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di Guido Mocellin
Sui siti
delle testate e delle cronache locali dell'Emilia-Romagna e su quelli
specializzati sui temi educativi e dell'inclusione sociale la notizia della
morte del professor Andrea Canevaro, il 26 maggio, è ampiamente presente. Tutte
queste fonti sottolineano che Canevaro, 82 anni, docente emerito
dell'Università di Bologna, studioso di fama internazionale, è stato il padre
della pedagogia speciale, l'ambito di ricerca che si occupa dell'educazione di
persone in condizione di disabilità, e che il suo pensiero ha cresciuto e
plasmato, in numerosi decenni, generazioni di insegnanti. Un vero e proprio
maestro in campo pedagogico: l'integrazione scolastica si deve in gran parte
alle sue ricerche e al suo impegno. Soffermandosi sugli accenti più personali
di questi articoli, si fa fatica a dubitare di una sua originaria ispirazione
cristiana.
Ad esempio, su "Vita" ( bit.ly/3lSJe6w )
Patrizia Ceccarani dice che «il suo approccio scientifico non si esauriva nella
raccolta di dati o di aspetti tecnici: ha sempre messo la persona al centro,
anche quando questa espressione non si usava». In una recentissima intervista a
"Orizzontescuola" ( bit.ly/3lUNrX2 )
affermava, riferendosi ai dirigenti scolastici, che dovrebbero essere dei
cercatori di tracce: «Occorre vedere negli altri quel valore che non abbiamo,
e, delicatamente ma decisamente, intrecciare i nostri rispettivi valori.
Intrecciare tracce».
Su
"Settimananews" ( bit.ly/3lQ18GQ ) José Jorge Chade scrive
che era un uomo come quello descritto da Primo Levi: «giusto, semplice, umano,
disponibile, flessibile», che «ha saputo raggiungere tutti, accompagnandoli nei
momenti difficili, supportandoli quando necessario senza sostituirsi a loro»; e
nella lista delle cose belle di lui per le quali lo ringrazia a nome di tutti
quelli che lo hanno conosciuto c'è anche posto per la fede.
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