mercoledì 18 maggio 2022

SOCIETA' DEL RUMORE


 È NECESSARIO SAPERE ASCOLTARE

Domenica 29 la Giornata mondiale delle Comunicazioni, dal Messaggio del Papa un invito per tutti. Rivoltella: facciamo spazio agli altri.

 

Il tema del Messaggio del Papa per la 56esima Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali (domenica 29 maggio) è di particolare attualità: l’ascolto, la capacità di ascoltare. Per il settimo anno consecutivo l’editrice Scholé-Morcelliana di Brescia lo mette al cento di un volume, curato dall’Ufficio Comunicazioni sociali della Cei e dal Cremit, il Centro di Ricerca sull’Educazione ai Media, all’Innovazione e alla Tecnologia dell’Università Cattolica. La struttura è scandita in tre sezioni: la prima dedicata alla riproduzione del testo del Messaggio; la seconda costituita da una serie di commenti chiesti a testimoni significativi, portavoce di punti di vista differenti; la terza fatta di schede operative per l’uso pastorale e didattico del Messaggio nella scuola, al catechismo, nei contesti socio-educativi. L’idea all’origine della serie di volumi è la volontà di fornire ai contesti ecclesiali uno strumento che serva a valorizzare questa Giornata che giunge troppo tardi, quando l’anno pastorale volge ormai al termine. Ed è un peccato, perché i Messaggi sono molto belli, vanno in profondità e consentirebbero alle comunità di mettere a fuoco un tema, quello dei media e della comunicazione, che non si può non ritenere centrale nelle nostre vite e di conseguenza nel lavoro educativo.

Il volume di quest’anno – oltre ai commenti mio e di Vincenzo Corrado – ha chiesto spunti di riflessione alla filosofia (Salvatore Natoli e Giovanni Scarafile), alla poesia (Arnoldo Mosca Mondadori ed Erjugen Meta), alla spiritualità (Sabino Chialà), alle professioni della comunicazione (Paolo Ruffini e Valentina Alazraki), all’arte (come dimostra la bellissima copertina di Walter Capriotti, tratta da un disegno originale creato appositamente per l’occasione). Il risultato è un’analisi polifonica, ricca di spunti. Ne isoliamo alcuni.

Il punto di partenza, fenomenologico, è la difficoltà dell’ascolto in una società del rumore come la nostra. Il rumore è paura istintiva del vuoto (horror vacui), perché nel vuoto, nel silenzio, ci raggiungono le domande essenziali, quelle che contano, che chiedono di metterci in gioco uscendo dalla nostra zona di conforto. Il rumore è anche chiacchiera, un parlare di tutto, sempre, anche quando non si avrebbe nulla da dire. La chiacchiera, nel giornalismo, diventa responsabilità civica, perché non consente di appurare la verità e favorisce uno sguardo superficiale sulle cose quando non la spettacolarizzazione di tutto, anche della guerra, anche della sofferenza umana.

Passare dal rumore al silenzio – è un secondo spunto – significa lasciare spazio alla voce dell’altro. Seguendo soprattutto la riflessione di Levinas è possibile vedere come questa voce divenga appello e convochi la responsabilità di ciascuno. Essere responsabili non significa semplicemente disporre di una sensibilità etica; significa capire che l’appello dell’altro, in quel preciso momento, è rivolto a me e non ad altri e quindi, se non rispondo io, non risponderà nessuno. Essere capaci di ascolto significa uscire dal falso dialogo che in fondo ci fa comunicare in modo autoreferenziale solo con noi stessi (è il duologo di cui parla Kaplan, nel bel saggio cui il testo del Messaggio fa esplicito riferimento) e disporsi ad accogliere veramente l’appello dell’altro.

Se l’apertura all’altro è sincera, se l’ascolto è veramente tale, trasforma. L’ascolto trasforma chi lo pratica: vale nei momenti di difficoltà, nei periodi bui dell’esistenza (come nell’esperienza del carcere), vale nella vita di meditazione e di preghiera. L’ascolto che trasforma dà la forza di vivere il servizio. Capita nel laboratorio di liuteria della Casa dello Spirito e delle Arti dove il legname proveniente dalle imbarcazioni naufragate al largo di Lampedusa diviene simbolicamente strumenti che nell’intenzione

del progetto vogliono raggiungere tutte le orchestre del mondo. Capita meditando la Parola di Dio, quando ci si accorge che il nostro Dio è Parola, Parola che entra nel mondo, si fa carne, e chiede di essere ascoltata e riconosciuta.

Si può dire che queste siano le tappe di un piccolo itinerario educativo: dal rumore e dalla chiacchiera, all’ascolto dell’appello dell’altro, all’ascolto della Parola. Si comprende bene come l’esito non possa che essere una pedagogia dell’ascolto. Di essa meritano di essere evidenziati due momenti. Anzitutto l’ascolto di sé. Agostinianamente, « in interiore homine habitat verum ». Si tratta di trovare spazi per sostare in se stessi, per vincere la tendenza all’esposizione tipica della nostra società mediatizzata: non il fuori, ma il dentro è il luogo in cui attingere ciò che autentico. E poi l’ascolto del mondo e dell’altro. Che vuol dire un’attenzione ecologica a entrare in risonanza con gli altri e con le cose. La risonanza, il risuonare, l’essere accordati con il mondo e con gli altri, per il filosofo tedesco Hartmut Rosa sono i vissuti di chi sa rinunciare ad assecondare a tutti i costi la cultura dell’accelerazione che ci risucchia a ogni istante. Per entrare in risonanza occorre far cessare il rumore: solo nel silenzio si distinguono i suoni, solo il silenzio consente di ricominciare davvero ad ascoltare nel senso profondo del termine: ascoltare con il cuore.

 

*Ordinario di Didattica e Tecnologie dell’istruzione Direttore del Cremit Università Cattolica Milano

 

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MESSAGGIO PONTIFICIO



 

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