Domenica delle Palme - Mc 11,1-10 / Is 50,4-7 / Fil 2,6-11 / Mc 15, 1-39 (forma breve)
È arrivata, l’ora. È tempo. Sarà innalzato da terra, sospeso, osteso.
Così Dio mostrerà quanto ha amato il mondo. Così scopriremo
di essere amati. Fino a che punto. Senza poterne più dubitare. Quanto amore
donato in trent’anni! Quanta passione nella sua predicazione. Quanto bene
condiviso! Quante parole rimaste! Quante paure sciolte! Ma è tempo. Guarda a
ovest, il Signore, alle spalle, sulla cima della collina, Betfage si sveglia
dal sonno notturno. Sospira, chiude gli occhi, prega. Chiede forza. Più forza.
È tempo.
Scende dal Monte degli Ulivi con i suoi. La strada è ripida e
Gerusalemme, la santa, la sposa, mostra tutto il suo splendore. Arrivano al
Cedron, ora. Alle loro destra il frantoio dell’orto dei genitori di Giovanni
Marco, luogo in cui volentieri Gesù si ritira in preghiera, Gat
Shevanim.
La gente nei campi lo riconosce, si avvicinano, festanti. Ride,
il rabbì, divertito. I bambini gli corrono avanti gridando e
agitando i rami d’ulivo appena potati. Osanna al figlio di Davide!, grida
qualcuno. Osanna! Ripetono altri. La festa cresce mentre
salgono verso la porta Aurea.
Eccoti, Maestro. Eccoti.
Non prendi possesso della città cavalcando un bianco
destriero preceduto da stendardi.
Un re da burla, che si prende poco sul serio, che prende in
giro le nostre aspirazioni di gloria, che rimette al loro posto i nostri titoli
e le nostre onorificenze, i nostri successi e le nostre ossessioni.
Osanna a te mio
bene, mio cuore, mio re. Osanna a te che stai andando a consegnarti
alla morte per salvarmi. Osanna Maestro che mi insegno a vivere. Osanna.
La grande settimana
Leggeremo il brano della passione di Marco, questa domenica.
Un po’ mi spiace perché significa che gran parte del popolo
cristiano si perderà il Triduo pasquale. Arriveranno domenica prossima
per prendere Pasqua, quelli che supereranno la paura di questa
lunghissima quaresima. Un po’ come essere invitati ad un banchetto nuziale e
degustare aperitivo… e digestivo. La Chiesa, invece, rallenta il passo in
questi giorni.
Sincronizza il proprio orologio con le ultime ore di Gesù.
Così, in questa settimana, mentre andiamo al lavoro potremo pensare allo stato
d’animo di Cristo, fare nostri i suoi sentimenti, come direbbe san Paolo.
Emozioni, scelte, scoraggiamento, fede… come ci sentiremmo noi in una settimana
così cruciale. La settimana in cui tutto si evolve e si conclude, in cui tutto
si riassume, in cui tutto fiorisce e cresce. La settimana in cui Dio muore per
amore.
Siateci, se potete. Organizzate il tempo per esserci, per
celebrare con quel che resta della comunità, per pregare insieme. Giovedì e
quella cena, prima di una lunga serie, in cui Gesù si fa pane. Quella notte di
lunga preghiera nel Getsemani e noi, defilati, a pregare con lui. Quel venerdì
mattina drammatico in cui Gesù viene appeso. Quello straziante pomeriggio di
disperazione dei discepoli. E il sabato, la lunga notte di attesa, la quiete
prima della tempesta. Poi la veglia pasquale, la notte insonne, la notizia.
Marco
Ascolteremo comunque la lettura della Passione. Provate a
sedervi ed ascoltare. Con attenzione. Anzi, oso. Riprendete in mano il testo
quando arrivate a casa. Leggete con calma, rappresentate la scena, individuate
i dettagli. E riconoscetevi.
Non leggiamo la Passio per emozionarci, così
abituati alla morte che ci giunge ogni giorno mentre ceniamo, che vediamo nei
nostri film truculenti. Lo facciamo per riconoscerci, perché ci siamo. Siamo
con i discepoli, attoniti e spaesati, vigliacchi e pavidi, incapaci. Eppure
scelti dal Maestro per fare con lui esperienza di morte e resurrezione.
Il tradimento di Giuda, il rinnegamento di Pietro, la fuga
degli altri, il goffo tentativo di usare la violenza per difenderlo. Incapaci,
inadeguati, inetti, idioti. Come me. Come noi. Fragili discepoli, marinai
inesperti nel condurre la barca della Chiesa. Eppure voluti dal Signore per
essere testimoni. Non i migliori, non gli eroi, ma proprio i meno adatti Dio
sceglie per manifestare appieno la sua potenza.
Siamo come la folla che un giorno grida osanna e
l’altro grida crocifiggilo!, ondivaghi e manipolabili. O come il
Sinedrio che vuole solo far fuori Gesù che potrebbe incrinare il fragile
equilibrio finalmente raggiunto con Roma, niente di troppo personale, quindi.
O come Pilato, irritato da quel popolo riottoso e
incomprensibile, da quelle beghe teologiche assurde e inutili. Giustiziere per
conto dell’aquila romana, dio in terra capace di determinare chi deve vivere e
chi morire. O come i soldati, gli aguzzini, quasi tutti samaritani, ben
contenti di sfogare il loro istinto bestiale sugli inermi e odiati giudei. O
come le donne affrante sotto la croce. O come Giuseppe di Arimatea, che ha da
offrire al suo Maestro solo una tomba gelida.
Poi però
Alzate lo sguardo a colui che è stato innalzato. Che muore
come ha chiesto a noi di vivere.
Che ama, straziato, donando tutto di sé. Che svela Dio. E
questo illumina ogni dolore, ogni paura, ogni stanchezza.
Siateci, amici. Perché ci siamo già tutti in quel racconto.
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