Salmo
91
Dalla
seconda lettera di San Paolo ai Corinzi, 2Cor 5, 6-10
Dal
Vangelo secondo Marco Mc 4, 26-34
Commento
di Ernesto Balducci
Siamo in un tempo che si è soliti definire, da qualche decennio, tempo di secolarizzazione, cioè un tempo in cui l’emergenza religiosa nella società si sta logorando fino a scomparire. I simboli sacri perdono d’importanza, il linguaggio si laicizza, la stessa consistenza politica delle istituzioni religiose si sta eclissando. Qualcuno ha voluto parlare di un’epoca post-cristiana, intendendo il cristianesimo come espressione religiosa complessiva della società tradizionale. Questa società tradizionale.
Ricordiamo quel che disse un nostro grande filosofo non nonostante le sue diversificazioni interne, però accettava di riconoscersi come cristiana, credente: « noi non possiamo non dirci cristiani », nel senso che in Europa le norme morali e le concezioni della vita, che la filosofia poi assume nelle sue sistemazioni razionali, sono legate al grande evento cristiano.
Noi — dico noi come credenti — possiamo
reagire a questo processo di eclissi del cristianesimo in due modi: o
deplorandolo, resistendogli, considerandolo in sé, intrinsecamente, come
distruttivo della fede cristiana, oppure considerandolo come una nuova epoca,
nella quale la fede deve vivere senza appoggiarsi ai simboli religiosi che
sembravano essenziali sua sopravvivenza e alla sua espressione, senza e nella
società attraverso strutture giuridiche e sociali da considerarsi come sue. Mi
pare che la scelta storica a cui dobbiamo orientarci sia questa seconda: far
viver la fede all’interno di una società secolarizzata, anche se l’ipotesi
della secolarizzazione progressiva è tutt’altro che sicura. L’importante è non
legare il futuro della fede alle perplessità delle ipotesi storiche. La fede è
autosufficiente, si pone come un progetto e una previsione sul futuro ultimo a
cui siamo incamminati. I nodi storici che intercorrono tra il nostro presente e
il giorno ultimo sono contingenti, relativi, storico complessivo in cui gli
uomini vivono.
Possiamo riferirci ad un noto pensiero di Pascal, che ci permette di chiarire le cose. Secondo Pascal ci sono tre ordini di grandezze tra loro non commensurabili: le grandezze fisiche, le grandezze spirituali e, egli dice, le grandezze della carità. Le grandezze fisiche sono quelle che si esprimono attraverso la potenza, la forza, la coazione. Non sono soltanto le grandezze corporee.
La grandezza di un paese è fondata sulla sua forza d’urto, sul suo esercito, sulla sua produttività, sulla sua economia. Le grandezze spirituali sono quelle dell’ordine razionale: quando noi parliamo di un grande scrittore, di un grande filosofo, noi alludiamo a quella misura emergente di alcuni personaggi che hanno lasciato e lasciano nella storia un patrimonio di valori razionali. Le due grandezze sopra descritte sono incommensurabili.
Può darsi benissimo che un paese grande, ad esempio, secondo l’ordine fisico, sia piccolo secondo l’ordine spirituale; viceversa, ci può essere un paese o una città o un gruppo sociale che dal punto di vista della grandezza fisica sono insignificanti e sono invece significantissimi dal punto di vista della grandezza spirituale.
Da
“Il mandorlo e il fuoco” vol.2 anno B
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