il settimo giorno
e lo consacrò"
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di Marinella Perroni*
Siamo
sempre stati convinti, forse, che le parole con cui si conclude il primo
racconto della creazione contenuto nel libro della Genesi parlino del riposo di
Dio: «Dio, nel settimo giorno, portò a compimento il lavoro che aveva fatto e
cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro che aveva fatto. Dio benedisse il
settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che
egli aveva fatto creando» (2,2-3). La logica c’è: dopo la fatica, viene il
giusto riposo. Un diritto anche per Dio stesso.
Il
testo di Genesi, comunque, non vuole tanto legittimare, prendendo esempio
addirittura dal riposo di Dio, una scansione del tempo in sette giorni di cui
sei siano di lavoro e uno di riposo. Il racconto non dice soltanto infatti che
Dio il settimo giorno si riposò da ogni lavoro che aveva fatto creando, ma
afferma con forza che quel giorno, il settimo, Dio lo benedisse e lo consacrò.
Sta qui, in questi due verbi, tutto il significato del testo. Si tratta di un
vocabolario a forte coloritura liturgica: Dio vuole che un giorno sia
qualitativamente diverso dagli altri sei e lo “consacra”, cioè, lo riserva per
sé, ne fa una realtà che gli appartiene. Tutto il resto della creazione, dagli
astri agli animali agli umani, ogni cosa vive secondo — potremmo dire — le
regole specifiche della propria “specie”: le acque devono essere separate, il
sopra e il sotto non possono essere confusi, tra animali e umani la possibilità
di comunicazione non è né assoluta né totale, solo i due principi fisiologici
del maschile e del femminile consentono la procreazione e, con essa, la
sopravvivenza della specie. La capacità creativa di Dio sta nel rivelare quale
sia la garanzia che il caos non riprenda il sopravvento: l’umano individuale e
collettivo è a somiglianza di un Dio che è capace di dare dei limiti perfino
alla sua stessa potenza creativa e il pieno senso teologico del sabato sta
allora nel rivelare che la pienezza della potenza sta proprio nella sospensione
della propria capacità di potenza.
Dopo
il tempo dell’Esodo Israele tradurrà il senso profondo della santificazione del
sabato nell’osservanza di un comando: «Ricordati del giorno del sabato per
santificarlo. Sei giorni lavorerai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo
giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: non farai alcun lavoro, né tu
né tuo figlio né tua figlia, né il tuo schiavo né la tua schiava, né il tuo
bestiame, né il forestiero che dimora presso di te. Perché in sei giorni il
Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è
riposato il settimo giorno. Perciò il Signore ha benedetto il giorno del sabato
e lo ha consacrato» (Esodo 20,8-11).
Ci
deve far riflettere: il riposo dal lavoro è un diritto, la santificazione di un
giorno per Dio è un comando. Forse la crisi profonda della precettistica
domenicale, che pretendeva di consacrare il giorno del Signore con una messa
forzata, si rivelerà una benedizione. Non sarà facile uscirne, certo, perché
richiede di ritrovare il senso profondo di un rapporto con tutta la realtà del
mondo che passa attraverso la forza creativa di Dio. Una forza che ci insegna,
potremmo dire parafrasando il libro biblico del Qoelet, che: «C’è un tempo per
fare e un tempo per astenersi dal fare» (3,1-11), forse cominceremmo.
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