In un momento così tragico e doloroso nella Storia dell'umanità a causa dell'invasione russa dell'Ucraina, in cui, come dice il Papa, "scorrono fiumi di sangue e di lacrime, causati da una guerra scellerata e senza senso, che semina morte, distruzione e miseria", che senso ha parlare di "Festa della donna?".
"E come potevamo noi cantare con il piede straniero sopra il cuore...", recita la bellissima poesia di Quasimodo. Non c'è niente da festeggiare se un tuo fratello ha paura, piange, muore per i continui bombardamenti, cui è sottoposto il suo Paese. Non festeggiamenti, quindi, ma riflessioni sul sempre nuovo, complesso e difficile ruolo della donna nella società oggi.
L'anno scorso, in piena pandemia, è stato doveroso dedicare l'8 marzo al personale sanitario femminile, che si stava prodigando con tutte le sue forze a contrastare la diffusione del Covid.
Altrettanto doveroso mi sembra quest'anno, nel bel mezzo di una guerra ingiusta e incomprensibile, dedicare l'8 marzo alle donne ucraine che, con ammirevole coraggio, lottano, resistono, fuggono, muoiono, partoriscono, aiutano; alle donne russe che, con sprezzo del pericolo, scendono in piazza con il cartello appeso al petto per chiedere Pace; a tutte le donne del pianeta che lottano, spesso da sole, per tentare di sovvertire la legge della dipendenza, del potere, del sopruso, che spesso genera morte.
Viviamo tutti sotto lo stesso cielo e non abbiamo ancora imparato a vivere come fratelli!
Buon 8 marzo, quindi, a tutte le donne e a tutti noi.
Pasquale Moliterni
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