gli verrà più spontanea fare sarà di
disfarsi quanto prima di quella buona azione. Invece, se una persona viene resa
responsabile in maniera motivata e protagonista di un’impresa che sente come
importante e condivisa insieme ai suoi compagni allora cambierà la sua
prospettiva».
Pennac
ci ha ricordato che non puoi dire a una persona “devi leggere”, ma devi
generare in lei il piacere di leggere. Possiamo dire la stessa cosa del verbo
“servire”. Mettersi al servizio non conosce imperativo. Dal punto di vista
dell’efficacia educativa, l’imposizione di “fare del bene” è controproducente.
Incontrare la realtà
Infine,
spiega Fiorin: «la scuola deve proporre l’incontro con la realtà, con le
persone migranti o senza fissa dimora oppure con gli anziani soli, ma deve
essere una proposta alla classe. Deve saper costruire dei patti educativi,
quindi un’alleanza con le realtà del volontariato del territorio, capace di
mettere in relazione gli studenti con gli adulti che in queste associazioni
operano per fare dei progetti curricolari e utili all’apprendimento».
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