L'ARTE DEL PRENDERSI CURA
- di Italo Fiorin
Il
(nostro) presidente Mattarella, ieri, a Trento, nominata città capitale europea
del volontariato, ha detto: « Il volontariato esprime una visione del mondo.
Quella della indivisibilità della condizione umana. Il famoso I care, mi
riguarda, fatto proprio da don Milani e da Martin Luther King. Una visione che
pone in primo piano la persona, l’integralità della sua vita, il suo pieno
diritto a essere parte attiva della comunità».
L’Italia
vanta una presenza larga, diffusa, di un volontariato silenzioso e
concreto, persone di ogni età e condizione sociale che si prendono cura degli
altri, dell’ambiente, delle istituzioni. E’ questa la grande risorsa del nostro
Paese, senza la quale saremmo più poveri, soprattutto di umanità.
Chi è il
‘volontario’? Chi fa qualcosa di buono per gli altri non perché obbligato, lo
fa gratuitamente, trovando la ricompensa in quello che fa. Potremmo dire,
paradossalmente, che il volontario si prende cura, prima di tutto, di se
stesso, non in termini utilitaristici o narcisistici, non per ambizione, non
per calcolo o per tornaconto, non per avere, ma per essere di più (ser mais,
diceva P. Freire).
Se il
volontariato e’ un atto di libera scelta, e’ però un bene prezioso che va
coltivato. E si comincia da subito, con i bambini in famiglia, con gli studenti
a scuola. Non esiste una materia scolastica chiamata ‘cultura della cura’, ma
questo è l’insegnamento più importante, che non richiede risorse, non è
certificato dai voti, ma fa la differenza.
E, come
ricorda sempre il Presidente Mattarella: «la “cultura della cura” deve tradursi
anche in “cura della Repubblica” e “cura dell’Europa”. La solidarietà genera
speranza. E solidarietà e speranza sono strettamente connesse con l’idea di
pace, gravemente tradita. Le azioni dei volontari ci parlano di pace. Il mondo
si cambia anche partendo dai piccoli passi che riempiono il nostro quotidiano.
È una responsabilità che riguarda ciascuno ».
NTE DELLA REPUBBLICA
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