-di Giuseppe Savagnone
Una storia italiana
Da alcuni giorni l’attenzione dei giornali e dell’opinione pubblica sembra
catturata da una vicenda che, a prima vista, sembrerebbe rientrare nel gossip
più che nella politica e che tuttavia – anche solo per le dimensioni che ha
assunto – non può essere semplicemente liquidata come insignificante.
Mi riferisco al tormentone che ha visto coinvolto il ministro della
Cultura, Gennaro Sangiuliano, e la sua vera o presunta collaboratrice Maria
Rosaria Boccia (detta da qualcuno “la collaboratrice fantasma”).
Di Sangiuliano conosciamo la carriera di giornalista, all’ombra di “santoni
mediatici” della destra, come Vittorio Feltri, con cui è stato vicedirettore di
«Libero», e Augusto Minzolini, che Sangiuliano ha affiancato come vicedirettore
del TG1. Il 31 ottobre 2018 è stato nominato dal CDA della RAI nuovo direttore
del TG2, ruolo che ha lasciato il 21 ottobre 2022 in seguito alla sua nomina a
ministro.
Più difficile è definire la figura della Boccia, dipinta da alcuni come
un’avventuriera intrigante, da altri come una donna in carriera frustrata dalle
scelte maschiliste del suo datore di lavoro, da altri ancora come una donna
“sedotta e abbandonata” da un maschio potente, che l’aveva illusa tenendola
alla sua corte per alcuni mesi a soli fini di sfruttamento sessuale.
La sola cosa certa è che in questi ultimi giorni è scoppiata una durissima
polemica a distanza tra Boccia, che sosteneva di aver avuto garantito un posto
di collaboratrice del ministro, svolgendone già alcuni ruoli, e Sangiuliano,
che all’inizio ha negato ogni rapporto di collaborazione, poi, davanti
all’evidenza di fotografie e messaggi, in una lunga intervista al TG1 ha
ammesso di avere avuto con la donna dei rapporti extraconiugali, pur ribadendo
tra le lacrime, di non aver mai avuto intenzione di lasciare la moglie.
Resta da chiarire in che misura la Boccia abbia avuto accesso a documenti
se non segreti almeno riservati. Lei afferma di sì, il ministro lo nega
recisamente. Una ricaduta di questa polemica ha toccato perfino il prossimo G7
della cultura, che dovrebbe svolgersi a Pompei nei prossimi giorni sotto la
presidenza italiana e di cui qualcuno – dopo la notizia delle infiltrazioni nei
programmi del convegno –, ha ipotizzato
lo spostamento a Napoli, per motivi di sicurezza.
Ma l’aspetto forse più spinoso della vicenda è legato alla domanda se
questa avventura extraconiugale si sia svolta a spese dei contribuenti – come
dice la Boccia – oppure, come sostiene il ministro, sia stata interamente
pagata con i suoi fondi personali.
Secondo la donna, alberghi, ristoranti, biglietti d’aereo, sarebbero sempre
stati pagati, per lui come per il suo partner, dal ministero. Invece
Sangiuliano ha giurato alla premier e ha ripetuto pubblicamente di non aver mai
impiegato un centesimo dei soldi dello Stato.
Qualche giornale ha fatto notare che una possibile via di mezzo sarebbe
ipotizzabile, dato il ruolo che hanno spesso – nell’organizzare convegni e
manifestazioni varie, a cui il ministro era invitato – comitati e istituzioni
locali, non direttamente qualificabili come “Stato”, ma finanziati da
quest’ultimo per svolgere la loro funzione. Ma anche in questo caso le spese
della Boccia, che l’accompagnava costantemente, sarebbero state comunque a
carico dei cittadini italiani.
Dal testo al contesto
Un testo acquista pieno significato se collocato nel suo contesto. E in
questo caso il contesto è la ancor breve storia di questo governo.
«Con noi è finita la Repubblica delle banane», ha ripetuto, la scorsa
primavera, Giorgia Meloni, riprendendo un leitmotiv che aveva già
caratterizzato la campagna elettorale della coalizione da lei guidata e che poi
ha vinto le elezioni.
Perché, a motivare la scelta di far cadere il precedente esecutivo, guidato
da Mario Draghi, non erano state tanto motivazioni di ordine economico, quanto
l’idea che l’Italia avesse perduto il prestigio che le competeva e la
convinzione che il nuovo governo di destra avrebbe saputo restituirglielo.
Oggi, per quanto riguarda l’economia, tra il governo e i suoi oppositori è
in corso una battaglia delle cifre, in cui il primo rivendica, come ha detto
qualche giorno fa la Meloni, «il più alto tasso di occupazione da quando
Garibaldi ha unificato l’Italia», gli altri denunziano il rallentamento della
crescita e i tagli a settori fondamentali, come la sanità. Ma, ribadisco,
chiunque abbia ragione (probabilmente entrambi) non è su questo terreno che è
stata invocata la sostituzione del governo Draghi.
In effetti nessuno pensava che la nuova presidente del Consiglio, diplomata
in un liceo linguistico di Roma, avesse più titoli del suo predecessore – già
governatore della BCE ed economista universalmente stimato a livello
internazionale – per gestire il grosso prestito che lo stesso Draghi aveva
ottenuto dall’Unione Europea e su cui si fondava il nuovo PRNN.
La sua sostituzione veniva invocata in nome di un rilancio dell’immagine
politica del nostro paese, che la linea sovranista di FdI, erede della
tradizione statalista e nazionalista del fascismo, sembrava promettere.
Almeno in questo gli italiani hanno creduto, dando la maggioranza relativa,
nelle elezioni del 2022, a questo partito e alla sua leader. E su questa linea
si sono moltiplicati gli entusiastici apprezzamenti dell’azione governativa.
«Giorgia Meloni ha riportato in alto il prestigio dell’Italia «, ha dichiarato
proprio Gennaro Sangiuliano, nel settembre del 2023. «Con il premier Meloni
l’Italia riacquisisce quell’autorevolezza e quel prestigio che da troppi anni
non aveva più», aveva detto nel luglio precedente Mauro Rotelli, deputato di
Fratelli d’Italia e presidente della commissione Ambiente a Montecitorio.
La prima ad essere convinta di questa missione è la stessa premier. «Noi
stiamo facendo la storia, e dobbiamo esserne tutti consapevoli. E questo non
prevede né pause né soste, ma tanto meno può consentire errori e passi falsi»,
ha detto pochi giorni fa parlando all’esecutivo di FdI.
Sangiuliano ha «riportato in alto» il prestigio dell’Italia?
A dire il vero, al tempo in cui si è cominciato il ritornello sullo scarso
prestigio dell’Italia, Draghi era molto considerato da tutti i leader europei
(e non solo), La stessa Meloni lo ha riconosciuto, anche con un moto di stizza
in cui non ha mancato di lanciare una frecciata critica: «Ricordo la foto di
Draghi sul treno con Macron e Scholz. Per alcuni la politica estera è farsi
fare qualche fotografia, anche quando a casa non si portava niente».
Negando poi, il giorno dopo, di aver voluto criticare il predecessore, ma
sottolineando anche che «grazie al lavoro che stiamo facendo l’Italia ha
guadagnato forza». Forse avrebbe potuto aggiungere che è stato grazie a Draghi
che l’Italia ha avuto la fiducia dell’Europa e la possibilità di lanciare il
PNRR: non erano solo fotografie…
Altrettanto insostenibile è l’affermazione, simmetrica alla precedente, che
il prestigio dell’Italia a livello internazionale col nuovo governo è
aumentato. Basta vedere il trattamento che ha avuto la nostra premier
all’indomani delle elezioni europee, quando, malgrado le sue furibonde
proteste, è stata rigorosamente esclusa dalle trattative fra Germania e
Francia, e l’isolamento in cui – per giudizio universale degli osservatori – si
è venuta a trovare nel gioco di alleanze che ha portato all’elezione della
nuova Commissione europea, per capire che anche i ruoli istituzionali che la UE
presumibilmente attribuirà ai rappresentanti italiani saranno un riconoscimento
del peso che l’Italia, come paese fondatore dell’UE, non può non avere,
malgrado gli errori dei suoi rappresentanti politici del momento.
Ma non è a questi aspetti di alta diplomazia che il caso Boccia ci
richiama. Più banalmente, quello a cui ci troviamo davanti è il caso di un
ministro della Cultura che ha gestito così male una sua “avventuretta”
extraconiugale da ridursi a piangere in televisione davanti a milioni di
spettatori e da meritarsi gli spietati sarcasmi dei commentari e degli uomini e
donne della strada.
Un acuto commentare dei fatti, il vignettista Giannelli, lo ha ritratto
sulla prima pagina del «Corriere della Sera» come un grottesco birillo che, su
una pista di bowling, si vede arrivare addosso, atterrito, una boccia destinata
a travolgerlo. Mancanza di rispetto vero l’autorità governativa? Ma siamo in un
tempo in cui l’autorità istituzionale deve farsi valere attraverso
l’autorevolezza personale.
Peraltro, le gaffe e le uscite a vuoto di Sangiuliano erano state già più
volte oggetto di ironia. Come quando aveva affermato che Dante è «il fondatore
del pensiero di destra in Italia», cadendo in un drammatico anacronismo (le
categorie stesse di “destra e “sinistra” non hanno senso nella politica
medievale); o che «Colombo voleva raggiungere le Indie circumnavigando la Terra
sulla base delle teorie di Galileo Galilei», sottovalutando il fatto che la
scoperta dell’America è avvenuta nel 1492, settanta anni prima della nascita di
Galilei.
Nemmeno la geografia, peraltro, sembra essere il forte del ministro: « Se
pensiamo a Parigi, pensiamo agli Champs-Élysées e all’Arco del Trionfo, se
pensiamo a Londra pensiamo a Times Square». Purtroppo, come molti sanno, Times
Square si trova a New York.
Per non parlare della sua partecipazione alla giuria del Premio Strega
2023, quando, in occasione della premine, dal palco ha detto: «Ho votato i
libri, ora proverò a leggerli».
Siamo sicuri che nella Repubblica delle banane il “ministro della Cultura “–
sottolineo lo specifico ruolo istituzionale – sarebbe peggio di così?
*Scrittore ed editorialista – Pastorale della Cultura – Diocesi di
Palermo
www.tuttavia.eu
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