- di PIETRO SACCÒ
Quando era all’inizio della sua esperienza alla guida del Comitato Educazione Finanziaria, al ministero dell’Economia, Annamaria Lusardi registrò dei video su cinque consigli di educazione finanziaria di base. «Cose semplici, come “abbi cura dei tuoi soldi” o “informati bene”... Quando finimmo di girare, il cameraman che filmava mi disse: “Professoressa, lo sa che se mi avessero dato questi consigli anni fa avrei fatto scelte diverse”? È un episodio che mi ha colpito ed entusiasmato. Mi ha ricordato ancora una volta quanto sia importante parlare di soldi, perché in Italia non lo si fa mai» racconta oggi Lusardi, che oltre a guidare il Comitato Edufin dirige il Global Financial Literacy Excellence Center dell’Università di Washington.
Con la Global Money Week iniziata lunedì l’Ocse punta a migliorare la preparazione finanziaria dei giovani. Che progressi possiamo aspettarci?
La GMW è una grande idea dell’Ocse, che ha cominciato
a parlare di educazione finanziaria nel 2005, e una straordinaria occasione
globale che si rivolge ai giovani e coinvolge quasi 200 Paesi. Il messaggio
“Costruisci il tuo futuro. Gestisci bene i tuoi soldi” è semplice e profondo. I
giovani sono il gruppo più indebolito dalla pandemia e ora si trovano davanti
le scene di questa guerra orrenda. Il futuro è dei giovani e dobbiamo dare loro
gli strumenti per costruirlo. Anche gli strumenti finanziari. In Italia siamo
poco abituati a parlare di denaro ma l’interesse sta crescendo e abbiamo avuto
una bella risposta dalle scuole: l’anno scorso erano stati organizzati 80
eventi per la GMW, quest’anno siamo a 200.
A che punto è l’ingresso dell’educazione finanziaria nei programmi scolastici?
C’è una legge in discussione che propone di inserirla
nel programma di educazione civica. Sarebbe importantissimo e quella è la
collocazione ideale. L’educazione finanziaria a scuola è una questione di
equità, di lotta alla povertà, di crescita inclusiva. Oggi in tutto il mondo i
dati Ocse Pisa ci dicono che i giovani che hanno buone conoscenze finanziarie di
base vengono da famiglie ricche e hanno ricevuto queste competenze dai
genitori. Portare l’educazione finanziaria a scuola significa
“democratizzarla”, offrire competenze sulla gestione del denaro a chi non le
ha. Abbiamo già preparato linee guida per formare i docenti su che cosa
insegnare, abbiamo avviato i primi progetti pilota nelle scuole.
Spesso l’educazione finanziaria è considerata un tema “da ricchi” o da “consulenti finanziari”...
Questo è un pregiudizio sbagliato, figlio di questa
situazione per cui in Italia parlare di denaro non è considerato qualcosa di
normale. Conoscere le basi della finanza personale non rende ricchi, ma
protegge dalle crisi e aiuta a fare scelte migliori per il proprio benessere.
Abbiamo davanti tempi più difficili di quelli a cui eravamo abituati. La vita
lavorativa dei giovani è più incerta, abbiamo una demografia problematica,
Stati molto indebitati. Le crisi si susseguono e aumentano i rischi. Ogni crisi
colpisce con più durezza chi non era preparato, chi non aveva messo nulla da
parte, chi aveva fatto scelte finanziarie sbagliate. Il mondo si fa più
complesso e occorre sapersi adeguare. Altrimenti ogni volta restano indietro i
più fragili, spesso le donne.
E questi non sono temi da consulenti finanziari: non
bisogna insegnare la pratica della finanza, che tra l’altro cambia molto
rapidamente, ma i principi di base. Fin da piccoli i cittadini devono imparare
a prendere le decisioni giuste per il loro futuro.
L’Italia è sempre un caso particolare: un Paese di
risparmiatori con una scarsa conoscenza delle basi della finanza.
Sì, era una situazione che poteva andare bene quando
il mondo era più semplice. Oggi le crisi aiutano a vedere il costo
dell’ignoranza, che è altissimo. Pensiamo a quei risparmiatori che avevano messo
tutti i risparmi nelle obbligazioni finanziarie delle banche liquidate qualche
anno fa. Non dico che l’educazione finanziaria li avrebbe salvati, ma si
sarebbero fatti qualche domanda in più.
Con queste premesse non le fa un po’ paura vedere la promozione del trading sulle criptovalute nel calcio e nella F1?
Purtroppo, è sempre stato così. Nel 1928 negli Stati
Uniti i tassisti chiacchieravano dell’andamento di Wall Street e poi abbiamo
avuto il ‘29… Quando persone impreparate intervengono nei mercati è pericoloso.
Dobbiamo stare attenti al concetto di inclusione finanziaria, perché gli
strumenti finanziari sono pericolosi. Le criptovalute hanno una volatilità
elevatissima, c’è chi si arricchisce e chi perde tutto. Io sarei per abolire
l’espressione “giocare in Borsa”, perché la Borsa non è un gioco ed è
pericoloso pensare di poterci giocare. Ma è pericoloso anche il conto corrente
che oggi dà zero rendimenti con un’inflazione al 6%, perché in finanza il
valore reale degli investimenti è più importante di quello nominale. Per
imparare queste cose, però, occorre un po’ di educazione finanziaria.
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