Lo psichiatra e scrittore pubblica «Lettera sull'amore» e avverte: «I più giovani vivono l'eros come una performance, è un rischio.
Fare l'amore con la stessa persona per tutta la vita? Certo che si può, ecco come».
intervista
a Vittorino Andreoli a cura di Roberta Scorranese
«Perché
abbiamo sempre più fretta, non riusciamo a immaginare i sentimenti come una
costruzione e, soprattutto, qualcosa da vivere, qualcosa di cui fare
esperienza. Tutto è automatico, basti pensare a come viviamo il lavoro: nella
maggior parte dei casi ci rapportiamo con macchine e non con esseri umani.
Credo che anche in amore stiamo facendo lo stesso passaggio, cioè pensiamo che
sia qualcosa di programmabile».
«E
invece l'amore è una danza, una danza a due, imprevedibile. Dove c'è spazio
anche per il conflitto. Non mi fido delle coppie che non litigano mai, quelle
dove tutto è perfetto. La qualità dell'amore è così vasta e spaziosa che
accoglie anche la contrapposizione e la risolve con la vita stessa. Quando vedo
una coppia dove tutto va troppo bene, penso sempre che sia da curare».
«Proprio
così!».
«Abbiamo
purtroppo bisogno di modelli e non riusciamo a comprendere del tutto la magia
di questa esperienza. Che per sua natura rifiuta le categorie e ci chiede solo
apertura verso l'altro o l'altra, il passaggio dall'io al noi. Ma quello che
vedo intorno a noi è una sempre più marcata riduzione dell'amore a sessualità
fisica e questo è dannoso. Ridotta la sessualità al significato fisico, ha
messo in evidenza difficoltà o quantomeno un’ansia da prestazione, che finisce
per rendere il gioco tra i corpi una prova difficile e spesso un fallimento,
che non si riduce solo al mancato soddisfacimento del piacere, ma influisce
pesantemente sul desiderio. Il segnale più evidente di questa condizione è nel
grande uso di stimolanti e facilitanti l’azione erettile negli adolescenti
maschi, mentre nelle femmine sono aumentate le richieste di terapie
antifrigidità».
«Tantissimo.
Perché vivono il sesso non come un magnifico scambio di piacere e di vita, ma
come una delle tante performance che il mondo oggi ci impone. Non solo. Una
corsa troppo veloce della scoperta delle liturgie erotiche ha anche impedito di
conoscere e sperimentare la ricchezza di pratiche preparatorie, stupende perché
sono all’insegna della dolcezza, della gradualità e dell’apprendimento del
piacere proprio e dell’altro».
«Ogni
volta che mi trovo di fronte a una coppia che dichiara l'amore è finito penso o
che non sia mai iniziato oppure che ci si trovi di fronte a uno dei tanti
ostacoli che si possono incontrare nel suo percorso. Perché facciamo l'errore
di non pensare che l'amore abbia anche una intensità e una qualità diversa
dall'attrazione. L'amore vuol dire, per esempio, riconoscere la propria
fragilità e quella dell'altro o dell'altra e prendersene cura. L’aspetto più
frequente, cercando oggi le motivazioni di una fine dell’amore, sono proprio le
nuove storie: si pretende allora che sia impossibile continuare con quella
persona quando si è presi dalla nuova. Come entrasse in gioco il destino e non
fosse una questione di responsabilità. E i segni dominanti riconducono
all’Eros, non a condizioni che riportano al bisogno dell’altro o
dell'altra».
«Sarò
franco: non penso che questa consapevolezza, sebbene molto spiacevole, abbia la
forza di distruggere una storia d’amore. Credo non si debba accettare il
tradimento, ma che possa rientrare tra quelle crisi che un legame d’amore sa
affrontare, elaborare e risolvere insieme, una di quelle conflittualità alle
quali accennavamo all'inizio di questa intervista. Credo, invece, che a far
finire un amore possa essere un cambiamento di personalità di uno dei
due».
«Il
cambiamento di personalità fa sì che uno dei due componenti della coppia cambi
al punto di diventare irriconoscibile all'altro, quasi un estraneo, e che, in
un certo senso, muoia, lasciando il vuoto. Penso a un arresto, a un'ascesa di
notorietà tale da trasformare irrimediabilmente qualcuno, oppure a una malattia
improvvisa. L'amore finisce quando finisce uno dei due protagonisti della
storia, mai in altri casi, secondo il mio parere».
«È
la violenza del ricatto, dell'impossibilità di vivere pienamente l'amore perché
questo non annulla le singole individualità ma, al contrario, le arricchisce e
le fa crescere in un percorso a due. E, purtroppo, spesso finisce in modo
diverso perché la cronaca mostra come la violenza porti a uccidere l’altra,
mentre colui che esprimeva una mancanza intollerabile, continua a
vivere».
«Certo».
«L’amore
è un legame esclusivo e, a caratterizzarlo non è un principio né filosofico né
religioso, ma è la biologia stessa, la costituzione dell’umano che vuole
proiettare sulla persona la propria fragilità, in una combinazione che non è
separabile. Nella relazione d’amore diventa difficile riconoscersi senza
l’altro e da quel momento, la propria storia è anche quella dell’altro. Ritorna
il grande pronome che caratterizza l’amore, il «noi».
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