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Di Redazione
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Scrivere
in corsivo, infatti, richiede una serie di “competenze” che si apprendono col
tempo e non riguardano solo aspetti meramente formali ma anche e soprattutto
sostanziali, cognitivi...
Soffermarsi
sul concetto di scuola, formazione, crescita, presuppone sempre riflessioni
articolate, mai scontate, dove ogni piccola sfumatura permette di cogliere un
aspetto differente. Non è semplice il ruolo svolto da genitori ed insegnanti
nell’ambito di un percorso educativo che presuppone scelte consapevoli, scelte
spesso molto difficili e capaci di determinare danni o benefici nei confronti
dei giovanissimi.
A
tal fine è interessante il pensiero del sociologo e psichiatra Paolo Crepet,
nel suo libro “Mordere il cielo”, che tende a sottolineare e a discernere un
aspetto importante: molti insegnanti, sia delle scuole materne che delle scuole
elementari, hanno riscontrato una difficoltà da parte dei loro allievi a
scrivere in corsivo. Si preferisce lo stampatello, alle volte addirittura una
tastiera.
Non
si tratta di un semplice dibattito su ciò che è giusto o su ciò che è
sbagliato, su ciò che si preferisce o su ciò che risulta a noi meno gradevole,
ma piuttosto di un aspetto che è stato oggetto di studi e di ricerche da parte
di diverse Università, come in California o in Norvegia.
Scrivere
in corsivo, infatti, richiede una serie di “competenze” che si apprendono col
tempo e non riguardano solo aspetti meramente formali ma anche e soprattutto
sostanziali, cognitivi.
Scrivere
con una buona calligrafia una serie di parole presuppone che il bambino
consideri diversi fattori: dovrà innanzitutto acuire i sensi e comprendere bene
il concetto di spazio, cioè utilizzare un carattere tale da permettere alle
singole parole di rientrare lungo le righe che compongono il foglio da
scrivere.
“Si
tratta di un’abilità specifica che ne comporta altre: attenzione, controllo,
memoria, precisione, metodo, abilità visivo-spaziali”, così sottolinea Crepet
senza esitazione.
Scrivere
in stampatello, invece, è sicuramente più semplice, non necessita la stessa
premura, attenzione ed è ciò che i bambini prediligono, spesso appoggiati da
non pochi genitori ed insegnanti.
Se
ci soffermassimo solo un attimo ad osservare l’encefalo di un bambino o di una
bambina che sta scrivendo a mano libera rispetto ad un altro/altra che invece
utilizza la tastiera di un computer, ci si accorgerebbe subito di un aspetto
importantissimo: nel primo caso tutte le aree sono pienamente attive, mentre
nel secondo caso appare attenuata l’attività della corteccia cerebrale.
In
realtà la scrittura è espressione della nostra personalità ed ognuno scrive in
maniera differente, con una calligrafia più o meno comprensibile, a seconda
dell’età, dello stato d’animo, del luogo in cui ci si trova: diversi fattori
possono determinare una loro specifica influenza.
Riuscire
ad esprimersi per iscritto, a mano libera, senza l’ausilio di tastiere,
presuppone anche lo sviluppo di un’altra abilità: facciamo riferimento alla
capacità di cancellare, di correggere i propri errori quando si scrive.
“La
scrittura a mano comporta la giusta fatica di esprimersi”, spiega lo
psichiatra.
Si
pensi, ad esempio, alle scuole di un tempo, con i vecchi banchi di legno, nelle
quali si utilizzava ancora il pennino con l’inchiostro ed ognuno doveva essere
abile a scrivere senza sporcarsi, mostrando le sue abilità nella calligrafia,
sperimentando anche il disegno.
IL CORSIVO PER SVILUPPARE IL PENSIERO
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di Vivian Parra.
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Ti sei mai chiesto perché ai bambini non viene più insegnato a
scrivere in corsivo?
E no, non è un caso che tendano a usarlo sempre meno.
Scrivere in corsivo significa tradurre i pensieri in parole; ti
obbliga a non staccare la mano dal foglio. Uno sforzo stimolante, che ti
permette di associare idee, collegarle e metterle in relazione. Non a caso la
parola "corsivo" deriva dal latino currere, che corre, che fluisce,
perché il pensiero è alato, corre, vola.
Certo, il corsivo non ha più posto nel mondo di oggi, un mondo
che fa di tutto per rallentare lo sviluppo del pensiero, per riempirlo.
Penso che il corsivo sia nato in Italia e poi si sia diffuso in
tutto il mondo.
Perché?
Perché era una scrittura compatta, elegante, chiara.
Ma la nostra è una società che non ha più tempo per l'eleganza,
per la bellezza, per la complessità; abbiamo la sintesi ma non la chiarezza, la
velocità ma non l'efficienza, l'informazione ma non la conoscenza!
In generale, sappiamo troppo e troppo poco perché non siamo più
(in generale) capaci di mettere in relazione le cose. La maggior parte delle
persone non riesce più a pensare.
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