Valutazione, “livelli” e giudizi sintetici: l’ennesima giravolta non aiuta le
famiglie
-di
Gianfranco Lauretano
A
scuola per l'ennesima volta cambia la valutazione. Si comincerebbe dalla
primaria. Sì può fare con un emendamento a un ddl ?
Ormai
lo sappiamo: Governo che sale, valutazione scolastica che cambia. E infatti il
Governo in carica ha disposto un emendamento (al ddl S 924 bis) che ordina
l’abrogazione della norma del Governo precedente e incarica l’attuale ministro
dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara di emanare un’ordinanza che
ristabilisca la modalità anteriore di dare i voti, in pagella e non. Ma già
detta così è difficile da capire, perché si tratta di una materia dove i
cambiamenti sono ripetuti, confusi e mutevoli, esattamente come una banderuola
al vento che soffia ora da destra e ora da sinistra. Occorre tentare di
spiegarsi, con poca speranza di farsi capire.
Il
voto con cui gli insegnanti valutano i progressi o meno degli studenti ha varie
possibilità. Può essere una descrizione, un piccolo discorsetto scritto finale
in cui si cerca di tratteggiare un profilo narrato del ragazzo; può essere al
contrario numerico, principalmente usando i voti da uno a dieci (ma, se si
pensa all’università, la cifra è moltiplicata a sua volta per dieci ed entra in
ballo tutto un delirio di crediti e frazioni); può essere una parolina, di
solito Ottimo, Distinto, Buono, Sufficiente, Insufficiente, com’era prima
dell’ultima svolta; può essere la definizione di un “livello”, com’è stato
finora, prima dell’ennesima, attuale giravolta: Avanzato, Intermedio, Base, In
Via di Prima Acquisizione. Quest’ultima trovata fu del ministro dell’Istruzione
Azzolina, Governo giallorosso; i numeri li aveva reintrodotti invece il
ministro Gelmini, Governo di centrodestra, in carica fino al 2011, dopo anni di
giudizio “discorsivo”.
Si
capisce dunque che il modo di dare i voti è influenzato un po’ dall’ideologia
politica: volendo semplificare grossolanamente, il numero corrisponde a un’idea
di ordine e rigore della destra, mentre la parolina, più o meno attenuata,
corrisponde alla permissività e allo sfumare delle differenze di merito della
sinistra. Ma sarebbe già semplice se fosse così: il voto numerico, ad esempio,
ha attraversato indenne ministeri di sinistra, come quello di Valeria Fedeli,
la cui titolare veniva dall’esperienza sindacale della Cgil.
Va
poi detto che ogni modifica ambisce a riformare radicalmente il modo di
valutare i ragazzi; ma ogni volta si ferma subito e, chissà perché, sempre alla
scuola primaria, come una grande ondata che vorrebbe coprire ogni ordine
scolastico e si infrange invece sulla spiaggetta della scuola elementare. Anche
stavolta, c’è da scommetterci, andrà così. Non solo chi è esterno al mondo
della scuola stenta a raccapezzarsi: succede anche a chi ci lavora e a chi ci
porta i figli. Il sistema in vigore adesso, ad esempio, che è quello dei
livelli, risulta per la stragrande maggioranza delle persone che lo utilizzano
incomprensibile. Tutti chiedono: ma cosa significa “intermedio”? Risposta dei
docenti: quello che era il “buono” di una volta, forse anche il “distinto”, un
pochino… Domanda successiva: e in numeri quanto fa? Mah…può essere otto,
talvolta sette, forse nove meno… E avanti così, in una specie di scenetta della
commedia dell’arte.
Si
fa evidente ancora una volta lo scollamento tra la dirigenza della scuola e la
realtà. Se certi metodi di valutazione possono anche rispondere a una buona
idea teorica, di fatto le necessità pratiche della vita quotidiana stanno da
tutt’altra parte. Inoltre ci si trova sempre in un regime di precarietà e
transitorietà, persino con i Governi che hanno una solida base parlamentare. Si
va avanti per toppe e rammendature, il disegno generale è presto perduto, se
mai ce n’è uno, e al prossimo soffio di vento la bandiera, e i voti,
cambieranno orientamento di nuovo.
La
valutazione è un tema basilare nel lavoro degli insegnanti, necessiterebbe di
una riflessione lunga, diffusa, aperta a tutte le componenti che girano intorno
alla scuola; farla con un emendamento del Governo e un’ordinanza ministeriale
significa non avere la volontà né di capirci né di far capire niente a nessuno.
IlSussidiario
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