Da Fabio Colagrande un ritratto inusuale del mondo cattolico: sorridere per riflettere
- di Mimmo Muolo
«Siamo tutti sulla stessa barca e speriamo non sia il Titanic». Anche nell’immaginaria diocesi di Salsiccia la pandemia ha lasciato tracce profonde. E si cerca perciò un difficile rinnovamento pastorale. Ecco perché, in vista del convegno sul quale il vescovo Egidio Pancetta ha puntato tutto, viene organizzata con quel titolo una conferenza-spettacolo del teologo progressista e talentuoso showman don Duccio Abbacchietto. Come finirà non è lecito rivelarlo. Ma sicuramente è uno degli episodi più esilaranti di Ricordati di sanificare le feste, gustoso libro del giornalista di Radio Vaticana Fabio Colagrande, che verrà presentato oggi alla Libreria Paoline di via del Mascherino a Roma, presenti il direttore de L’Osservatore Romano, Andrea Monda e fra Emiliano Antenucci, moderati da Alessandro Iapino Sono 150 pagine, edite da Ancora, di risate alla maniera di Giovanni Guareschi, ma con personaggi di sapore vagamente fantozziano, per prendere in giro i vezzi ecclesiali ed ecclesiastici più diffusi, a cominciare da una comunicazione che non comunica, perché affetta da autoreferenzialità, linguaggio incomprensibile ai più (il famigerato ecclesialese), inutile prolissità e veri e propri nonsense di cui l’autore fornisce mirabili esempi, tra l’altro non lontani da qualche vero comunicato stampa: «Le diocesi erano invitate a mettersi in ascolto dei segni dei tempi per intraprendere un cammino preparatorio che partisse dalle realtà comunitarie locali per avviare un percorso di discernimento in vista dell’inaugurazione di un itinerario sinodale di riflessione per fare rotta verso il rinnovamento ecclesiale».
Ma nelle fantacronache della diocesi di Salsiccia ci sono anche la rissa social, la concorrenza tra cori parrocchiali, la consulta femminile, il talk show televisivo Pentiti & Contenti, le prove di sinodalità, per arrivare alle istanze ecologiste, che come certi colori nell’abbigliamento ci stanno bene dappertutto. Notevoli i personaggi del libro, nei quali l’ironia di Colagrande raffigura se non singole vere persone (ogni riferimento è sempre ça va sans dire assolutamente casuale), almeno le relative categorie di appartenenza. Suor Veronica Mortazza, ad esempio, teologa pastoralista e femminista, oppure Amalia Coratella, giornalista e conduttrice della rubrica televisiva Incenso& Mascara, oppure ancora il professor Aldo Speck, teologo vecchio stampo e Alfio Sfilacci, arrabbiato vaticanista dell’agenzia Arista. E poi i sacerdoti: don Gino Ciauscolo, campione dei parroci della chiesa in entrata (nel senso che i fedeli li aspetta in parrocchia), don Augusto Zampone, cyber-prete di periferia in uscita, e don Gennaro Zazzicchia, teologo conservatore, fino alla citazione di un padre Tonino Sciabolaro, simpaticamente allusivo del direttore di Civiltà Cattolica, padre Antonio Spadaro, che firma la prefazione al volume, notando: «Si esce leggeri da queste pagine», perché «lo scrittore non è un bacchettone e non moralizza: ironizza». E in effetti è proprio questo uno dei pregi del libro: la capacità di correggere ridendo mores, come direbbe Jean de Santeul. Unita all’intenzione costruttiva che sempre emerge dalle pagine di Colagrande, il quale accanto a personaggi grotteschi (significativamente tutti connotati da nomi di salumi) ci offre anche figure alle quali è demandato di dire piccole e grandi verità. E valga per tutti il risolutivo intervento della 22enne catechista Eleonora nella conferenza stampa ormai sfuggita di mano al vescovo e al suo capo ufficio stampa: «Qui non è in gioco una battaglia politica» e non si tratta di «far valere le istanze riformiste su quelle reazionarie o viceversa. Dobbiamo solo metterci in ascolto reciproco e in ascolto dello Spirito per trovare insieme il modo migliore per annunciare il Vangelo». Che non sia il caso di far leggere questo libro anche in certe assemblee sinodali?
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