contro i fatti-
-
-di Giuseppe Savagnone *
«Non rinuncerò mai alla convinzione che i russi e gli ucraini sono un
solo popolo, anche se alcuni degli abitanti dell’Ucraina sono stati
intimiditi, molti sono stati ingannati dalla propaganda nazista e nazionalista».
Lo ha detto Putin in un discorso in cui ha definitivamente chiarito di non
aver alcuna intenzione di fermare l’offensiva delle sue truppe fin quando
l’intera Ucraina non sarà stata conquistata.
Ma è proprio così? A giudicare da ciò che si sta svolgendo sotto i nostri
occhi in questi giorni non sembrerebbe. Proprio l’offensiva russa, con la
strenua ed eroica resistenza opposta dagli ucraini, ha portato in piena
luce, agli occhi dell’opinione pubblica mondiale, la peculiare realtà di
una nazione di cui fino a ieri a stento conoscevano altro che il nome e di
cui stiamo scoprendo con sorpresa le grandi risorse umane.
Ben pochi, credo, si aspettavano che i carri armati di Putin si sarebbero
trovati di fronte tanta determinazione da parte di un intero popolo, risoluto
a contendere ogni palmo di terreno, a rischio della vita. Ancora più
sorprendente, forse, è stato scoprire lo spirito di appartenenza – un
tempo si chiamava patriottismo – di persone comuni che, trovandosi a
vivere e a lavorare da anni in altri Paesi, stanno scegliendo di rientrare
nel loro per combattere a fianco dei propri connazionali una guerra
oggettivamente disperata contro un nemico militarmente di gran lunga più
forte.
Senza dimenticare il coraggio mostrato dal presidente Zelens’kyi, un
ex attore comico entrato in politica e rivelatosi, in questa situazione
estrema, il simbolo di un popolo disposto a morire piuttosto che ad
arrendersi alla violenza.
Uno sguardo alla storia recente…
Ma una conferma definitiva della falsità delle parole di Putin può venire
solo da una, sia pur rapida, ricognizione nella storia dell’Ucraina,
indispensabile anche per farci comprendere molti aspetti dell’attuale
crisi politica e militare.
Perché l’inflazione di cronache e di commenti sul presente non può
compensare le nostre enormi lacune nella conoscenza del passato. Così –
come è purtroppo frequente nello stile della società mediatica – rischiamo
di essere sommersi da un mare di informazioni su tutto, senza essere in
grado di comprendere niente. C’è qualcosa di vero, anche se in un contesto
di falsità, nell’affermazione fatta da Putin – nel discorso in cui, già
alla vigilia della guerra, contestava il diritto dell’Ucraina ad essere
uno Stato autonomo – secondo cui la sua nascita sarebbe dovuta a un
«invenzione» da parte di Lenin.
«L’Ucraina moderna» – ha sostenuto il leader russo – «è stata
interamente creata dalla Russia, dalla Russia bolscevica e comunista.
Questo processo è iniziato dopo la rivoluzione del 1917. Lenin e i suoi
compagni lo hanno portato avanti in modo approssimato rispetto alla
Russia, togliendole pezzi del suo territorio storico». Da qui la pretesa
dello “zar” del Cremlino che quella in corso non sia una guerra – come
sarebbe nello scontro tra due Stati -. E non a caso il termine viene
accuratamente evitato da tutti i mezzi di comunicazione russi, che
si ostinano a parlare di una «operazione di demilitarizzazione» per
pacificare un territorio.
Ed effettivamente fu Lenin – il quale concepiva la nascente Unione
sovietica come «una libera unione di nazioni libere», «federazione di
repubbliche nazionali sovietiche» (Costituzione del 1918) – a volere che nel
1922 l’Ucraina si costituisse ufficialmente come “Repubblica socialista sovietica ucraina”, parte integrante della federazione
dell’Urss. Una soluzione oggi aspramente criticata da Putin, perché
eccessivamente pluralista e nociva all’unità statale dell’unica «grande
Russia».
Quello che il leader russo non dice è che questa scelta di Lenin non era
affatto una creazione (o, come lui dice, una «invenzione»), ma il
riconoscimento di una identità nazionale che affondava le sue radici nel
più lontano passato, anche se poi le vicissitudini storiche l’avevano
quasi sempre mortificata e oppressa.
… E a quella del remoto passato
E’ vero che le origini della nazione russa e di quella ucraina sono comuni
e hanno le loro radici nella Rus, lungo le sponde del fiume Dnepr, un
potentato, con capitale Kiev, creato, nella seconda metà del IX secolo dai
Rus’ (noti anche come Vareghi o Variaghi), tribù vichinghe svedesi, che si
sovrapposero alle precedenti popolazioni slave, con cui si fusero però
rapidamente.
A partire dal 1054 la Rus di Kiev si disgregò in principati indipendenti,
che furono travolti dall’invasione dei mongoli (1240). Alla fine del medio
evo, si verifica la divisione che darà luogo a due storie diverse: i
territori delle odierne Ucraina e Bielorussia furono inclusi nel
Granducato di Lituania e poi nella Confederazione polacco-lituana,
senza alcuna propria autonomia, mentre si veniva sviluppando sempre di più
il Granducato di Mosca, destinato a diventare, sotto gli zar, l’Impero
russo.
Con una differenziazione anche culturale di cui è evidente segno il
fatto che la lingua ucraina, pur avendo molto contatto con il russo e
servendosi dello stesso alfabeto cirillico, è a sé stante. Nel XVII secolo
una grande rivolta degli ucraini contro il dominio polacco, con l’appoggio
degli zar, portò a una spartizione dei loro territori tra la Polonia, che
mantenne la parte occidentale (Galizia), poi passata all’Impero asburgico,
e la Russia, che acquisì il controllo della parte orientale, compresa
Kiev, estendendo poi il suo dominio, nel secolo successivo, con la
progressiva spartizione della Polonia.
Questo non spense l’anelito all’indipendenza degli ucraini, che continuò
a serpeggiare anche sotto l’impero russo. Ma la risposta, da parte degli
zar, furono sempre più dure misure di “russificazione”, culminate col
divieto dell’uso della lingua ucraina nella stampa e in pubblico. Ciò non
impedì agli ucraini di esprimere le loro doti creative, naturalmente sotto
l’etichetta della nazionalità che li dominava. Chi sapeva che uno dei più
grandi scrittori russi dell’Ottocento, Nicolaj Gogol, era ucraino? È
chiaro, alla luce di quanto detto, che, ben lungi dal “creare” il
popolo ucraino, come ha affermato Putin, Lenin gli ha solo riconosciuto un
diritto a cui esso da lungo tempo aspirava, quello di avere uno Stato, sia
pur a sovranità fortemente limitata dal vincolo federale dell’Urss.
Un abisso sempre più profondo scavato
tra due popoli dai tiranni
Peraltro – ed è la seconda cosa che il presidente russo non ha detto –,
negli anni successivi alla sua nascita, fra il 1929 e il 1932, la
popolazione ucraina fu da Stalin sottomessa a una politica di
collettivizzazione forzata della terra, che provocò la morte per fame di
quasi tre milioni di persone. Di questo, che è ricordato come il genocidio
ucraino, è rimasto il nome: Holodomor, combinazione delle due parole
ucraine holod (fame, carestia) e moryty,
(uccidere affamare), per esprimere la deliberata intenzione del regime
sovietico di far morire di fame la popolazione.
Nel marzo 2008 il parlamento dell’Ucraina e diciannove nazioni
indipendenti hanno riconosciuto le azioni del governo sovietico
nell’Ucraina dei primi anni trenta come atti di genocidio. Il 23 ottobre
2008 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione nella quale ha
riconosciuto l’Holodomor come un «crimine contro l’umanità».
Riascoltiamo le parole di Putin: «Non rinuncerò mai alla convinzione che
i russi e gli ucraini sono un solo popolo». Non si tratta, evidentemente,
di negare le affinità etniche e culturali tra russi e ucraini. Ma anche
italiani francesi e spagnoli sono affini, senza che nessuno dei tre popoli
pretenda di assorbire gli altri in un’unità politica forzata – meglio, una sottomissione – , come quella che oggi il leader del Cremlino sta cercando
di imporre con i suoi carri armati e i suoi missili.
Paradossalmente, proprio l’aggressione russa ha evidenziato ed esasperato
la distanza tra i due popoli, già tragicamente marcata dalla crudele
politica di Stalin, trasformandola definitivamente in un abisso. Alla
lunga, il machiavellismo non paga. Putin potrà anche piegare a cannonate
la resistenza ucraina, instaurare un governo fantoccio prono alle
decisioni di Mosca, proclamare la sua vittoria, ma la pretesa fraternità
tra russi e ucraini verrà seppellita insieme alle macerie delle città
bombardate e ai cadaveri dei difensori uccisi.
Come già adesso viene seppellita la fragile speranza, nata con la fine
del comunismo, che la Russia, pur nell’autonomia della sua linea politica,
potesse essere una partner costruttiva dell’Occidente.
*Pastorale Cultura Diocesi Palermo
Nessun commento:
Posta un commento