Gli episodi di aggressività a scuola sono l'esatto opposto della "partecipazione" voluta dai decreti delegati (1974).
- di Alessandro Artini
Gli episodi di aggressività verso docenti e presidi,
perpetrati rispettivamente da alunni e genitori, sono purtroppo ricorrenti e le
cronache dei giornali ne danno ampia testimonianza. È evidente che dietro di
essi si cela un profondo malessere, che dà luogo a forme di violenza
imprevedibili e pericolose. Ma ciò che colpisce maggiormente, dal mio punto di
vista, sono gli episodi di aggressione degli insegnanti da parte dei genitori,
perché in qualche misura rappresentano un elemento di novità su cui riflettere.
Mentre l’ostilità degli alunni verso gli insegnanti ha una sua “tradizione”, se
così mi posso esprimere, ancorché oggi tocchi vertici di abbrutimento e
talvolta comporti rischi per l’incolumità dei secondi, l’aggressività degli
adulti genitori verso gli adulti insegnanti è del tutto inedita. Pertanto vale
la pena di rifletterci su.
Tali episodi, ovviamente, hanno radici profonde e non sono
riconducibili a cause singole, eliminando le quali tutto tornerebbe al “buon
tempo antico”, che restituirebbe a tutti serenità, come suggerisce la
pubblicità di alcune rosticcerie che propongono ricette e cibi di una volta. Il
malessere che quegli episodi testimoniano e che non giustifica alcuna
aggressività (diciamolo subito, a scanso di equivoci) è piuttosto pervasivo e
riguarda la scuola come la restante società.
Forse per avere un’idea di ciò basterebbe scorrere le pagine
di quel capitolo dell’ultimo rapporto Censis “Sulla situazione sociale del
Paese”, relativo al 2023, dal titolo Fermenti e inquietudini sociali. Potremmo
registrare, soprattutto mentalmente, i dati relativi alle nuove solitudini
degli anziani, alla diaspora degli italiani all’estero (poiché siamo terra
d’immigrazione per gli africani, ma contestualmente di emigrazione per i nostri
giovani concittadini) e all’incomunicabilità generazionale, che riguarda non
solo la scuola, ma l’intera società. Ci viene descritta una realtà di cui gli
italiani non sono del tutto consapevoli (non lo è neppure quella parte che
costituisce la classe dirigente) e che ci espone ai rischi del sonnambulismo,
quando persone dormienti camminano nel buio notturno, inconsapevoli dei
pericoli.
Tuttavia, poiché non è opportuno trattare la questione in
termini di sociologia generale, è il caso di puntare l’attenzione su qualche
elemento specifico.
In questa prospettiva, vale la pena di approfondire, a
cinquant’anni dalla loro emanazione, la questione dei decreti delegati del 1974
dei quali non è rimasto molto (per esempio della parte relativa alla questione
dello stato giuridico dei docenti, fortemente rinovellata, oppure di quella
degli organi territoriali distrettuali, in pratica aboliti), salvo gli organi
collegiali, che, invece, mantengono una sostanziale continuità fino a oggi.
Grazie ad essi, mezzo secolo fa, si registrava per la prima
volta l’ingresso dei genitori nella scuola, in veste di rappresentanti nei
consigli di classe e in quello di istituto. In sostanza i decreti, prendendo
atto dell’esistenza di un patto educativo, implicito ma concreto, tra genitori
e docenti, puntavano ad animare quel patto stesso con una prassi di governo
delle scuole del tutto coerente. Era importante quel patto? Certamente sì,
perché, senza di esso, l’educazione non può funzionare, se demandata ai soli
docenti: esso creava il cemento educativo su cui fondare l’agire sinergico
degli adulti, genitori e insegnanti.
Ebbene, quel patto oggi non sussiste più, anzitutto per lo
sfaldamento molecolare della società, come osservava il Censis qualche tempo
fa, ma anche per il malfunzionamento degli organi collegiali istituiti dai
decreti delegati, al cui interno i soggetti adulti quel patto hanno rescisso.
Gli organi collegiali non funzionano, questo è quanto suggerisce la mia
esperienza unitamente a quella di tantissimi altri presidi. I genitori che
vanno a votare per scegliere i loro rappresentanti sono una sparuta minoranza e
una parte consistente degli eletti diserta poi le riunioni.
Perché accade questo? Forse perché i genitori (ma anche gli
studenti eletti nelle scuole superiori) avvertono di contare poco. Le decisioni
delle scuole sono demandate in gran parte al collegio dei docenti, perché nelle
scuole anche le attività minime hanno una valenza educativa e al collegio
spetta dirimere tutte le questioni. Ovviamente i genitori non debbono entrare
nel merito della didattica, ma il loro ruolo dovrebbe assumere una reale
efficacia almeno negli ambiti amministrativi e organizzativi di loro
competenza. La qual cosa generalmente non accade.
La rescissione di quel patto, dunque, avrebbe provocato gli
scazzottamenti subiti da docenti e presidi? Certamente non vi è un nesso di
causalità diretto, perché le persone incivili hanno sempre responsabilità
personali. Né gli atti di quelle persone possono essere giustificati da cause
sociali o dal malfunzionamento degli organi collegiali. Ma il declino di questi
ultimi certamente non favorisce il dialogo tra gli adulti, genitori e
insegnanti, che vivono la scuola e ne abitano le dinamiche. Se viene a mancare,
le attività educative inevitabilmente ne risentono e la scuola perde il valore
simbolico di spazio significativo e autorevole per gli apprendimenti.
Tutto ciò, ovviamente, incide anche nello sperdimento delle
anime di quei giovani che aggrediscono i docenti (e anche in questo caso non
vogliamo assolvere nessuno). Un’insufficienza o una bocciatura non hanno più il
significato simbolico di una tappa all’interno di un percorso di crescita, che
può e deve essere riattivato anche a seguito di quelle negatività, ma esprime
solamente la malevolenza del docente.
Per questo sono contrario al partito di chi vorrebbe tutti i
genitori fuori dalla scuola e ripropongo invece il tema delle alleanze
educative tra adulti. I genitori non debbono essere estromessi, perché la
questione educativa non appartiene ai soli docenti. Nella scuola molti ne sono
consapevoli, ma non traggono le necessarie conseguenze rispetto alla governance
delle scuole stesse, cioè ai decreti delegati, che devono essere riformati.
Di tutto ciò si dibatterà nel convegno che avrà luogo a
Firenze, nei giorni 16 e 17 febbraio 2024, nel Salone dei Cinquecento a
Firenze, dal titolo Ancora oggi dopo mezzo secolo… La riforma im/possibile dei
decreti delegati del 1974, un convegno che, almeno dal punto di vista delle
iscrizioni, sta riscuotendo un eccezionale successo.
Il Susssidiario
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