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giovedì 19 maggio 2022

UNA SCUOLA BLOCCATA


Più famiglia 

formazione dei docenti


Le ricette della Fondazione Agnelli

per la scuola

Il direttore della Fondazione Agnelli analizza dati alla mano le difficoltà strutturali dell’istruzione italiana e formula una serie di proposte per superarle

 

Studenti che, in percentuale sempre maggiore, non raggiungono livelli di apprendimento 'accettabili', insegnanti malpagati e non adeguatamente formati (e motivati), famiglie ancora poco coinvolte e partecipi della vita di quella che, comunque la si pensi, rimane «uno degli architravi della nostra collettività», «al cuore di ogni possibile forma di sviluppo e benessere individuale e collettivo». Eppure, scrive Andrea Gavosto in La scuola bloccata (Editori Laterza, pagine 192, euro 15,00), «siamo di fronte al rischio di un fallimento senza appello della scuola italiana».

Da economista, il direttore della Fondazione Agnelli di Torino si affida all’inappellabilità dei numeri per descrivere «le fragilità del nostro sistema educativo» indicando, nel contempo, anche «le possibili misure per porvi rimedio». Ecco, dunque, i 'numeri' che raccontano il 'ritardo' della scuola italiana. Il nostro Paese investe in istruzione, in media, il 3,8% del Pil rispetto al 4,5% dei Paesi avanzati. Un rapporto che il Piano nazionale di ripresa e resilienza vuole invertire, attraverso i 20 miliardi, un decimo del totale, destinati all’istruzione. Una seconda area di ritardo riguarda i risultati scolastici. Un dato per tutti: il 13% degli studenti non termina la scuola superiore. E anche chi consegue il diploma di maturità, non raggiunge «un livello accettabile di apprendimenti». Le ultime prove Invalsi, documenta Gavosto, raccontano che uno studente su due non raggiunge i risultati attesi in matematica (con punte del 70% in alcune regioni del Sud) e lo stesso vale per l’italiano. Eppure, nemmeno l’evidenza dei dati ha convinto il decisore politico a realizzare le riforme necessarie a migliorare il sistema. Meglio, in tanti ci hanno provato ma con scarsi risultati. Secondo Gavosto, questo è successo perché non c’è stato un adeguato coinvolgimento di uno dei protagonisti principali del sistema scolastico: la famiglia. «Alla luce dei fallimenti dei numerosi tentativi di riforma – argomenta l’autore – solo se famiglie e opinione pubblica sono pienamente informate dei risultati

della singola scuola e dell’intero sistema si può realizzare un miglioramento». Un cambio di passo che, a giudizio di Gavosto, deve passare necessariamente da una revisione del sistema di reclutamento e valorizzazione del corpo docente, che resta tra i peggio pagati dell’Occidente. In questo senso, alcune delle proposte avanzate nel libro, si ritrovano nella recente legge di riforma approvata dal governo e duramente contestata da sindacati. Per esempio, la necessità che gli aspiranti docenti seguano un «percorso universitario abilitante»» pari ad almeno 60 crediti, superando, oltre al concorso, anche un anno di prova, con valutazione finale, prima di prendere servizio. Per superare il «mismatch fra scuole e docenti», Gavosto rilancia poi l’idea della «chiamata diretta», già contenuta nella “Buona scuola” del governo Renzi e affondata dalla protesta sindacale.

Il vero punto di svolta insiste il direttore della Fondazione Agnelli, in grado di 'sbloccare' davvero la scuola italiana, passa però da un rinnovato protagonismo delle famiglie. «Un legame più stretto tra scuola e famiglia – scrive Gavosto – ha un significativo impatto positivo sui risultati scolastici, superiore a un anno di scuola, soprattutto per gli studenti appartenenti a minoranze o disabili. Una maggiore collaborazione – aggiunge l’autore – aiuta a creare una vera 'comunità educante' intorno alla scuola, con effetti documentati sui risultati scolastici».

 

www.avvenire.it

 

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