A PROPOSITO
DI QUALCHE BATTUTA
DEL PAPA
- di Simona
Segoloni
In
queste ultime settimane i giornali, ma soprattutto i social media e le chat di
ogni tipo, sono stati intasati da commenti sulle parole del papa (mi riferisco
a quelle sulle persone omosessuali nei seminari o sulla non percorribilità del
diaconato femminile cui si è fatto riferimento in un’intervista o sul fatto che
le donne sarebbero portate per le chiacchiere e non per discorsi di contenuto).
Non vorrei però discutere qui i singoli interventi, anche perché il merito di
queste parole è stato già commentato non solo compostamente ma anche con
intelligenza: possiamo rimandare per esempio agli interventi di Marinella
Perroni su Domani e su Rocca (dove dovrebbe uscire a breve anche un articolo di
Selene Zorzi), e quelli di Luca Castiglioni e di Anita Prati su Settimana News).
Vorrei invece discutere sul perché ci sia stato tanto interesse e da che cosa
esso venga fomentato.
Certamente,
mi si dirà, l’interesse dipende dal fatto che è il papa a parlare. Ma il papa
ogni settimana tiene un’udienza e pronuncia svariati discorsi. Inoltre
moltissimi sono stati i motu proprio di Bergoglio e molti i (bellissimi)
documenti firmati dall’attuale vescovo di Roma: sinceramente in questi casi non
mi risulta tutto questo interesse da parte di media e social. Quindi tale
interesse non dipende dalla fonte autorevole, ma dalle parole, dagli argomenti
o dallo stile – come definirlo? – irrituale di certe affermazioni.
Comportamenti
irresponsabili
Certo,
verrebbe da aggiungere, irrituale è anche andare a spifferare ai giornali una
parola che il papa ha detto a porte chiuse, ma, a quanto pare, questo non è un
problema di dirittura morale per nessuno. Chiunque l’abbia fatto non ha pensato
a coloro che avrebbero sofferto di quelle parole, non si è chiesto quale
effetto esse avrebbero avuto sulle vite delle persone: interessava diffamare il
papa, screditarlo, e hanno colto al volo l’errore per approfittarsene. Non
hanno forse usato parole triviali, ma hanno avuto comportamenti disgustosi,
studiatamente meschini, di cui dovranno rendere conto, se non agli esseri
umani, a Dio (che devono sperare abbia un metro di giudizio diverso dal loro).
Strategie
di conservazione
Comunque
sembra che il papa diventi interessante quando dice qualcosa di pruriginoso
sull’omosessualità o sulle donne; nel primo caso interessa per screditare le
aperture seppure tiepidissime che sono state messe in atto in questo campo, nel
secondo caso per rassicurare chi ne ha bisogno che mai nulla cambierà nella
Chiesa cattolica: le battezzate, qualunque carisma, amore o formazione abbiano,
non sono utili alla Chiesa se non nei ruoli privatistici e marginali che i
maschi (qualunque carisma, amore o formazione abbiano o non abbiano) decidono
per loro.
Le
parole non hanno tutte lo stesso peso
Il
punto di domanda vero, sotto il profilo ecclesiale ed ecclesiologico, è:
davvero tutto questo clamore per mezze parole è sensato? Abbiamo in corso un
processo sinodale che ha trattato entrambi gli argomenti (omosessualità e
ministeri/ruolo delle donne nella Chiesa) e che dovrà affrontarli di nuovo, il
papa stesso ha voluto il Sinodo: possono ora una parola fuori luogo (senza
sminuire la sofferenza causata alle persone) o una dichiarazione rilasciata
durante un’intervista essere più importanti di un intero processo sinodale che
ha coinvolto un numero impressionante di persone, che ha messo in gioco vite e
riflessioni e cui il papa stesso ha partecipato?
E
ancora: è a una parola scomposta del Papa che si può ridurre tutta l’urgenza
che abbiamo di ripensare i seminari e i diversi problemi legati all’affettività
e alla formazione in genere dei futuri preti? Non sarà quello che le Chiese
sperimentano, le sofferenze dei ministri ordinati, la fallimentarità di certi
percorsi nonostante la buona volontà di tutti a premere sulla coscienza
ecclesiale più di una mezza parola uscita male al vescovo di Roma?
C’è
una Chiesa che vive e respira
La
vita della Chiesa non è concentrata tra le mura vaticane, ma fiorisce e si
affatica ovunque due o tre che credono nel Vangelo si radunano, si legano, si
intrecciano per vivere la propria fede e testimoniarla. Finiscono sui social e
sui giornali i dettagli e rimane nascosta la vitalità di donne e uomini che
portano avanti la buona notizia del Vangelo. C’è da domandarsi chi abbia
interesse a un tale spostamento e a un tale fraintendimento che oltretutto
ostacola anche il ministero del vescovo di Roma, che non è la Chiesa in
persona, ma il vescovo chiamato a servire l’unità e la vitalità delle Chiese
sparse nel mondo, proprio in quanto presiede la Chiesa più autorevole di tutte
in ordine alla testimonianza apostolica.
La
domanda resta lì e non vale la pena nemmeno perderci tempo. Non vale la pena
cercare chi ha interesse a fomentare lo scandalo e screditare ogni possibile
processo di cambiamento che comunque, anche a fatica e a volte
contraddittoriamente, è stato avviato o ipotizzato. Abbiamo da fare altro (le
donne lo sanno molto bene): dobbiamo prenderci cura delle vite, dobbiamo ridire
il Vangelo in modo che possa essere compreso e liberi dalle fatiche che
schiacciano, dobbiamo pensare la riforma della Chiesa perché questa sia davvero
il segno e lo strumento della comunione con Dio, dobbiamo spendere la vita per
affrettare la venuta del Regno. Tempo ed energie da perdere non ne abbiamo.
IL REGNO delle donne
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