- di Pasquale Moliterni*
Nel numero di novembre scorso abbiamo evidenziato come l’attività motoria rivesta un importante ruolo nel processo formativo degli alunni. Sin dalla nascita è attraverso i movimenti (sguardi, sorrisi, gesticolii, …) che i bambini interagiscono, sviluppando le prime modalità espressive. Ma, secondo alcuni studi, ciò avrebbe inizio già nel grembo materno, attraverso i movimenti percettibili degli arti e il cambiamento delle posizioni fetali.
È
grazie all’azione motoria che, progressivamente, si va prendendo coscienza del
proprio essere nel mondo e si producono, dunque, cognizioni, ovvero la capacità
di produrre e controllare processi cognitivi, cioè di organizzare il pensiero
in tutte le sue manifestazioni senso-motorie, coordinative, rappresentative,
formali e mnestiche. La conoscenza è, dunque, frutto di movimenti e
atteggiamenti guidati da schemi d’azione consapevoli, anche comunicativi e
linguistici, che innervano e sviluppano i processi di pensiero.
Sin
da bambino la persona esprime il suo essere-divenire umano attraverso la
corporeità e il movimento, struttura comportamenti, elabora metacognizioni in
ordine al proprio interagire con gli altri e con il mondo e manifesta atteggiamenti
valoriali e simbolico-culturali che sono alla base dei processi di inclusione
sociale e delle competenze di cittadinanza attiva. L’azione e l’intelligenza
motoria sono connaturate all’essere umano, sono primitive, originarie,
preesistenti e persistenti rispetto alla strutturazione progressiva delle altre
forme di intelligenza, compresa quella linguistica che ha i suoi prodromi nei
gorgheggi e nelle lallazioni.
La corporeità, il movimento, il
gioco, l’attività motoria - e poi quella sportiva - rivestono pertanto una
straordinaria importanza educativa e formativa per ogni essere umano, dalla
nascita fino alla esalazione dell’ultimo respiro. La vita è tale perché c’è
movimento.
Se è nelle azioni
e attraverso le azioni che l’essere umano si evolve, è evidente che dovremmo
promuovere e offrire a ogni bambino le più ampie opportunità di espressione
motoria. La scuola dovrebbe mettere al centro l’azione e non la ricezione
(Moliterni, 2009), il gioco e l’esplorazione per la scoperta e la comprensione della
realtà; più che luogo di esercizio addestrativo dovrebbe essere contesto attivo
e dinamico, capace di far fluire pensieri e azioni finalizzate alla produzione
di conoscenze e di impegno trasformativo, migliorativo e di valorizzazione del
mondo. Una scuola che voglia promuovere il successo formativo di ogni alunno,
nessuno escluso, dovrebbe porre nell’azione e nella “form-azione” (formare
all’azione) - più che nella sola ricezione e nel solo addestramento - la base
per lo sviluppo dei processi cognitivo-affettivi, relazionali e socio-civici.
Era
quanto richiesto già dai Programmi della scuola elementare del 1985 che, all’interno
del curricolo, assegnavano una grande rilevanza all’educazione motoria per lo
sviluppo di apprendimenti fisico-motori, fondamentali anche per altri ambiti disciplinari.
Tale
rilevanza permane nelle Indicazioni Nazionali del 2007 e in quelle del 2012 (che
reintroducono l’antica denominazione riduzionistica di “educazione fisica”) attraverso
l’indicazione di una serie di ipotesi e proposte che espandono la natura
poliedrica dell’attività motoria in direzione formativo-educativa,
allontanandola da quella tecnico-addestrativa dei programmi del 1870 e del 1911.
Se
è così, è evidente che:
1. - l’attività
motoria deve permeare l’attività scolastica - al di là di uno specifico ed
esiguo orario settimanale ad essa assegnato (a tal proposito va ricordato che i
decreti attuativi della legge 148 del 1990, assegnavano ad essa almeno due ore
settimanali per ogni classe) - per far sì
che tutte le attività curricolari valorizzino l’azione motoria, la corporeità e
il movimento quali fonti e modalità di
sviluppo di processi di apprendimento esperienziali e significativi per ogni
alunno, in particolare per chi si trova in difficoltà nello strutturare forme
di astrazione e simbolizzazione e necessita di un tirocinio guidato e di forme
di apprendistato cognitivo (learning by doing e mediazioni attive);
2. - sono
necessarie competenze professionali adeguate, soprattutto didattico-pedagogiche,
per tutti gli insegnanti.
Per
il primo punto, come già detto, si trovano significativi suggerimenti già nei
Programmi del 1985 per la scuola elementare/primaria (e nelle successive Indicazioni
Nazionali), ove è riscontrabile l’attenzione alla specificità disciplinare ma,
soprattutto, ai forti aspetti di trasversalità con gli altri saperi
curricolari, sia sul piano educativo (obiettivi-principi-valori accomunanti),
sia su quello didattico (interconnessioni tra i saperi), da valorizzare
attraverso opportune scelte didattiche e organizzative.
Per
quanto riguarda il secondo punto, relativo alle competenze degli insegnanti, la
situazione è molto meno semplice in ragione della notevole differenziazione del
percorso formativo degli insegnanti nel nostro Paese.
Proprio
per ovviare a ciò, la legge 341 del 1990 sancisce finalmente l’obbligo di una
formazione universitaria per tutti gli insegnanti di ogni ordine e grado.
A
fine anni ’90 vedono pertanto la luce i corsi di laurea in Scienze della Formazione
Primaria, per gli insegnanti della scuola dell’infanzia e primaria, con
l’acquisizione della laurea a ciclo unico, comprensivo di tirocinio da avviare
dal II anno, con 78 crediti formativi universitari (cfu) di scienze
dell’educazione, 135 cfu relativi alle varie discipline (matematica, fisica,
chimica, biologia, letteratura italiana, linguistica italiana, lingua inglese,
storia, geografia, arte, musica, letteratura per l’infanzia e 9 cfu per le attività motorie e sportive), 31 cfu per
l’accoglienza degli studenti in situazione di disabilità, 56 cfu per altre
attività, tra cui il tirocinio con 24 cfu.
Per
gli insegnanti delle scuole secondarie di I e II grado negli stessi anni
vengono attivate le Scuole di Specializzazione per l’Insegnamento nella
Secondaria (SSIS), con un percorso formativo di due anni, aggiuntivo alle
lauree ordinarie a ciclo unico, che prevede insegnamenti teorici, antropo-psico-pedagogico-didattici,
laboratori e tirocini, per lo sviluppo delle competenze specifiche della
professione docente.
Come
si vede, per gli insegnanti della scuola primaria si mira a sviluppare una
competenza diffusa in tutte le discipline: il modello di insegnante cui si continua a fare riferimento è quello del tuttologo, seppure universitarizzato (Moliterni, 2012); ma è proprio tale
modello che rischia di giustificare le posizioni di coloro che sostengono la necessità
di sostituire o quantomeno far affiancare all’insegnante di classe personale specialistico
in alcuni settori di insegnamento (attività motorie e sportive, musica…).
In
questa prospettiva si inserisce l’offerta del CONI al Ministero dell’Istruzione
di Progetti per attività ad hoc (Alfabetizzazione motoria, Scuola Attiva Kids) con
l’inserimento nella primaria di esperti (studenti magistrali o laureati nelle
scienze motorie) che intervengono in coprogettazione/gestione con l’insegnante
di classe.
Il
rischio è quello di una frammentazione del curricolo della scuola primaria, e di
una sua secondarizzazione, con inevitabile perdita di quella significatività
che deriva dallo sviluppo di percorsi integrati tra i saperi.
In
sostanza, quella motoria dovrebbe essere una competenza professionale degli
stessi insegnanti di classe (formati in maniera più approfondita per ambiti/aree
disciplinari, anziché sul tutto) da sviluppare in forma integrata nel curricolo,
considerato che essa concorre allo sviluppo psico-fisico dell’alunno, influendo
sui processi cognitivi, affettivi, relazionali e sociali, oltre ad essere
propedeutica ad altre attività didattiche e allo stesso sport. Non va
dimenticato, infatti, che lo sport è un’attività motoria molto formalizzata e
strutturata su regole condivise a livello internazionale e che esso sta
all’attività motoria così come la lingua (con il suo codice e il suo sistema
simbolico universale) sta al linguaggio, nelle sue molteplici modalità
espressive. In fondo lo sport è costituito da codici e regole ben determinate, così
come la lingua ha una sua grammatica e una sua sintassi, da scoprire
progressivamente nell’uso!
Lo
stesso Decreto MIUR n. 249 del 10.9.2010 ha ribadito l’unitarietà dell’azione docente, ancorché costituita da conoscenze e
competenze disciplinari, psico-pedagogiche, metodologico-didattiche,
organizzative e relazionali (oltre che linguistiche, digitali e didattiche per l’integrazione
degli alunni con disabilità), rimarcando la necessità per tutti i docenti di
una formazione universitaria quinquennale.
Per
la secondaria ciò deve essere assicurato nei successivi TFA annuali, che hanno preso
il posto delle SSIS, e nel successivo percorso di Formazione Iniziale e
Tirocinio (FIT) di durata triennale, con la previsione del riconoscimento di 24
cfu (DM n. 616 del 2017) relativi ad insegnamenti di antropologia, psicologia,
pedagogia, pedagogia speciale e didattica dell’inclusione, presenti nei vari
percorsi di laurea disciplinari, ma anche, in via transitoria, ad insegnamenti
di metodologie e tecnologie didattiche generali. Quest’ultimo dispositivo porterà gran parte
delle università aventi corsi di laurea in scienze motorie a riconoscere, tra i
24 cfu, insegnamenti che caratterizzano la proposta formativa più sul piano
tecnico-performativo che su quello formativo-educativo (ad esempio, Metodologie
dell’allenamento e Metodologie e didattica di singole discipline sportive).
Nonostante
tali limiti, per i laureati magistrali in scienze motorie il possesso dei 24
cfu diventa condizione imprescindibile per accedere al concorso di educazione
motoria per la scuola primaria come figura specialistica.
A
tal proposito è di notevole rilevanza il parere n. 6353 del Consiglio
Superiore della Pubblica Istruzione (CSPI) del 15.03.2022 che, tra l’altro,
evidenzia la mancata previsione nella prova scritta dello stesso concorso dell’accertamento
proprio di quelle conoscenze pedagogico-didattiche che caratterizzano il profilo
dell’insegnante di scuola primaria. Tale
organo rileva, inoltre, che, all’art. 4, comma 3, lett. a) del decreto
concorsuale, l’impostazione delle prove è più vicina ai concorsi già banditi
per la scuola secondaria di I e II grado, che nella prova scritta tendono ad
accertare le competenze disciplinari più che quelle didattiche; a ciò si
aggiunga l’assenza di riferimenti ai temi connessi all’inclusione scolastica.
Pertanto, prosegue il CSPI, i titoli per l’accesso ai ruoli del personale
docente relativi all'insegnamento dell'educazione motoria nella scuola primaria
risultano essere poco adeguati; il conseguimento dei 24 CFU nelle
discipline antropo-psico-pedagogiche e nelle metodologie e tecnologie
didattiche risulta insufficiente e comunque in tutta evidenza non comparabile
rispetto all’approfondimento riservato a tali tematiche nel percorso
universitario quinquennale di formazione dei docenti curriculari in scienze
della formazione primaria. I 24 cfu avrebbero avuto senso, infatti, in un
percorso formativo più ampio, come quello triennale di Formazione Iniziale e
Tirocinio (FIT), tuttora sospeso. Le discipline presenti nei corsi di laurea in
Scienze Motorie e Sportive, che consentono di accedere alle procedure
concorsuali abilitanti, non sono pertanto orientate all’acquisizione di
conoscenze e competenze metodologiche e didattiche generali (come esplicitato
dal DM 616) per l’insegnamento nella scuola primaria. Nel predetto parere si
evidenzia, ancora, che i laureati con i 24 cfu dovrebbero (ma vi sono serie
probabilità che non lo siano perché il DM 616 riguarda esclusivamente il
riconoscimento di cfu per l’accesso nella secondaria): essere in grado di
articolare i contenuti della disciplina in funzione dei diversi livelli scolastici
e dell’età dei bambini e dell’assolvimento dell’obbligo d’istruzione; possedere
capacità pedagogico-didattiche per gestire la progressione degli apprendimenti,
adeguando i tempi e le modalità al livello dei diversi alunni; possedere
capacità relazionali e gestionali in modo da rendere il lavoro di classe
fruttuoso per ciascun bambino, facilitando la convivenza di culture e religioni
diverse, sapendo costruire regole di vita comuni riguardanti il senso di
responsabilità, la solidarietà e il senso di giustizia. Pertanto, continua il
CSPI, le previsioni di cui all’art. 1, commi 329 e seguenti, della legge 30
dicembre 2021, n. 234, rischiano di indebolire l’impianto formativo della
scuola primaria, che richiede invece una visione globale del bambino e dei suoi
processi di sviluppo, da attuare attraverso una didattica interdisciplinare. Perdipiù,
l’inserimento di altri docenti dedicati specificamente all’insegnamento
dell’educazione motoria nelle classi produce inevitabilmente una frammentazione
del curricolo e dell’orario. D’altra parte, le Indicazioni Nazionali esprimono
chiaramente la necessità di evitare la deriva disciplinaristica ed è la ragione
per cui i Progetti MPI/CONI hanno sempre posto la responsabilità delle attività
svolte dagli esperti a carico degli insegnanti curricolari titolari, al fine di
garantire, nella pratica didattica, le necessarie interconnessioni con le altre
discipline, evitando una precoce secondarizzazione della scuola primaria ed una
frammentazione del suo curricolo formativo.
Alla
luce di ciò, considerato che il concorso per l’insegnamento di educazione motoria
nella scuola primaria sta andando avanti, sarà comunque opportuno che i
componenti delle commissioni concorsuali verifichino che gli aspiranti docenti posseggano
adeguate competenze formativo-educative e non solo tecnico-performative. Ne
hanno bisogno i bambini e ne ha bisogno il nostro Paese per veder innalzata in
forma generalizzata la qualità della didattica e della formazione nella scuola.
In
prospettiva, però, bisognerà irrobustire il numero dei cfu di Scienze Motorie,
Musica e Arte nel curricolo di Scienze della Formazione Primaria, vista la
rilevanza che tali insegnamenti hanno in forma anche pre-proto-disciplinare,
eliminando quelle criticità che alimentano proposte e richieste che aumentano i
rischi di secondarizzazione della scuola primaria.
Per
il superamento dei limiti insiti nei 24 cfu si è, invece, sulla buona
strada: la Proposta di legge di aprile 2022 (Riforma della formazione
iniziale e continua e reclutamento degli insegnanti- Novella al decreto
legislativo 13 aprile 2017, n. 59), in applicazione del PNRR (Piano
Nazionale di Ripresa e Resilienza), prevede per gli insegnanti di scuola
secondaria un percorso di formazione di 60 cfu nelle discipline pedagogiche,
dopo il conseguimento della laurea magistrale a ciclo unico.
Ma
questa è materia su cui si dovrà tornare.
*Prof. Ordinario di Didattica e Pedagogia Speciale, Università Roma Foro Italico
Riferimenti bibliografici:
Moliterni
P., (2009), Azione, non ricezione: un compito urgente. In Scuola Italiana Moderna, Brescia, La Scuola, 15/2009, pp.
37-40;
Moliterni P.
(2012), Le scienze motorie tra
trasversalità e specificità. In: Antonietti A., Triani P. (a cura di), Pensare e innovare l’educazione, Milano,
Vita e pensiero, pp. 229-236.
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