lunedì 10 giugno 2024

MATTEOTTI, UN ITALIANO DIVERSO


NEL CENTENARIO DEL SUO ASSASSINIO



- di PASQUALE HAMEL

 

Si è oggi al centesimo anniversario dell’assassinio di Giacomo Matteotti, un italiano diverso come titola la corposa biografia dello storico Giampaolo Romanato.

Matteotti è stato un politico di tenace pensiero, la cui memoria non appartiene, come invece si vuol far credere, all’intera sinistra ma solo a quella parte di essa che ha assunto a modello la democrazia ed il riformismo. Un uomo che per queste sue scelte ricevette il disprezzo non solo del fascismo, che lo indicò come il proprio nemico, ma della stessa sinistra massimalista e comunista.

Non si dimentichi la sprezzante definizione di “Pellegrino del nulla” affibbiatogli da Gramsci; non si dimentichi il profilo negativo che ne disegnò Togliatti in sede di Comintern; non si dimentichi come, ancora nel 1955, Pietro Nenni scrivendone avesse ripreso le poco generose critiche formulate da Gramsci. In Matteotti, infatti, non si riconobbero mai i comunisti, imbarazzati e spiazzati dal fatto che la vittima più intemerata del fascismo non fosse un comunista, ma addirittura un socialdemocratico, cioè un “riformista”, un “moderato”, che non aveva mai risparmiato sprezzanti giudizi sulla rivoluzione d’ottobre (“un nuovo zarismo”) e che arrivò a scrivere, nel 1924, che il “comunismo era complice involontario del fascismo”.

In Matteotti si riconobbero solo, e a buon diritto, i socialdemocratici di Giuseppe Saragat, cioè un partito che la sinistra considerava venduto al campo avverso. Insomma, per quasi quarant’anni Matteotti fu la bandierina di pochi più che la bandiera di tutti. Ricordare tutto questo oggi non è irriverenza ma rispetto della verità, una verità confermata dai suoi scritti, dalle sue lettere.

D’altronde non è un caso se la raccolta dell’opera omnia di Matteotti vagò per anni, inutilmente, da un editore all’altro, dopo esser stata rifiutata da Einaudi, i cui legami con il Pci erano ben noti, e fu accolta infine dal marchio, benemerito ma del tutto marginale, di una piccola casa editrice di Pisa, Nistri.

La fine della prima repubblica e dei partiti che l’avevano occupata fece il resto, diradando la nebbia dei pregiudizi che per troppo tempo lo aveva confinato in un angolo.E oggi finalmente Matteotti trionfa. Ma con il rischio di essere nuovamente frainteso. Perché uomo di tutti, Matteotti, non era e non può diventare. Austero, rigoroso, intransigente sarebbe il primo a ribellarsi se sapesse di essere trasformato in un generico ombrello sotto il quale tutti cercano di trovare riparo. E anche per un’altra ragione.

L’attuale stagione politica vede in lui soltanto l’antifascista, ciò che fu sempre e senza sconti (ci mancherebbe!). Ma Matteotti merita di essere ricordato anche per altre e non meno importanti ragioni. Fu antimilitarista, antibellicista, antinterventista quando scoppiò la grande guerra. Tutti i suoi interventi di allora ci dicono che anticipò di mezzo secolo l’articolo 11 della nostra Costituzione (“L’Italia ripudia la guerra…”).

Fu nettamente contrario alla pace cartaginese imposta nel 1919 alla Germania, scrivendo che si stavano ponendo le premesse di una nuova guerra. Fu un radicale oppositore di ogni forma di nazionalismo, che produce militarismo e conflitti, e sognò quelli che fin da allora chiama gli “stati uniti d’Europa”. Insomma, fu un intrepido antifascista, certo, ma fu anche tante altre cose, che pochi ricordano ma che gli meritano ugualmente un posto nel pantheon novecentesco.”

  

*Pasquale Hamel: Già vice segretario generale dell’ARS, direttore del museo del risorgimento di Palermo e direttore scientifico della ” Federico Secondo . Ha insegnato e storia contemporanea nell’università di Palermo. . Opinionista del giornale di Sicilia, ha scritto su Avvenire e La Repubblica. E’ autore di numerosi libri di carattere storico e sociale.



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