+ Dal Vangelo secondo Luca - Lc 4,1-13
In quel tempo, Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo”». Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”».
Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli
disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; sta scritto infatti: “Ai
suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano”; e anche:
“Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una
pietra”». Gesù gli rispose: «È stato detto: “Non metterai alla prova il Signore
Dio tuo”». Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui
fino al momento fissato.
Commento di p. Paolo Curtaz
Due anni di paura, di malattia, di morte, di problemi economici. E che hanno inciso pesantemente sulle nostre scelte, sui nostri sogni, sulla nostra socialità.
Siamo tutti sfiniti, stanchi, insofferenti. Storditi e confusi, come se ci fosse stato tolto troppo. Allora, sinceramente: a che ci serve una Quaresima? Fare sacrifici, mortificazioni? Non ne abbiamo fatte abbastanza? Sì, certo, assolutamente.
Ma ne abbiamo bisogno, qui, ora, per lasciarci alle spalle il caos, per
trovare un orizzonte in questo deserto. Per riappropriarci della nostra anima.
Abbiamo urgente bisogno di mettere dei punti fermi. Di mettere paletti. Di
alzare lo sguardo per vedere se stiamo seguendo la strada che avremmo voluto
percorrere, quella che, in qualche modo, ci porta verso la felicità. Perché la
peggiore delle tentazioni è di smettere di vivere. Per paura di morire.
Tentazioni
Ci si scherza, sulle tentazioni. Si banalizzano, anche fra noi cristiani. Le si butta sull’eccesso. Il sesso, il denaro, le parolacce, le bestemmie… Ma dai.
E in questo tempo in cui vediamo il diavolo ovunque, così almeno incolpiamo
lui, rischiamo davvero di non vedere l’evidente. C’è un modo di vivere che ci
annienta, che ci spazza via, che ci allontana da noi stessi e da Dio.
Quando mettiamo le cose, il pane, al centro della
nostra vita, delle nostre scelte. E non parlo delle legittime aspirazioni a
vivere serenamente, ma all’illusione di poter tenere tutto controllo. Di quanto
soldi abbiamo bisogno per stare tranquilli? E quanto grande dev’essere la
nostra casa? È importante il nostro lavoro?
Tutto può diventare un idolo, sostituirsi a Dio. Diventare dio.
Le cose, sì, ma anche il giudizio degli altri, la fama, i like. È
che non di solo pane vive l’umano. E la ricchezza promette ciò che non riesce a
mantenere: la felicità. Occhio, dice la Parola oggi, scrollati di dosso
l’illusione che le cose risolvano i problemi.
Quando la bramosia ci spinge e fare qualunque cosa per diventare visibili,
importanti, adulati. Allora mi sforzo di apparire come gli altri vorrebbero,
scelgo con cura le foto che posto, non importa chi io sia davvero, importa cosa
penso farebbe piacere agli altri, cosa mi può rendere importante, cosa darmi
potere. Sogno di diventare come quei personaggi (?) che venderebbero l’anima
perché si parli di loro. E così accade. Diventando, di fatto, servi della parte
oscura, ambigua, compromessa della realtà.
Quando la fede diventa manipolazione, quando la ricerca del miracolo
diventa ossessione, quando anche dio diventa mio servo. Allora mischio tutto,
faccio un gran minestrone: anima, madonne, apparizioni, angeli, energie… Allora
Dio, le divinità, il cosmo, gli eoni, tutto deve in qualche modo assecondare le
mie esigenze, risolvere i miei problemi. Tipo galleggiare nell’aria
sorretto dagli arcangeli. Oppure Dio non mi serve. Contro tutto questo Gesù
combatte.
E invece
Per due volte Luca insiste sul fatto che è lo Spirito a spingere Gesù nel
deserto.
Gesù ha appena ricevuto il battesimo ed è tentato: la tentazione colpisce
sempre chi si avvicina a Dio, non chi se ne allontana o non se ne interessa.
Gesù entra nel deserto come Israele che resta quarant’anni anni a vagare
nel deserto del Sinai prima di scoprirsi popolo: ancora manifesta solidarietà
assoluta col genere umano. Le tentazioni sopraggiungono in un momento di
fame.
Quando abbiamo fame di Dio, quando abbiamo fame di affetto, quando abbiamo
fame di pace, iniziano le difficoltà più grandi.
Ho riletto molte volte le tentazioni del diavolo: sono piene di buon
senso. Per rendersi credibile, il male è sempre pieno di buon senso.
Un’altra cosa è interessante: l’avversario cita bene la Scrittura. La
conosce, ovviamente, sa di cosa parla, e ne capovolge il significato,
stravolgendolo. Gesù smaschera l’inganno con la Parola di Dio in mano.
Letta nel modo giusto.
Scelte
Gesù è deciso: certo, bisogna nutrirsi, soprattutto della Parola. No,
non farà compromessi: nessuno dà niente per niente, e lui vuole essere
libero. No, non farà gesti eclatanti: il Nazareno vuole che la gente ami
Dio per ciò che è, non per ciò che dona. Dio non è un fenomeno da baraccone,
non è una capricciosa divinità da convincere a modificare gli eventi naturali.
Il suo messianismo è delineato: nel segno dell’amore e della condivisione,
nella forza della parola e nell’autenticità, nello svelare il volto misericordioso
del Padre si orienterà la scelta di Gesù.
Gesù vuole dei figli, non dei servi, l’affetto sincero, non un rispetto reverenziale.
Fallirà, ma ancora non lo sa. È un ingenuo, un illuso, ma ancora non lo
immagina. Sarà il diavolo, che per ora si allontana, a ricordarglielo. Tornerà
nel tempo appropriato, quando Gesù avrà sperimentato sulla sua pelle che,
forse, il demonio aveva ragione: l’uomo non si converte con le parole e
l’amore. Tornerà al Getsemani.
Così inizia la nostra Quaresima.
Questi quaranta giorni che ci sono donati per fare ascesi, cioè
allenamento. Per fare più silenzio, per prendere maggiormente sul serio la
preghiera, per decidere quale appetito deve dominare sui nostri sensi, per
accorgerci del povero che ho accanto, per lasciare che la nostra anima ci
raggiunga. E trovare il risorto, alla fine del cammino.
Per scoprirci ancora e ancora, amati. Perciò capaci di amare.
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