José Tolentino Mendonça
Ci è più
facile ricordarci delle piccole gratitudini che gli altri ci devono, piuttosto
che della gratitudine che ci rende smisuratamente debitori di
tutti. Noi non facciamo caso, o non sempre, a quanto la
nostra vita sia sostenuta da un’anonima coreografia di gesti che
generosamente confluiscono incontro a noi; a quanto essa
sia nutrita dalla quotidiana moltiplicazione di doni, dalla
laboriosa fatica di una folla di conosciuti e di sconosciuti, dalla benevola
cospirazione dell’amore.
Non facciamo caso, o non sempre, a quanto noi dipendiamo da questo flusso di vita che è più grande di noi e nel quale tante donne e uomini si spendono a fondo.
Ci è più facile considerare che tutto ciò che abbiamo è un diritto naturale e acquisito, anziché accettare la più palese delle verità: che la vita è dono, che le cose più importanti le riceviamo come pura grazia, che tutto ciò che ha a che vedere con l’amore ci supera.
Ci è più facile oscillare tra rivendicazione aspra e brontolio esasperato, prigionieri di una sonnambula ingratitudine che si volge in labirinto, invece di trovare tempo per quella gentilezza spirituale che ci fa esprimere più e più volte la fondamentale riconoscenza che noi dobbiamo agli altri.
Per questo ti prego, Signore: dammi un cuore buono, umile e grato. Dammi un cuore consapevole fino alla fine di essere un cuore ipotecato.
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