Riportiamo gli studenti in classe: soltanto così saranno al centro della vita sociale»
« Mesi di didattica a
distanza stanno lasciando pesanti conseguenze sulla crescita di bambini,
ragazzi e giovani
La vita si è interrotta di colpo: niente più passeggiate,
niente visite agli amici, niente abbracci e strette di mano, ma solo ansia,
tristezza, solitudine, noia, incapacità di sviluppare relazioni interpersonali
sane e costruttive. Il grigiore del virtuale ha dissolto le diverse
sfumature del reale. Dalla scuola all’amicizia, tutto è dovuto passare attraverso
una rete di connessione telematica che sembra aver privato i più giovani
della possibilità di sperimentare la profondità dei legami, la vivacità delle
emozioni, il calore della vicinanza. Il conseguente disagio si è manifestato in
diverse forme, dai frequenti sbalzi d’umore ai disturbi del sonno, dal
cambiamento delle abitudini alimentari (con effetti dannosi sulla salute)
all’aumento delle dipendenze dai videogiochi e dai social che creano un
distacco dalla realtà e rappresentano un vero pericolo per la maturazione delle
nuove generazioni e per la loro partecipazione attiva alla costruzione del
futuro. Questi sono solo alcuni dei sintomi preoccupanti che il lockdown ha
lasciato nei giovani. E ancora oggi, sebbene le misure
restrittive sembrino essersi allentate, il cammino faticoso
di ritorno a una normalità più colorata non può dirsi compiuto.
Probabilmente alcuni ragazzi hanno anche appreso l’abilità di
cogliere il positivo dal negativo:
basti pensare al recupero, laddove possibile, dei legami
familiari e alla riscoperta della bellezza di passare del tempo al riparo dalla
frenesia della vita quotidiana. Ma ciò non ci autorizza a distogliere lo
sguardo dalle ferite che questo periodo ha inflitto agli adolescenti e che
tenderanno a riemergere nel futuro. Sarebbe opportuno, quindi, realizzare un
intervento mirato e organizzato che rimetta i giovani al centro della vita
socio- economica e culturale del Paese e che fornisca loro quegli aiuti
materiali e immateriali utili ad affrontare il presente e i suoi problemi
con quella leggerezza che - come diceva Italo Calvino - «non è superficialità,
ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore». Ecco la ragione
delle proteste degli studenti che vogliono tornare a scuola. Solo il
rientro in classe dopo mesi di isolamento ha permesso agli studenti di
constatare con più evidenza quanto tutto ciò abbia danneggiato l’apprendimento
e il processo di crescita dei ragazzi, in particolare di quelli più fragili. E
proprio grazie alla riscoperta della scuola come luogo fisico, i giovani
sembrano essersi riavvicinati agli adulti nella comune consapevolezza
dell’importanza di una didattica in presenza, l’unica che permette di sentirsi
meno soli.
AGESC - Associazione Genitori Scuole Cattoliche
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