Ha
privilegiato l’arte del pensare e del prendersi cura di tutti e di ogni cosa, nella quotidianità e nei
grandi eventi. Perciò, lascia una profonda traccia nel cammino associativo e un
luminoso esempio per tutti.
Anna
Maria Bianchi, che ha condiviso il suo cammino, nella gestione dell'Associazione, ne fa memoria con una affettuosa e calorosa lettera che le rivolge.
Mariangela,
mi
è difficile parlare di te e non con te. Mi addolora prendere coscienza che
viene spezzato un dialogo costruito in oltre un ventennio dentro e oltre il
Clivo.
Giornate
intense di lavoro che spesso si prolungavano nel dopocena, eppure c’è sempre
stato il tempo per una sosta orante nella penombra silenziosa della Cappella o
per “due chiacchiere” al quarto piano prima della buonanotte. Tante parole,
scambiate nell’amicizia e nell’affetto sincero.
Del
resto, la tua caratteristica è proprio l’amore per la parola, la ricerca
faticosa e appassionata di quella giusta, del particolare che può diventare
valore aggiunto e cambiare il senso di una situazione, di una realtà, aprendo a
un nuovo e più ampio orizzonte. “Piani di studio personalizza(n)ti” e
“Professioni (con)divise”, titoli di due Convegni nazionali, ne sono solo due
esempi. Un semplice gioco di parole ad effetto? No! Piuttosto uno scavare
dentro le parole per rispondere alla domanda di senso che di volta in volta
sentivi salire dalla scuola, dalla società, dalla Chiesa. Personalizzato è più
pregnante di individualizzato, ma – dicevi - è comunque un participio passato,
che dà l’idea di qualcosa di concluso, di un tracciato su misura, ma da fruire
più che da costruire e incrementare chiamando in causa il soggetto in
formazione. Non andava bene perché la persona ha in sé il carattere
dell’inesauribilità, del mai fatto e rifinito, del divenire e progredire.
Ci sento risuonare il “già e non ancora” che definisce la speranza e lo stesso popolo di Dio in cammino.
Gli anni della tua presidenza hanno visto tanti cambiamenti nella scuola, a partire dall’autonomia. Quanta fatica per far capire anche ai professionisti di scuola che l’autonomia non è concessa, attribuita dall’alto, da chi ha potere, ma va semplicemente riconosciuta, perché è qualcosa di costitutivo, che caratterizza la scuola da sempre: se non è autonoma, non è scuola. Anche qui questione di parole, ma di quale peso!
Amore
per la Parola e per le parole. Del resto “Il maestro”, la nostra rivista associativa,
può ben definirsi tua creatura, coltivata e perfezionata negli anni spesi come
responsabile della stampa e del giornale. Questo, però, non ha mai significato
chiusura al nuovo. Proprio nella stagione dell’autonomia ricordo un “paginone “centrale
del giornale, il primo tentativo di una sorta di ipertesto cartaceo in forma
grafica, costruendo una fitta, forse anche troppo intricata, rete di rimandi e
interazioni fra linea temporale, parole chiave, documenti ed eventi. A breve
sarebbe venuto il primo vero ipertesto, perché sei sempre stata dentro i
processi con volontà costruttiva.
Processi,
altra parola che hai tradotto in azione. Basti un solo esempio: la svolta nella
costruzione e nella presentazione anche grafica del planning annuale 2007-2008,
non una serie cronologica di eventi, ma la valorizzazione dell’intera rete
associativa, un processo aperto e mai concluso, declinando le linee direttici dell’anno
nel reticolo di primato dell’educativo e benessere associativo. Riflettendoci
alla luce dell’oggi, attivare processi è il compito che papa Francesco ci
affida nella Evangelii Gaudium.
Questo
insieme, come hai avuto modo più volte di esplicitare, si compone di tre
elementi: prossimità, cioè, stare al fianco, prendersi cura; progettualità,
intesa come capacità/volontà di protendersi verso il futuro, rimanendo però ben
ancorati al contesto; partecipazione, cioè volontà di concorrere a una
costruzione comune, passando dal prendere parte al sentirsi parte.
Ci
siamo chiesti tante volte che cosa serve per attivare questo processo di partecipazione
responsabile da attuare con la “sapienza del cuore” e nella convinzione che
l’Aimc esiste per rispondere ad un dovere inderogabile legato al carisma
battesimale, in obbedienza alla vocazione laicale. Scusami, Mariangela, se non trovando parole
migliori per dirlo rubo quelle di un tuo editoriale:
“C’è
bisogno di senso di realtà ma anche di capacità di sogno; di pragmatismo ma
anche di speranza; di azione ma anche di riflessione, per non perdere il gusto
di vivere da persone, da professionisti, da cristiani laici. Insieme si può.”
Era
il 2005 e l’Aimc si preparava al suo XVIII Congresso. Sembrano scritte ora, per
dare una prospettiva e una speranza in un clima di sempre maggior individualismo
e sempre minore solidarietà, in tutti i campi.
Le
considero la tua attuale consegna all’Aimc, una bussola perché l’Associazione non
si smarrisca.
Mia cara amica, so che sei “nella stanza accanto”; non ti posso vedere, per ora, ma posso sentire la tua presenza e custodirla nel cuore, continuando il dialogo iniziato tanti anni fa.
Anna Maria
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