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mercoledì 24 luglio 2024

TEMPO DI VACANZA


 "Il tempo delle vacanze: perché dobbiamo imparare a riposare"

        

  

-        - di ENZO BIANCHI

 

Siamo ormai nel tempo delle vacanze, un tempo vuoto che dobbiamo riempire, un tempo alternativo a quello quotidiano che viviamo e dal quale prendiamo le distanze interrompendolo.

 Di fatto, la nostra cultura è ispirata dalle prime pagine del Grande Codice, laBibbia, che dichiara che Dio per creare il mondo ha lavorato sei giorni, dalla creazione della luce alla creazione del terrestre, l’Adam, ma il settimo giorno ha riposato, ha fatto shabbat.

Anche per noi, come per Dio, l’azione non è conclusa se non interrompendola per prenderne le distanze, contemplarla e giudicarla.

 Vacanze, dal latino vacare, significa certamente far niente, ma un far niente per dedicarsi a fare qualcosa. Nel nostro caso, a far cosa? A riposare. Questa dovrebbe essere la vera attività delle vacanze, perché gli umani hanno bisogno di distanziarsi dalla loro azione, devono ritemprare le forze, prendere consapevolezza di quel che sono e di ciò che fanno.

Ma riposarsi non è, in realtà, facile, e questo lo sappiamo tutti: siamo sedotti dall’attivismo, siamo preda del lavoro, siamo assorbiti da un vortice di impegni che crediamo urgenti e che ci impediscono il “lasciare la presa”, anche momentaneo. Purtroppo, ognuno di noi si presenta agli altri per quello che fa e non per quello che è, così quando uno fa niente è assalito dall’angoscia: chi sono io?

 Fare niente per molti è uno sforzo, una fatica e addirittura un vortice di angoscia quando si ritrovano nella solitudine e nel silenzio. È ciò che Pascal nei pensieri giudica essere il più grande male nella vita di una persona. Ma questo riposo, questo far niente può essere in realtà la condizione nella quale si diventa di più sé stessi: un cammino di umanizzazione.

 Il riposo dunque lo si impara. Per crescere in umanità occorre conoscere sé stessi, imparare a discernere quella voce che abita ogni umano nelle profondità del suo cuore: è una voce reale anche spesso avvolta dal silenzio, ma è una voce che è presente, ed è la voce che appartiene all’umanità.

 Alcuni la chiamano voce di Dio, altri voce dell’autentica vocazione umana, poco importa, quella voce c’è e va ascoltata. Il catalogo delle virtù del nostro mondo sembra tener conto del lavoro, dell’azione, ma dimentica che le posture per raggiungere risultati umani sono la contemplazione, il raccoglimento, il silenzio e il pensare.

 Sono queste che permettono agli umani di accumulare l’energia e la verità di cui l’azione necessita.

 Cerchiamo di essere occupati attraverso il riposo, ma vivendo il riposo, ascoltando il silenzio, contemplando la natura, imparando a conoscere il vento e a distinguere il canto degli uccelli.

 Alberto Moravia in una luminosa raccolta di saggi L’uomo come fine del 1964 affermava che per “ritrovare un’idea dell’uomo, ossia una vera fonte di energia, bisogna che gli uomini ritrovino il posto della contemplazione”. Dunque, vacare, dolce far niente, riposarsi per umanizzarci di più.

 Alzogliocchiversoilcielo

 

 

 

martedì 4 giugno 2024

IL SETTIMO GIORNO

  

"Dio benedisse 

il settimo giorno

 e lo consacrò"


-         di Marinella Perroni*

 

Siamo sempre stati convinti, forse, che le parole con cui si conclude il primo racconto della creazione contenuto nel libro della Genesi parlino del riposo di Dio: «Dio, nel settimo giorno, portò a compimento il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro che aveva fatto. Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli aveva fatto creando» (2,2-3). La logica c’è: dopo la fatica, viene il giusto riposo. Un diritto anche per Dio stesso.

 In fondo, nelle nostre società occidentali l’alternanza lavoro-riposo, che riflette in ambito sociale quella biologica veglia-sonno, è ritenuta, oltre che una necessità, un diritto e su questo sfondo va capita la discussione mai sopita sull’apertura dei supermercati il Primo Maggio oppure sulle ferie retribuite. Non è del tutto giusto, invece, quando in questa discussione si fa entrare anche la domenica. Il “giorno del Signore”, infatti, non dovrebbe essere omologabile ad altre feste civili perché ha un significato ben diverso da quello che viene dato ai giorni di riposo dall’organizzazione sociale o dall’etica del lavoro. È vero che la scansione del calendario lavorativo riproduce di fatto un compromesso tra ricorrenze civili e festività religiose proprie della tradizione di maggioranza del gruppo umano a cui si riferisce. Questo spiega, evidentemente, perché in Italia il giorno di riposo sia quello cristiano e non il venerdì islamico o il sabato ebraico. Dice anche però che, inevitabilmente, man mano che le nostre società divengono sempre più multiculturali e multireligiose anche la convenzione di cui è espressione il calendario ha bisogno di essere ripensata.

Il testo di Genesi, comunque, non vuole tanto legittimare, prendendo esempio addirittura dal riposo di Dio, una scansione del tempo in sette giorni di cui sei siano di lavoro e uno di riposo. Il racconto non dice soltanto infatti che Dio il settimo giorno si riposò da ogni lavoro che aveva fatto creando, ma afferma con forza che quel giorno, il settimo, Dio lo benedisse e lo consacrò. Sta qui, in questi due verbi, tutto il significato del testo. Si tratta di un vocabolario a forte coloritura liturgica: Dio vuole che un giorno sia qualitativamente diverso dagli altri sei e lo “consacra”, cioè, lo riserva per sé, ne fa una realtà che gli appartiene. Tutto il resto della creazione, dagli astri agli animali agli umani, ogni cosa vive secondo — potremmo dire — le regole specifiche della propria “specie”: le acque devono essere separate, il sopra e il sotto non possono essere confusi, tra animali e umani la possibilità di comunicazione non è né assoluta né totale, solo i due principi fisiologici del maschile e del femminile consentono la procreazione e, con essa, la sopravvivenza della specie. La capacità creativa di Dio sta nel rivelare quale sia la garanzia che il caos non riprenda il sopravvento: l’umano individuale e collettivo è a somiglianza di un Dio che è capace di dare dei limiti perfino alla sua stessa potenza creativa e il pieno senso teologico del sabato sta allora nel rivelare che la pienezza della potenza sta proprio nella sospensione della propria capacità di potenza.

Dopo il tempo dell’Esodo Israele tradurrà il senso profondo della santificazione del sabato nell’osservanza di un comando: «Ricordati del giorno del sabato per santificarlo. Sei giorni lavorerai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: non farai alcun lavoro, né tu né tuo figlio né tua figlia, né il tuo schiavo né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te. Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il settimo giorno. Perciò il Signore ha benedetto il giorno del sabato e lo ha consacrato» (Esodo 20,8-11).

Ci deve far riflettere: il riposo dal lavoro è un diritto, la santificazione di un giorno per Dio è un comando. Forse la crisi profonda della precettistica domenicale, che pretendeva di consacrare il giorno del Signore con una messa forzata, si rivelerà una benedizione. Non sarà facile uscirne, certo, perché richiede di ritrovare il senso profondo di un rapporto con tutta la realtà del mondo che passa attraverso la forza creativa di Dio. Una forza che ci insegna, potremmo dire parafrasando il libro biblico del Qoelet, che: «C’è un tempo per fare e un tempo per astenersi dal fare» (3,1-11), forse cominceremmo.

 *Biblista

 L'Osservatore Romano inserto Donne Chiesa Mondo giugno 2024


 

 

martedì 18 luglio 2023

TEMPO DI VACANZA


  -di ENZO BIANCHI

 

Per molti è arrivato il tempo delle vacanze, il tempo per vacare, verbo latino che rimanda a un vuoto, una sospensione e una distanza dal “fare” quotidiano in vista di una maggiore libertà.

Vacare è dunque “fare niente”, darsi del tempo per non fare quello che si fa sempre, e quindi vivere godendo di essere al mondo, di assaporare l’istante. Durante tutto l’anno si lavora, si agisce, si fa, ma ecco il tempo per fare niente, cosa molto più facile a dirsi che a viversi.

L’esercizio di interrompere il lavoro per passare al riposo non risulta facile, soprattutto per chi ha una certa età. Lo sappiamo bene: ci sono uomini e donne che non riescono a “fare niente”, a fermarsi, a prendere le distanze dal loro operare. E lo si vede spesso in quanti partono per le vacanze e giunti al luogo in cui dovrebbero “dimorare” sono presi dalla frenesia di programmare, di stabilire cose da fare al mattino, a mezzogiorno, alla sera. Aveva ragione Guigo il certosino quando sentenziava: “È molto più faticoso fare niente che lavorare!”.

Eppure “fare niente” è importante per vedere e non solo guardare, per ascoltare e non solo sentire. Il “fare niente” è un’arte che permette non solo di riposare, ma di vivere in modo più consapevole e acquisire la sapienza. Nell’esperienza monastica il fare niente in cella o passeggiando nella natura dà anche la possibilità di impegnarsi in un viaggio interiore andando verso se stessi per conoscersi in profondità e quindi attraverso una vera lotta spirituale discernere le pulsioni che ci abitano, ordinarle spegnendo quelle malvagie dalle quali nessuno è esente. Dunque è un far niente di esteriore, di visibile, che in realtà è un lavorare per un incontro con noi stessi. 

Questa operazione non è spontanea, non è facile, è faticosa, ma soprattutto può avvenire solo se non si è inebriati nell’attivismo, se non si è distratti dall’azione, dal lavoro, dagli impegni… È nel fare niente, che non è semplicemente “il dolce far niente”, che si trova lo spazio per aprire questo cammino interiore. Dovremmo essere più attenti alla sapienza latina, come quella di Scipione Africano il quale affermava che “mai era meno attivo di quando stava in ritiro senza far nulla al mattino”. E non dimentichiamo il maestro Seneca, che teorizzava che “coloro che non sono attivi in realtà compiono grandi azioni”. 

Perciò le vacanze sono un tempo beato, ma a condizione che sappiamo viverle vacando: riposando, ma dando ai nostri silenzi l’occasione di essere illuminati affinché nelle relazioni con gli altri, nei nostri legami feriali possiamo essere persone sempre più umane. Solo nel vacare noi possiamo constatare che “ogni creatura ha una voce”, come dice l’apostolo Paolo e che da ogni creatura possiamo trarre insegnamento. Attraversando pinete in montagna, o seduti su una spiaggia del mare, noi possiamo ascoltare il mondo, ma anche gli insegnamenti che vengono da questi nostri coinquilini del pianeta. Fare vacanza e fare niente è una preziosa occasione per la nostra umanizzazione e la nostra comunione con madre terra.

 

Alzogliocchiversoilcielo



giovedì 22 luglio 2021

IN VACANZA CON DIO IN VALIGIA

Nel documento dei presuli d’Oltralpe l’invito a dare tempo alla carità e a evitare pretesti per saltare la Messa. L’importanza di contemplare la bellezza. L’ultimo messaggio di don Hamel, il parroco ucciso cinque anni fa da due jihadisti Durante il periodo di pausa dalle attività consuete «non basta rimanere cristiani ma si deve suscitare la fede negli altri». Fare molta attenzione all’egoismo «camuffato da relax»

Dai vescovi francesi il “Decalogo del cristiano in vacanza” per evitare di mandare in ferie anche la fede. Tra i consigli quello di portare con sé una piccola Bibbia e il Rosario evitando i luoghi «senza il Signore»

-         di RICCARDO MACCIONI

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Siamo frenetici, agitati, di corsa. La nostra vita è così “elettrica” che giochiamo con il vocabolario dell’energia anche per parlare di riposo. «Ho le batterie a terra», «devo staccare la spina», «mi prendo qualche giorno, giusto per ricaricare le batterie». Nelle immagini che definiscono le vacanze c’è tutto il nostro bisogno di una pausa, di aria pulita per riossigenare il corpo e lo spirito, di una scossa capace di garantire la giusta riserva di freschezza per i mesi a venire. L’importante è decidere il serbatoio giusto cui attingere, trovare un distributore aperto, avere la lucidità necessaria per non sbagliare caricatore. Domenica scorsa all’Angelus il Papa è stato chiaro: l’estate è il tempo giusto per una buona «ecologia del cuore che si compone di riposo, contemplazione e compassione». Un’immagine, quella del rinnovarsi dentro, che risuona chiara e commovente nelle parole di Jacques Hamel, l’anziano sacerdote francese assassinato da due estremisti islamici nella chiesa di Saint-Étienne-du-Rouvray. Nel suo ultimo messaggio ai parrocchiani pochi giorni prima di quel terribile 26 luglio 2016 in cui fu ucciso, il “don” si augurava che in vacanza si riuscisse a «sentire l’invito di Dio a prendersi cura di questo mondo» per renderlo «là dove viviamo, più caloroso, più umano, più fraterno». L’estate, dunque, come «un tempo di incontro con familiari e amici», come un momento per prendersi il tempo di vivere qualcosa insieme, «per essere attenti agli altri, chiunque essi siano. Un tempo di condivisione».

Perché sono tanti i modi di spendere le ferie. Le vacanze possono essere una palestra a cielo aperto per rafforzare il fisico, l’occasione per viaggiare, un’oasi di relax e di lettura, un modo per dimenticare o almeno provare a farlo, ciò che ci opprime e ci fa star male. Con, “allegato”, un rischio, quello di relegare in soffitta o spingere in fondo all’archivio della memoria, tutto quanto richiede impegno. E qualche volta fatica. Non caso i vescovi francesi, nel documento preparato in vista dell’estate 2021 mettono in guardia dal pericolo di mandare in ferie anche Dio. Nel “Decalogo del cristiano in vacanza” i presuli transalpini so- no espliciti: in estate «siamo meno cristiani, a volta non lo siamo affatto». Può capitare allora che si viva la festa dimenticando il festeggiato, come nelle domeniche in cui non si va a Messa.

Succede quando la religione rappresenta un vincolo e non, come dovrebbe, una via di crescita personale e comunitaria, una strada, (anche) per la piena realizzazione umana, che necessariamente passa dall’incontro con l’altro, dall’ascolto di chi incontriamo sul nostro cammino. Non a caso i vescovi francesi nel loro Decalogo (consultabile sul sito eglise.catholique.fr/actualites ) mettono al primo posto l’esigenza di dare “tempo alla carità”, in qualche modo di programmare la condivisione, evitando che le vacanze siano una forma di egoismo «camuffato da relax».

Ma nel documento c’è anche molto altro. Ad esempio, il secondo consiglio, parlare di comandamenti è francamente troppo, è un invito a “mettere Dio in valigia”, cioè avere sotto mano «una piccola Bibbia, la vita di un santo, magari un breve trattato di teologia». E poi aggiungere un segno della nostra fede utile alla preghiera, tipo la coroncina di Rosario, un’icona, una croce. Sembra di sentire papa Francesco e il suo invito, ripetuto tante volte, di avere sempre a portata di mano un Vangelo, in tasca o nella borsa, così da poterlo leggere durante il giorno. In questo modo sarà più facile camminare “sulla strada della fede”, la regola numero tre, che consiste nell’avere Dio nel cuore in ogni momento del proprio viaggio. Una condizione, un legame che comporta di evitare il più possibile “i luoghi senza Dio”, quarta voce del Decalogo, vale a dire le «situazioni che danneggiano il nostro rapporto con il Signore e con gli altri». Al contrario invece le vacanze andrebbero vissute come «una lunga domenica» con momenti da dedicare soltanto a Dio, in una specie di anticipazione del riposo eterno dove, si spera, saremo al Suo cospetto. Ne deriva ovviamente, e siamo al sesto punto, l’importanza di “non perdere la Messa”, evitando il ricorso a scuse banali per saltarla, tipo il rischio di perdere il treno o l’essere in posti privi di chiese. «Sono pretesti», denunciano i vescovi francesi. E se la preghiera fa parte del nostro bagaglio di vacanzieri, se l’Eucaristia domenicale viene vissuta bene, risulterà più facile rispettare gli altri punti del Decalogo. Come “contemplare” la bellezza, senza la quale la vita diventa più amara ed arida. Si tratta cioè, ed è un obbligo piacevole, di non perdere il contatto con il bello che si trova negli altri esseri umani, nell’arte. E, ovviamente, nella natura, secondo l’antico detto francese: «Dio è solo in campagna». Così, con gli occhi illuminati dai segni

del divino, sarà più facile testimoniare Gesù, visto che in vacanza «non ci si deve limitare a rimanere cristiani ma bisogna suscitare le fede negli altri» secondo la regola per cui la Chiesa cresce per attrazione. E si concretizza, regola numero nove, nel mettersi al servizio, condizione che, a pensarci bene, sovverte un po’ la filosofia delle ferie, quando ci piace che siano gli altri a soddisfare le nostre esigenze. Ma questo cambiamento di prospettiva non comporta affatto tristezza, anzi se l’estate è un prolungamento virtuoso del cammino percorso durante l’anno, se il riposo diventa occasione di autentica ricarica spirituale, tutto confluirà nella festa, nel “gioire”, ultimo consiglio e in qualche modo obiettivo dal Decalogo transalpino. «Il cristiano si rallegra di tutto – scrivono i vescovi francesi – perché la sua gioia è innanzitutto in Dio. Lontano dall’ideale mondano dell’ozio pigro e disumanizzante secerne gioia come Dio dona la sua grazia, nella verità e nella gratuità del dono di sé» E al suo ritorno dal periodo di relax, più ancora che mostrare orgoglioso le foto scattate durante il viaggio, il cristiano «darà testimonianza di un cuore più felice» perché ha «portato Dio in vacanza con sé». Non presenza ingombrante ma luce lungo la strada, significato e insieme punto d’arrivo dell’eterno vagabondare dell’uomo. Non solo in estate ma anche nei giorni più freddi. Da soli o in compagnia. Sempre.

 

www.avvenire.it

 

 

domenica 18 luglio 2021

ECOLOGIA DEL CUORE


“Gesù ci dà un insegnamento prezioso (Mc.6,30-34). Anche se gioisce nel vedere i suoi discepoli felici per i prodigi della predicazione, non si dilunga in complimenti e domande, ma si preoccupa della loro stanchezza fisica e interiore. E perché fa questo? Perché li vuole mettere in guardia da un pericolo, che è sempre in agguato anche per noi: il pericolo di lasciarsi prendere dalla frenesia del fare, cadere nella trappola dell’attivismo, dove la cosa più importante sono i risultati che otteniamo e il sentirci protagonisti assoluti. Quante volte accade anche nella Chiesa: siamo indaffarati, corriamo, pensiamo che tutto dipenda da noi e, alla fine, rischiamo di trascurare Gesù e torniamo sempre noi al centro. Per questo Egli invita i suoi a riposare un po’ in disparte, con Lui. Non è solo riposo fisico, è anche riposo del cuore. Perché non basta “staccare la spina”, occorre riposare davvero. E come si fa questo? Per farlo, bisogna ritornare al cuore delle cose: fermarsi, stare in silenzio, pregare, per non passare dalle corse del lavoro alle corse delle ferie. Gesù non si sottraeva ai bisogni della folla, ma ogni giorno, prima di ogni cosa, si ritirava in preghiera, in silenzio, nell’intimità con il Padre. Il suo tenero invito – riposatevi un po’ – dovrebbe accompagnarci: guardiamoci, fratelli e sorelle, dall’efficientismo, fermiamo la corsa frenetica che detta le nostre agende. Impariamo a sostare, a spegnere il telefonino, a contemplare la natura, a rigenerarci nel dialogo con Dio.

Tuttavia, il Vangelo narra che Gesù e i discepoli non possono riposare come vorrebbero. La gente li trova e accorre da ogni parte. A quel punto il Signore si muove a compassione. Ecco il secondo aspetto: la compassione, che è lo stile di Dio. Lo stile di Dio è vicinanza, compassione e tenerezza. Quante volte nel Vangelo, nella Bibbia, troviamo questa frase: “Ebbe compassione”. Commosso, Gesù si dedica alla gente e riprende a insegnare (cfr vv. 33-34). Sembra una contraddizione, ma in realtà non lo è. Infatti, solo il cuore che non si fa rapire dalla fretta è capace di commuoversi, cioè di non lasciarsi prendere da sé stesso e dalle cose da fare e di accorgersi degli altri, delle loro ferite, dei loro bisogni. La compassione nasce dalla contemplazione. Se impariamo a riposare davvero, diventiamo capaci di compassione vera; se coltiviamo uno sguardo contemplativo, porteremo avanti le nostre attività senza l’atteggiamento rapace di chi vuole possedere e consumare tutto; se restiamo in contatto con il Signore e non anestetizziamo la parte più profonda di noi, le cose da fare non avranno il potere di toglierci il fiato e di divorarci. Abbiamo bisogno di una “ecologia del cuore”, che si compone di riposo, contemplazione e compassione. Approfittiamo del tempo estivo per questo!

Papa Francesco, Angelus, 18 luglio 2021 

www.vatican.va


martedì 9 marzo 2021

I RAGAZZI HANNO DIRITTO AL SONNO. LE RESPONSABILITA' DEI GENITORI


 I bambini e gli adolescenti 

dormono troppo poco. 

Niente Tv e smarthphone a letto. 

Le linee guida per garantire le ore di sonno “giuste”

 

di Marilynn Larkin


Negli Usa insonne fino a un adolescente su quattro e un bambino su tre. Nel primo anno di vita sarebbe bene che i bambini dormissero tra le 12 e le 16 ore. Da uno a due anni tra le 11 e le 14 ore. Per arrivare a una media corretta tra le 8 e le 10 ore tra i 13 e i 18 anni. Tutti i consigli degli esperti. E in Italia? 

Per il presidente dei pediatri italiani Giampietro Chiamenti queste linee guida servono anche a noi

LE LINEE GUIDA.

Gli esperti dell’American Academy of Sleep Medicine (SAMA) hanno aggiornato le linee guida sulle raccomandazioni per il sonno di bambini e adolescenti. Stuart F. Chan del Brigham and Women Hospital, di Boston, coautore delle nuove linee guida ha tenuto a puntualizzare che i bambini e gli adolescenti generalmente dormono troppo poco, a scapito di un corretto sviluppo di memoria e apprendimento

In particolare almeno il 25% dei ragazzi di 12 anni dorme meno delle nove ore di sonno notturne raccomandate.

Le nuove linee guida si basano su una valutazione più rigorosa della letteratura scientifica rispetto a quelle del passato. “La gamma di ore di sonno consigliate per ciascuna classe di età è più ampia rispetto al passato”, aggiunge Chan.

 Ore di sonno raccomandate

Ecco in sintesi quante ore bambini e adolescenti dovrebbero dormire regolarmente nell’arco di 24 ore, per una salute ottimale:

– Bambini dai 4 mesi a 1 anno di età: 12-16 ore, compresi i sonnellini;

– Bambini da 1 a 2 anni: 11-14 ore, compresi i sonnellini;

– Bambini da 3 a 5 anni: 10-13 ore, compresi i sonnellini;

– Bambini da 6 a 12 anni: 9-12 ore;

– Adolescenti 13-18 anni: 8-10 ore.

Chan ha sottolineato che i disturbi del sonno che non consentono di mantenere questi ritmi di sonno regolari sono causa di gravi problemi di salute. Per esempio, ha detto, “l’apnea del sonno è associata a uno scarso rendimento scolastico, problemi di comportamento e sbalzi di umore, a una diagnosi errata di ADHD e, nelle situazioni gravi, a problemi cardiaci”.

L’insonnia, che colpisce fino a uno su quattro adolescenti e uno su tre  bambini in età prescolare, è associata a “scarso rendimento scolastico, aumento dei problemi di salute e disordini dell’umore, con rischio di autolesionismo e di ideazione suicidaria”, ha aggiunto Chan. Inoltre, l’insonnia è associata ad un aumentato rischio di sviluppare un nuovo problema medico e all’uso di un nuovo farmaco psichiatrico. La sfida più grande è fare in modo che il bambino trascorra a letto un tempo sufficiente per la salute. “Spesso, un bambino o un adolescente tende ad andare a letto tardi e ad essere svegliato troppo presto. Le cause sono molteplici, ma ruotano intorno a dinamiche familiari, questioni sociali e, nel caso dei ragazzi, agli orari di inizio della scuola”.

Per aumentare la qualità del sonno. Ecco qualche semplice regola per i genitori per migliorare la qualità del sonno dei loro figli:

– Non permettere TV, telefoni cellulari, tablet o altri dispositivi elettronici in camera da letto; questi dispositivi emettono una luce che ritarda l’addormentamento.

– Evitare di programmare attività sociale ed extrascolastiche troppo impegnative.
– Limitare le attività impegnative nelle ore prima di coricarsi.

– Cercare di mantenere gli stessi orari regolari di sonno dei giorni feriali nel fine settimana e durante le vacanze scolastiche.

Queste nuove linee guida, in conclusione, sono state stilate perché i genitori possano avere un riferimento sicuro per la salute futura dei loro figli e perché possano osservare con attenzione se vi sono alterazioni del sonno, così da poter intervenire se necessario.
 
Fonte: American Academy of Sleep Medicine 2016 - Marilynn Larkin

(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)

 

Approfondimenti:

 I ragazzi italiani dormono poco; colpa delle cattive abitudini

 I pediatri italiani: “Linee guida americane utili anche per noi. Il sonno è essenziale per lo sviluppo mentale dei bambino”di Ester Marago'


Allegati:

  Le linee guida

 

martedì 25 gennaio 2011

LA VIRTU' DEL SAPERE OZIARE

“Il lavoro nobilita l’uomo, rendendolo libero”. E’ questa la vera rivoluzione che la regola di San Benedetto, Ora et labora, mise in atto sovvertendo l’antica e scontata differenza classista tra otium e negotium. Quando il primo era prerogativa della nobiltà e il secondo dannato e amaro destino per gli umili o schiavi. Una rivoluzione dal respiro lungo, che ha accompagnato nel corso dei secoli la riscoperta dell’otium quale attività nobile del pensiero, nella contemplazione della verità, delle arti e della bellezza in genere. Rendendo primaria, già nel XV secolo, la necessità a praticarlo e coltivarlo. E che oggi fa dire al professor Stefano Zamagni, docente di Economia Politica all’Università di Bologna, presidente dell’Agenzia nazionale per le Onlus, nonché consulente economico di Benedetto XVI: “Che i tempi sono maturi per vivere il negotium in funzione dell’otium“. In pratica, vivere l’otium come il fine e il negotium come lo strumento per perseguirlo....

Leggi: Le virtù dell'economia dell'ozio

Come educare noi stessi e i nostri alunni al sano ozio?