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Una riflessione sull’utilizzo di PowerPoint approfondisce le
implicazioni di questa didattica, oggi diffusamente praticata a scuola,
nell’esperienza sia dell’insegnante sia dello studente.
L’uso delle slide è
attualmente una pratica didattica molto diffusa a scuola. L’autore guarda in
profondità sia l’esperienza del docente che le concepisce, le costruisce e le
utilizza come strumento principe della comunicazione con gli studenti sia
l’esperienza dello studente che osserva, ascolta e su di esse studia per
imparare. Analizza poi i molti aspetti problematici che da questa forma di
didattica derivano in ordine alla perdita dell’oralità e della relazione
docente-studente. «Oralità, relazione personale e tempo» sono i fattori
costitutivi della narrazione, esperienza fondamentale e irrinunciabile per
l’insegnamento grazie alle valenze conoscitive ed educative in essa implicate.
Questo contributo intende proseguire la
riflessione avviata ne La serietà ontologica dell’ora di lezione, concentrandosi
su uno degli interrogativi emersi in alcuni intensi dialoghi con la redazione e
diversi collaboratori della rivista.
Le cifre sintetiche della didattica prevalente nella scuola italiana, già prima del COVID
Se ci domandassimo attorno a quali principi ideali e pedagogici ha preso
forma – nel corso degli ultimi venticinque anni, attraverso il combinarsi di
molte spinte culturali, accademiche, politiche ed economiche – la didattica
oggi prevalente nella scuola italiana, potremmo rispondere indicando i due
costrutti teorici della «competenza» e delle «competenze chiave di
cittadinanza». Entrambi affondano la loro ideazione e legittimazione in una
visione dell’istruzione e della formazione che si vuole sempre più funzionale
alle trasformazioni in corso: più nello specifico, a quanto richiesto dai mondi
del lavoro, della comunicazione e della governance della
società e delle istituzioni. Tale visione ha trovato la sua massima espressione
nelle teorie formulate dal movimento della School Effectiveness
Research, largamente diffusesi dagli Stati Uniti agli altri paesi a
economia avanzata, e ha ispirato in larga misura i disegni di trasformazione
dei sistemi scolastici e formativi, non solo su scala internazionale ma anche
nel nostro Paese, a partire dalle riforme avviate dai ministri Berlinguer e Moratti
e poi ridimensionate dai governi successivi.
Non posso in questa sede entrare nel
dettaglio in tali processi, per la ricostruzione dei quali rinvio all’ampia
letteratura disponibile2. Mi limito a evidenziare la conseguenza
principale che essi hanno avuto sulle modalità d’intendere e di praticare
l’insegnamento e l’apprendimento:
«Il progressivo spostamento del lavoro
formativo a scuola verso un apprendimento centrato sulle competenze si riflette
inevitabilmente anche sulle metodologie di insegnamento. L’espressione
«didattica laboratoriale» sintetizza un insieme di proposte metodologiche
orientate verso la costruzione attiva del proprio apprendimento da parte
dell’allievo, in sintonia con gli orientamenti più recenti della ricerca
psico-pedagogica. Prendendo a prestito un’espressione affermatasi in campo
internazionale possiamo sintetizzare gli attributi chiave del paradigma
socio-costruttivista con l’espressione CSSC learning (De
Corte, 2000), per sintetizzare i caratteri che lo contraddistinguono:
costruttivo (constructive), autoregolato (self-regulated),
situato (situated) e collaborativo (collaborative)»3.
Una riflessione critica su tale
evoluzione, sui suoi guadagni e sulle sue aporie e, più in là, da un lato sul
paradigma socio-costruttivista, dall’altro sulla traslazione del baricentro
della formazione scolastica dall’insegnamento all’apprendimento richiederebbe
molto spazio. Vorrei brevemente enunciare due dei principali focus attorno
ai quali, a mio giudizio, essa va sviluppata.
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*Carlo M. Fedeli - (Dipartimento di Filosofia e Scienze dell’Educazione dell’Università degli Studi di Torino)
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