LA RIVINCITA DEL FARE INSIEME
In un contesto in grande evoluzione gli
schemi individualisti del passato creano incertezze incolmabili. Quest’epoca ci
chiede di tornare a camminare includendo
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di GABRIELE GABRIELLI
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Il tempo che viviamo ha diverse
sfaccettature, dipende dalle prospettive e dalle sensibilità con le quali lo si
guarda. Ce n’è una, forse, più prepotente delle altre: è quella che guarda al
tempo come dimensione nella quale tutto ci sfugge di mano, non riuscendo a star
dietro alla velocità dei cambiamenti che ci propone. Ogni cosa ci appare
fragile e al tempo stesso sproporzionata rispetto alle nostre capacità. Tutta
la società così diventa accelerata, popolata da donne e uomini che corrono, si
incrociano senza toccarsi, procedono con lo sguardo rivolto a terra. È il tempo
in cui le relazioni diventano altro: si digitalizzano, perdono sostanza
preferendo una leggerezza senza responsabilità. Un contesto nel quale la
solitudine irrompe, senza fare distinzioni, nella vita rumorosa dei più giovani
e in quella silenziosa e ritirata degli anziani.
Nel
cuore delle persone, allora, pulsano con forza domande come
queste: dove sto correndo? Che senso ha questo vivere affaticato
e triste? Come stanno i miei figli e cosa pensano? Sono
felici? E gli altri dove sono finiti? Quando li ho persi di
vista? Tutto prende il colore dell’incertezza con le sue variegate
tonalità: paura, ansia, solitudine, pessimismo, apatia,
immobilismo, chiusura, depressione. Nel lavoro poi il senso di
incertezza causato da fattori come riorganizzazioni repentine,
modelli di leadership che tengono costantemente sotto
pressione le persone, ruoli che frantumano i contenuti del lavoro
rendendoli elementi da ricomporre flessibilmente, diventa fonte di
disadattamento. Le implicazioni sulla salute sono numerose.
L’incertezza
è categoria complessa e multidimensionale. Quando la viviamo percepiamo un
senso di sbandamento perché tutto si muove, si alimenta un senso di instabilità
che crea quel profondo disagio che si prova quando tutto sembra fuori controllo
e dalla nostra portata. Ci strattona violentemente inducendo a pensare che non
possiamo fare niente. Però, come dimensione dell’umano, l’incertezza è anche
straordinaria occasione generativa di consapevolezza e crescita individuale e
collettiva.
Da questa prospettiva essa apre alla
ricerca, sollecita l’immaginazione di opzioni, esplora nuove possibilità.
Mettersi in spalla il suo zaino per attraversarla e farne esperienza
può essere vitale. Riacquistare fiducia in sé stessi e negli altri,
rimettendo al centro il senso della vita come scoperta e ragione del nostro
esistere, può rappresentare l’agenda di un rinnovato impegno di ricerca
personale, comunitario, sociale. Decidere con consapevolezza gli
attrezzi che vogliamo mettere nello zaino può essere metafora
utile per riflettere sull’incertezza come tratto
significativo di questo tempo.
Possiamo farci guidare da tre
criteri che individuano altrettanti livelli di analisi:
l’individuo, gli altri, la società con le sue
istituzioni. Questi quasi due anni di socialità
intermittente hanno generato in molti casi il potenziamento di
un dialogo interiore che frettolosamente avevamo messo a tacere.
Abbiamo rispolverato il perché della nostra vita e il senso
della nostra presenza. La sponda del dialogo interiore ha
consentito a molti di mettersi in sicurezza e di sollevare lo
sguardo, alzandolo dalla ristretta vista
dei
propri passi per allargarlo e per condividere le orme degli altri. Ascoltarsi
in profondità costituisce un’àncora di salvezza, non c’è appiglio più
necessario e sicuro del dialogo con sé stessi per ritrovare le coordinate della
vita.
Il
cammino per attraversare l’incertezza e farne esperienza, però, ha bisogno
anche di altre risorse perché non viaggiamo da soli, siamo in compagnia. Nello
zaino che portiamo sulle spalle ci sono gli altri, il cammino si fa insieme.
Questa è la seconda sponda a cui aggrapparci. Qui l’immagine è ben diversa da
quella da cui siamo partiti. Camminare insieme significa volgere lo sguardo
verso una direzione comune; vuol dire aiutarsi reciprocamente in una sorta di
grande laboratorio di ascolto orizzontale. Occorre un’altra sponda per
completare il piano del viaggio perché sia sicuro. Il cammino, infatti, deve
essere inclusivo perché sono in tanti a compierlo. Occorre sviluppare quel
senso di un destino comune che unisce con legami invisibili tutti gli esseri. È
questa interdipendenza concreta fra tutti gli esseri umani che sarà capace di
svelarci nuove possibilità per affrontare i rischi e le incertezze di
quest’epoca.
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