i buoni maestri
Ricevendo il premio Nobel, Giorgio
Parisi ha ringraziato il proprio maestro, come altri grandi personaggi avevano
fatto prima di lui
Illustrazione Giancarlo---- di Nuccio Ordine
Caligarsi
Il conferimento di un Nobel può essere una preziosa occasione per rendere
omaggio a un maestro. Giorgio Parisi ha dedicato il suo ambito
riconoscimento a Nicola Cabibbo, grande fisico che quel premio avrebbe meritato
più di ogni altro studioso. E nella seconda metà del Novecento, dopo
l’annuncio di Stoccolma, l’ha fatto, a modo suo, anche Albert Camus. Lo
scrittore francese, infatti, invia a caldo una commovente lettera di
ringraziamento al suo insegnante delle scuole elementari di Algeri, Louis
Germain: «Quando mi è giunta la notizia il mio primo pensiero, dopo che per mia
madre, è stato per lei. Senza di lei, senza quella mano affettuosa che lei tese
a quel bambino povero che io ero, senza il suo insegnamento e il suo esempio,
non ci sarebbe stato nulla di tutto questo». Parole tenere e toccanti che
esprimono l’importanza fondamentale degli appassionati insegnamenti di uno
sconosciuto insegnante che sarebbe rimasto tale se non avesse ricevuto
quell’epistola del suo ormai celebre allievo.
Ma, nel corso dei secoli, non si contano gli omaggi che, in forme diverse,
gli allievi hanno reso ai loro maestri. Sul finire dell’anno dantesco, non
posso fare a meno di ricordare l’incontro con Brunetto Latini, nel XV canto
dell’Inferno: «ché ’n la mente m’è fitta, e or m’accora,/ la cara e buona
immagine paterna/ di voi quando nel mondo ad ora ad ora/ m’insegnavate come
l’uom s’etterna». Indipendentemente dalle diverse interpretazioni, Dante
riconosce comunque la figura «paterna» di colui che gli ha insegnato come,
sulla terra, si acquista la «fama» con le opere e la virtù. Ma si tratta di un
ossequio che non investe solo i grandi maestri. Riguarda anche quei tanti
maestri anonimi che, in una capanna africana o in un’aula di una ricca città,
cambiano in silenzio la vita dei loro studenti. Oggi lo stiamo
dimenticando: la buona scuola l’hanno fatta e la faranno solo i buoni
insegnanti. Non le piattaforme digitali o i computer. Punto.
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