Intervista ad Annamaria Lusardi, presidente del Comitato per l’educazione finanziaria: «L’alfabettizzazione degli italiani è bassa, recuperiamo a partire dalla scuola» Gli adulti? «Non devono avere paura di fare domande»
«Mi ha colpito
quanto nell’enciclica Laudato si’ sia presente il tema dell’importanza
dell’educazione e della conoscenza. Negli ultimi anni molti leader
internazionali hanno riconosciuto quanto sia centrale il ruolo dell’educazione
nello sviluppo economico. Oggi la crisi ci dà la grande opportunità di
reimmaginare il nostro futuro e io dico che per andare verso uno sviluppo
sostenibile sarà importantissimo occuparci anche di conoscenza finanziaria».
Annamaria Lusardi, economista della George Washington University School of
Business, è uno dei massimi esperti mondiali di educazione finanziaria. Nel
2017 il governo le ha affidato la guida del Comitato EduFin che ha proprio il
compito di aumentare il livello di conoscenza finanziaria degli italiani, oggi
molto basso. Studi di comparazione internazionale mostrano che in Italia pochi
padroneggiano concetti finanziari semplici come tassi di interesse o
inflazione.
Non è strano
che gli italiani, che hanno una grande tradizione di risparmio, siano così
impreparati sui temi elementari della finanza?
A volte leggo
titoli che parlano di “ignoranza finanziaria” degli italiani. Non sono
d’accordo. Sono parole offensive. È vero che l’Italia sa molto poco di finanza,
ma questo non perché la popolazione sia ignorante: negli anni il mondo è
cambiato e noi non ci siamo adeguati. Gradualmente diverse decisioni
fondamentali per la situazione finanziaria di una persona sono state trasferite
dallo Stato all’individuo: penso ad esempio alle pensioni o al costo
dell’educazione dei figli ma anche a tante piccole decisioni da prendere,
importanti e non sempre comprese. La scuola non è riuscita a tenere il passo
per preparare i giovani ai cambiamenti del mondo intorno a loro. Adesso stiamo
recuperando a partire dall’inserimento di temi di educazione finanziaria
all’interno dell’educazione civica, fin dalle elementari.
Che cosa si
può imparare di finanza in una scuola elementare?
Concetti come
gli interessi composti o il costo della moneta si possono
capire fin da piccoli. Io studio economia da decenni, ma la più
straordinaria lezione di economia l’ho ricevuta da bambini
delle elementari: è successo l’anno scorso, nell’ambito del
concorso “Inventiamo una banconota” della Banca d’Italia. I bambini
erano invitati a disegnare una banconota e il disegno che ha
vinto è quello
di una
mongolfiera che andava in giro per il mondo e si fermava nei Paesi più in
difficoltà, dove faceva cadere dei libri. I bambini hanno ragione: i soldi
servono a risolvere i problemi del mondo, a partire dall’educazione.
Ma ai
bambini i soldi interessano?
Gli
interessano, fin da quando gli regaliamo il primo salvadanaio il bambino
inizia a capire i soldi e vederne l’importanza. Poi però nessuno gliene parla.
Su questo in Italia c’è una cultura sbagliata. Ai test Pisa dell’Ocse, i
giovani italiani sono arrivati ultimi in Europa nella risposta alla domanda
“quanto ti interessa parlare di soldi”. Parlare di soldi non è piacevole, può
essere complicato, ma devi parlarne, perché sono parte della vita. E occorre
imparare a gestirli. Insegniamo da sempre finanza d’impresa: nessuno penserebbe
di gestire i soldi di un’azienda senza avere cognizioni di finanza. Ma anche
per gestire il proprio denaro ci servono competenze che ovviamente non
sono innate. Altrimenti paghiamo le conseguenze di questa mancata conoscenza.
Pensa ai
casi delle obbligazioni subordinate vendute a risparmiatori che non capivano
quello che stavano comprando?
Sì, e non solo
a quelli. In finanza il “non sapere” ha un costo, che oggi può essere anche
altissimo. Uno dei concetti finanziari più importanti da comprendere è quello
del rischio e della diversificazione degli investimenti. Devo suddividere i
miei investimenti su asset diversi per non rischiare che uno choc azzeri i miei
risparmi. È un concetto complicato e non intuitivo, perché occorre capire anche
i principi della statistica. Però è fondamentale. Soprattutto oggi che i tassi
sono a zero e che quindi qualsiasi investimento offra un ritorno positivo
comporta per forza un rischio.
L’educazione
finanziaria funziona anche con gli adulti?
Certo, anche se
ovviamente si impara meglio quando si inizia da bambini. L’esperienza e gli
anni non sono buoni maestri in questo ambito, perché molte delle scelte
finanziarie più importanti come l’acquisto di una casa o
l’adesione a un fondo di previdenza complementare si fanno poche
volte nella vita. Gli adulti devono anche imparare a non avere
paura di fare domande, di chiedere. Non si può più sentire “mi
sono fidato del mio amico, del consulente, dell’impiegato della
banca” per giustificare gli errori.
Non si può
mettere il proprio futuro finanziario nelle mani degli altri senza capire.
Dobbiamo cercare di fare interiorizzare questi concetti nella popolazione, per
proteggerla dal rischio di sbagliare o essere imbrogliata.
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