Inefficaci e autoritarie le scelte
del decreto legge 36/2022
Il decreto legge n. 36/2022 al
Capo VIII prevede, in particolare all’art.44, alcuni interventi del PNRR per la
Misura 4, che introducono rilevanti novità sulla questione formazione iniziale,
reclutamento e formazione continua del personale della scuola.
Sull’insieme di tali
questioni, decisive per la qualità del sistema di istruzione, il Governo ed il
Ministro non hanno ritenuto di avviare alcun confronto con le OO.SS e con le
associazioni professionali, smentendo clamorosamente gli impegni sottoscritti
nel “Patto per il lavoro” del maggio 2021.
FORMAZIONE INIZIALE
Abbandonate le SSIS (prima
sostituite da un corso-concorso mai realizzato, poi dal mercato dei 24 CFU),
oggi il decreto introduce un percorso di formazione iniziale per l’abilitazione
all’insegnamento nella scuola secondaria che prevede l’acquisizione di 60 CFU,
di cui 20 di tirocinio diretto e indiretto e un esame finale con una prova
scritta e una lezione simulata.
I CFU potranno essere
acquisiti durante tutto il percorso di laurea disciplinare in “centri” che
saranno “individuati” dalle Università. Il rischio che tutto ciò configuri di
fatto un nuovo mercato dei CFU è molto alto e va scongiurato.
La formazione alle competenze
per insegnare deve necessariamente prevedere una fase cogestita da università e
scuola per permettere a ogni studente di vivere e sperimentare attività di
tirocinio e di laboratori didattici, essenziali per apprendere i saperi e le
pratiche dell’insegnamento.
Non si riconosce ancora una
volta per la scuola secondaria, e la diversa possibile provenienza di tipologia
di laurea, la necessità di un percorso e un tempo unicamente dedicato all’abilitazione,
caratterizzato da una inevitabile flessibilità e personalizzazione pianificata
da un’azione di tutoraggio.
Si sceglie invece una logica
cumulativa di CFU, scelti à la carte, con evidente proliferazione del mercato
dei CFU on line, a partire dal primo anno di università, che compromette
radicalmente la possibilità di attivare un circolo virtuoso didattica-ricerca-didattica
e sviluppare nel futuro insegnante consapevolezza del compito, sperimentalità,
riflessività.
Non è questa la strada: la capacità di gestione di una classe (prendendosi cura di tutte le problematiche connesse all'apprendimento), l’attivazione di una pedagogia differenziata (per garantire il successo formativo di ognuno-a), la gestione del proprio ruolo nella complessità dell’organizzazione scolastica, non è il premio previsto una volta completato l’album dei crediti formativi.
RECLUTAMENTO
È sicuramente positiva la
previsione di concorsi annuali su base regionale e interregionale, ma
verificato in questi mesi il carico di nozionismo inutile e dequalificante di
una prova con test a risposta chiusa, riteniamo necessario passare immediatamente,
senza attendere il 2024 come invece previsto, ai quesiti a risposta aperta,
abbandonando i quesiti strutturati a risposta multipla.
FORMAZIONE IN SERVIZIO E SCUOLA DI ALTA FORMAZIONE
Il decreto introduce percorsi
triennali di formazione in servizio, facoltativi e incentivati se l’insegnante
a fine percorso riceve una valutazione positiva.
Il modello formativo proposto
è quello individuale, che riconduce ad una concezione oramai decisamente
superata dell’insegnamento.
La formazione continua deve
essere pensata e prospettata come interna e costitutiva del profilo
professionale e quindi essere pratica riconosciuta e valorizzata da tutti gli
insegnanti in servizio. I risultati della formazione (individuale ma in
percorsi e progetti collegiali) devono essere valutati in riferimento ai
processi di miglioramento dell’insegnamento/apprendimento nel contesto
scolastico.
La scuola deve essere riconosciuta come sede di ricerca, sperimentazione e aggiornamento come affermato da più di vent'anni dalla legge sull'autonomia.
Purtroppo, nessun riferimento viene fatto nel decreto alla necessità di percorsi che, a partire dai collegi dei docenti, dai dipartimenti disciplinari, dai consigli di classe, coinvolgano il mondo dell’Università e dell’Associazionismo professionale, gli unici in grado di sostenere nel tempo le comunità professionali per metterle in grado di promuovere un approccio socio-costruttivo, di ricerca, didattiche inclusive come richiesto negli stessi documenti ministeriali.
Sono certamente necessarie strutture funzionali che partano dalla dimensione della singola unità scolastica fino a quella nazionale, intersecando eventualmente centri territoriali di coordinamento. Ma questo livello nazionale deve essere il punto di arrivo delle esperienze di formazione territoriali, di loro validazione e diffusione, non il punto di partenza di una formazione gerarchizzata e centralizzata, come appare configurarsi la Scuola di Alta Formazione prevista dal decreto.
Infine, riteniamo che nessuna emergenza, può giustificare l’assunzione di un metodo verticistico e autoritario nel decidere il futuro della scuola.
La formazione e il reclutamento sono priorità strategiche per la Scuola e il Paese.
Con il nuovo sistema di
formazione iniziale e in servizio degli insegnanti si sta scegliendo quale sarà
il futuro della nostra Scuola e la qualità che il sistema di istruzione deve
assicurare alle nuove generazioni.
Decidere senza confrontarsi
con il mondo della scuola è un atto non solo autoritario, ma miope e
irresponsabile che contrasteremo con tutta la nostra determinazione.
16 maggio 2022 AIMC – CIDI – MCE – PROTEO FARE SAPERE
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