La forza positiva dell’homo generativus Riduce le diseguaglianze e si può educare
Il
Rapporto 2024 sul Ben-vivere in Italia invita a investire sulle “persone
generative”, capaci di combinare abilità personali e creatività con
l’intenzione di agire positivamente sulla vita degli altri
- di SERGIO GATTI
Le
disuguaglianze di vario genere, soprattutto quelle di reddito, minano la
democrazia sostanziale. È uno dei punti più rilevanti e gravi emersi anche di
recente sia nel percorso di preparazione sia nelle giornate di lavoro triestine
della 50ma Settima sociale dei cattolici in Italia tenutasi lo scorso luglio.
Diverse e originali le analisi proposte. Molte e molto concrete le indicazioni
emerse, sia come buone pratiche replicabili sia come proposte di coinvolgimento
rivolte a tutti. Non solo ai cattolici. Come si rivolgono a tutti le
indicazioni che emergono dal Rapporto 2024 sul Ben-vivere e la Generatività in
Italia, promosso dal Festival nazionale dell’Economia civile, sostenuto da
Federcasse con il supporto di Fondosviluppo e in partnership con Avvenire.
Il
Rapporto 2024, il sesto della serie, si concentra proprio sull’analisi e
sull’interpretazione delle diverse forme di disuguaglianza e giunge ad alcune
prime conclusioni. La prima: se si vogliono ridurre le diseguaglianze fra
Centro-Nord e Sud e fra Comuni capoluogo e comuni non capoluogo, con
particolare attenzione alla questione delle aree interne dove vivono oltre 13
milioni di italiani), occorre investire sulla generatività. «Sono le persone
generative che fanno la differenza e non la provenienza geografica o l’essere
residenti in una determinata tipologia di comune », precisa il Rapporto che
sarà edito da Ecra e che verrà presentato a Firenze il 5 ottobre prossimo in
occasione della VI edizione del Festival.
Ma
come si può definire l’homo generativus?
Quella
persona che è in grado di combinare la creatività e le capacità personali con
l’abilità e l’intenzione di incidere positivamente sulla vita degli altri. Tale
generatività risulta sempre più un fattore decisivo a livello sia individuale
(soddisfazione e ricchezza di senso di vivere) sia delle comunità (affrontare e
vincere le sfide della transizione).
Cosa
significa allora investire nella generatività? Vuol dire, in sintesi, investire
sulle sue cinque dimensioni caratterizzanti: a) la scelta quotidiana - da parte
dei cittadini, delle aziende, delle amministrazioni - di consumare e di
investire scegliendo consapevolmente il produttore di beni/erogatore di servizi
che rispettino le norme della sostenibilità integrale e promuovano uno sviluppo
inclusivo (il “voto col portafoglio”); b) il dinamismo familiare e
professionale; c) lo spirito imprenditoriale e la creatività cooperativa; d)
l’impegno sociale; e) l’impegno ambientale. Ma non basta. Secondo i curatori
del Rapporto - Becchetti, Bova, De Rosa, Semplici - questo investimento deve
articolarsi seguendo tre strategie fra loro intrecciate e complementari: una,
sistemica o istituzionale (“dall’alto”), un’altra a livello personale (“dal
basso individuale”), la terza di comunità (“dal basso cooperativa”).
Mentre
si avvicina la scadenza del 20 settembre, entro
la quale i governi dei 27 paesi dell’Unione europea dovranno presentare i
propri Piani di bilanci strutturali pluriennali, come richiesto dalla riforma
della governance fiscale della Ue (il nuovo Patto di stabilità e crescita) è
evidente il dilemma che interroga il governo italiano (non solo l’attuale):
cosa sacrificare e cosa privilegiare nelle priorità di investimento strategico
su tanti fronti. Cominciando proprio dalla necessità di ridurre quanto più
possibile le disuguaglianze strutturali in termini di servizi di cittadinanza:
istruzione, salute, casa, servizi all’infanzia e le persone non
autosufficienti, mobilità e connettività, innovazione e ricerca). I Paesi ad
alto indebitamento (e ad alta evasione fiscale) come il nostro, risultano più
vulnerabili e maggiormente esposti agli effetti negativi delle crisi di
qualsiasi genere. Se non hai abbastanza risorse per investire su nuove
frontiere e neanche per fare manutenzione dell’esistente (edilizia scolastica,
sanitaria, carceraria; servizi agli anziani; ricerca e innovazione…), il
patrimonio materiale e immateriale del paese perde valore e funzionalità.
Il
Rapporto 2024 sul Ben-vivere accentua il proprio connotato di strumento non
solo di analisi, ma anche di policy da costruire in modo partecipato e capaci
di attivare «lo sviluppo integrale, integrato e integrante dei territori».
Policy che hanno necessità di ancorarsi ad un più intenso e pienamente
intenzionale impegno educativo di lungo periodo alla democrazia partecipata che
è una delle forme più avanzate e sofisticate della fraternità. E qui ancora una
volta papa Bergoglio indica la strada: «La fraternità ha qualcosa di positivo
da offrire alla libertà e all’uguaglianza. Che cosa accade senza la fraternità
consapevolmente coltivata, senza una volontà politica di fraternità, tradotta
in un’educazione alla fraternità, al dialogo, alla scoperta della reciprocità e
del mutuo arricchimento come valori?» (§103, Fratelli tutti).
La
generatività delle persone può rappresentare l’enzima capace di
controbilanciare l’effetto negativo delle diseguaglianze e di avviare percorsi
per la loro correzione. E di recente, Paolo Venturi direttore di Aiccon, ha
ricordato come la «creazione di valore sociale nasce dall’inclusione e
dall’attivazione della persona, dalla sua valorizzazione. È infatti il
potenziamento della persona nella sua integralità (desiderio incluso) che
permette un cambiamento tanto nei bisogni, quanto nei contesti». La definizione
dell’homo generativus contemporaneo sembra in linea con la visione originale di
Antonio Genovesi “inventore” a fine ‘700 della Scuola napoletana di Economia
civile.
*Direttore
generale Federcasse
www.avvenire.it
Nessun commento:
Posta un commento