Intervista a Enzo Bianchi
-di Domenico Agasso
«Monsignor Carlo Maria Viganò si è posto lui stesso
fuori dalla Chiesa cattolica, delegittimando papa Francesco. Ma non ha le forze né il seguito per creare
una chiesa alternativa, all’estrema destra, anche se ci sta provando con
l’eremo in cui spera di costituire un seminario parallelo a quello di Lefebvre».
Fratel Enzo Bianchi, fondatore della Comunità monastica di Bose e della fraternità
cristiana Casa della Madia, dove vive oggi, non si è stupito della convocazione
del Dicastero per la Dottrina della Fede nei confronti dell’ex nunzio negli
Usa, accusato di «delitto di scisma». Adesso Viganò rischia la scomunica.
«Sono convinto che il caso Viganò non può che concludersi con una scomunica
formale. Anche perché di fatto Viganò si è già posto lui stesso fuori dalla
Chiesa cattolica dal 2018: innanzitutto con un proclama in cui non
riconosce Bergoglio come Papa legittimo, e questo è gravissimo;
e la seconda mossa, più grande ed eclatante, è stata farsi ri-consacrare
vescovo da monsignor Williamson, come se la consacrazione episcopale della
Chiesa cattolica non fosse stata valida. È un atto di una portata enorme,
perché sconfessa un sacramento della Chiesa cattolica per riceverlo nuovamente
da uno scismatico, il lefebvriano protagonista della mancata ricomposizione
dello scisma proposta da Benedetto XVI: emerse infatti che Williamson era un
antisemita negazionista della Shoah, sosteneva apertamente che le camera a gas
non fossero mai esistite».
«Viganò ha dato inizio nella campagna romana al progetto dell'Eremo di
Sant’Antonio alla Palanzana, vicino a Viterbo, con un titolo significativo,
“Collegium traditionis”, che ricorda la cristianità cittadella contro il mondo.
Lì punta ad aggregare “chierici e religiosi fatti oggetto delle epurazioni
bergogliane”, costituendo un seminario parallelo a quello di Lefebvre. Proprio
perché non inizi una storia come quella di Lefebvre e della Fraternità
sacerdotale San Pio X, il Vaticano dà un avvertimento, lo richiama, e mi sembra
questo già un atto di attenzione, di misericordia. Lo mette a confronto con il
Dicastero della Fede per verificare se lui è ancora cattolico o si è posto
fuori dalla comunione cattolica».
«In gran parte no. È considerato troppo estremista».
«Viganò non ha le forze né il seguito per realizzarlo. E poi, oggi non è
più il momento di uno scisma».
«Era possibile dopo il Vaticano II, con la dirompente novità della riforma
conciliare. Ma oggi è cambiato il clima, si è trasformato il modo di pensare, e
non c'è più quella voglia concreta di rottura su questioni dogmatiche di fede.
Le lacerazioni, al di là della propaganda, sono più improbabili. Certo, ci sono
sempre delle frange estreme che, anche psicologicamente, sentono il bisogno di
creare spazi fuori dalla Chiesa. Ma si tratta di piccoli presìdi poco
significativi. La Chiesa non corre alcun pericolo di uno scisma come tra
cattolici e protestanti, la Riforma, e neanche di scismi che si sono verificati
dopo il Concilio Vaticano I, quello dei “Vecchi cattolici”, o dopo il Vaticano
II, con Lefebvre».
«Ci sono punti in comune, come la contestazione al Concilio e alla riforma
liturgica. Però poi Viganò passa a un attacco personale al Papa, mentre i Lefebvriani hanno un certo rispetto per il
Pontefice. E non dicono che è illegittimo».
La Stampa -Alzogliocchiversoilcielo
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