Cause e conseguenze della denatalità
in
continua crescita
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di FERDINANDO CAMON
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Nascono meno bambini, molti meno. Sono
15mila in meno nel 2020, e 12mila e 500 (finora) nel 2021. Lo so che su queste
pagine l’allarme viene documentato e approfondito da anni. Ma anch’io voglio
dire la mia. La denatalità è un indice davvero brutto per una società: indica
che non si ama la vita e non si vuole trasmetterla. Non è un indice che dipenda
dal benessere, quando le nascite sono poche non significa che si sta peggio, e
quando sono tante non significa che si sta meglio.
Nel
dopoguerra, che è stato un periodo piuttosto lungo (è stata dura
tirarsi su dalla batosta della guerra mondiale perduta, ma è
stata anche una lezione, perché quella guerra noi italiani
l’avevamo voluta e provocata), le nascite erano tante, la
popolazione cresceva, e chi ha la mia età ricorda che le famiglie più
povere erano anche le più numerose: non c’era da
mangiare, eppure le bocche da sfamare crescevano. Ma eravamo
in
un trend positivo. C’era voglia di vivere, di darsi da fare, di metter su
casa, di cercare lavoro magari all’estero. I nostri padri poverissimi (c’erano
regioni del Sud e del Nord Italia, come il Veneto, che erano sacche di Terzo
Mondo in casa nostra), facevano qualsiasi mestiere, per quanto precario, per
quanto faticoso, e cercavano lavoro nei Paesi vicini, come la Francia, ai quali
si offrivano per le campagne stagionali, come quella delle bietole.
Io
ero studente di scuola media, sapevo il francese, e i braccianti della zona
venivano da me per farsi scrivere le lettere con le quali chiedevano al padrone
dell’anno prima di riprenderli per un mese o due, allo stesso salario, «anche
meno, se lo stesso salario non si poteva». Io scrivevo per loro e mi sembravano
degli schiavi. Poveri, bisognosi di tutto, e supplici. Ma tutti avevano figli.
La Chiesa aveva più autorità di adesso, e sul fare figli non demordeva,
rilanciava il motto «crescete e moltiplicatevi». La popolazione cresceva, e
tutti vedevano questo indice come un segno di progresso. Non si viveva bene, ma
la vita era un bene così grande che bisognava trasmetterlo. Adesso si vive
bene, ma tendiamo a non trasmettere la vita.
Mia
madre ha avuto 4 figli, adesso mediamente una donna ha 1 figlio
virgola 17. Se una coppia ha un solo figlio, la popolazione cala
inesorabilmente. I dati che ho sottomano dicono
che un tasso più decente di nascita c’è soprattutto da genitori immigrati,
anche se, italianizzandosi, tendono poi anche loro a fare meno figli. La grande
responsabile di questo calo di figli è la pandemia. La vita è meno gioiosa, non
è entusiasmante come una volta. Allora nascere (anche poveri) era sempre 'un
lieto evento', da festeggiare, adesso è un problema, anche se non lo si dice, è
maleducato dirlo.
Il
calo delle nascite trasforma le famiglie: in una famiglia che ha un solo figlio
cosa cambia rispetto alla famiglia di ieri che ne aveva di più? Il dialogo.
Nella famiglia con più figli si parlava tanto, pranzo e cena erano discussioni.
Magari vaniloquenti e caotiche, ma pur sempre discussioni. Ci si abituava alla
democrazia, agli altri. Le famiglie con un solo figlio educano
all’individualismo, e lo si vede a scuola, anzi già all’asilo. Parlano meno. La
famiglia dei miei figli parla meno della mia, che parlava meno di quella da cui
venivo.
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