Più
famiglia
e
formazione dei docenti
Le
ricette della Fondazione Agnelli
per la scuola
Il direttore della
Fondazione Agnelli analizza dati alla mano le difficoltà strutturali
dell’istruzione italiana e formula una serie di proposte per superarle
-
di PAOLO FERRARIO
-
Studenti che, in percentuale sempre
maggiore, non raggiungono livelli di apprendimento 'accettabili', insegnanti
malpagati e non adeguatamente formati (e motivati), famiglie ancora poco
coinvolte e partecipi della vita di quella che, comunque la si pensi, rimane
«uno degli architravi della nostra collettività», «al cuore di ogni possibile
forma di sviluppo e benessere individuale e collettivo». Eppure, scrive Andrea
Gavosto in La scuola
bloccata (Editori Laterza, pagine 192, euro 15,00), «siamo di fronte al
rischio di un fallimento senza appello della scuola italiana».
Da
economista, il direttore della Fondazione Agnelli di Torino si affida
all’inappellabilità dei numeri per descrivere «le fragilità del nostro sistema
educativo» indicando, nel contempo, anche «le possibili misure per porvi
rimedio». Ecco, dunque, i 'numeri' che raccontano il 'ritardo' della scuola
italiana. Il nostro Paese investe in istruzione, in media, il 3,8% del Pil
rispetto al 4,5% dei Paesi avanzati. Un rapporto che il Piano nazionale di
ripresa e resilienza vuole invertire, attraverso i 20 miliardi, un
decimo del totale, destinati all’istruzione. Una seconda area di ritardo
riguarda i risultati scolastici. Un dato per tutti: il 13% degli studenti non
termina la scuola superiore. E anche chi consegue il diploma di maturità, non
raggiunge «un livello accettabile di apprendimenti». Le ultime prove Invalsi,
documenta Gavosto, raccontano che uno studente su due non raggiunge i risultati
attesi in matematica (con punte del 70% in alcune regioni del Sud) e lo stesso
vale per l’italiano. Eppure, nemmeno l’evidenza dei dati ha convinto il
decisore politico a realizzare le riforme necessarie a migliorare il sistema.
Meglio, in tanti ci hanno provato ma con scarsi risultati. Secondo
Gavosto, questo è successo perché non c’è stato un adeguato coinvolgimento
di uno dei protagonisti principali del sistema scolastico: la
famiglia. «Alla luce dei fallimenti dei numerosi tentativi di riforma
– argomenta l’autore – solo se famiglie e opinione pubblica sono
pienamente informate dei risultati
della
singola scuola e dell’intero sistema si può
realizzare un miglioramento». Un cambio di passo che, a giudizio
di Gavosto, deve passare necessariamente da una revisione del sistema di
reclutamento e valorizzazione del corpo docente, che resta tra i peggio pagati
dell’Occidente. In questo senso, alcune delle proposte avanzate nel libro, si
ritrovano nella recente legge di riforma approvata dal governo e duramente
contestata da sindacati. Per esempio, la necessità che gli aspiranti docenti
seguano un «percorso universitario abilitante»» pari ad almeno 60 crediti,
superando, oltre al concorso, anche un anno di prova, con valutazione finale,
prima di prendere servizio. Per superare il «mismatch fra scuole e docenti»,
Gavosto rilancia poi l’idea della «chiamata diretta», già contenuta nella
“Buona scuola” del governo Renzi e affondata dalla protesta sindacale.
Il
vero punto di svolta insiste il direttore della Fondazione Agnelli, in grado di
'sbloccare' davvero la scuola italiana, passa però da un rinnovato protagonismo
delle famiglie. «Un legame più stretto tra scuola e famiglia – scrive Gavosto –
ha un significativo impatto positivo sui risultati scolastici, superiore a un
anno di scuola, soprattutto per gli studenti appartenenti a minoranze o
disabili. Una maggiore collaborazione – aggiunge l’autore – aiuta a creare una
vera 'comunità educante' intorno alla scuola, con effetti documentati sui
risultati scolastici».
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