- DOMENICA 3 MARZO 2024 -
Letture:
Es 20,1-17; Sal 18; 1Cor 1,22-25; Gv 2,13-25
-
Commento di Matìas Augé
La
seconda parte del Sal 18, quella ripresa dalla liturgia odierna come salmo
responsoriale, è un elogio della legge divina, fonte di vita e di gioia, di
saggezza e giusto giudizio, di rettitudine, giustizia e purezza, più preziosa e
dolce di ogni altra cosa. Il testo salmico trova compimento in Gesù. Egli
stesso è legge per il nuovo popolo di Dio, indirizzo per la nostra esistenza,
consolazione e conforto per le ore del dubbio. Perciò rinnoviamo a lui la
professione di fede di Pietro: “Signore, tu hai parole di vita eterna” (Gv
6,68).
La
liturgia odierna ci invita a rileggere, in chiave cristiana e pasquale, la
pagina biblica dei dieci comandamenti o “dieci parole”, la cui promulgazione è
riportata dalla prima lettura. Notiamo che il racconto non inizia con un
comandamento ma col ricordo dell’opera divina di salvezza: “Io sono il Signore,
tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione
servile”. Il comportamento etico dell’uomo viene proposto dalla Bibbia come
risposta a Dio che si manifesta nella storia come liberatore e salvatore.
D’altra parte, l’opera divina di salvezza ha il suo momento culminante
nell’incarnazione, morte e risurrezione del Figlio Gesù Cristo, che ci ha
liberati dalla schiavitù del peccato. Cristo è quindi colui che dà senso e
qualità etica all’agire cristiano. Ciò viene confermato da san Paolo che nella
seconda lettura afferma che la legge o, meglio, la volontà salvifica di Dio non
si manifesta né attraverso l’osservanza legale né attraverso la ricerca della
ragione, ma in Cristo crocifisso: la croce, che testimonia l’amore folle di Dio
per tutti gli uomini senza distinzione, contesta energicamente le idee correnti
sul potere e sulla saggezza. La croce di Cristo, oltre che essere il frutto di
una storia di iniquità e di peccato, è anche e soprattutto la storia di un
amore assoluto che risplende proprio là dove si consuma l’odio.
Nel
contesto delle due prime letture, il cui contenuto abbiamo succintamente
illustrato, possiamo capire meglio il messaggio del brano evangelico di questa
domenica. Apparentemente il racconto evangelico parla di tutt’altro argomento:
Gesù scaccia i venditori e cambiamonete dal tempio. Possiamo interpretare
questo gesto alla luce del messaggio dei profeti che avevano annunciato una
futura purificazione del tempio (cf. Zc 14,21; Ml 3,1). Col suo modo di agire,
provocato dallo zelo per la casa del Signore (cf. Sal 69,10), Gesù fa capire
che il giorno annunciato dai profeti è venuto. Il gesto di Gesù che scaccia dal
tempio i mercanti e i cambiamonete è quindi un gesto profetico che rivela
l’identità di Gesù e il ruolo provvisorio del tempio e, in generale, il
superamento delle istituzioni dell’Antico Testamento: “Distruggete questo
tempio e in tre giorni lo farò risorgere”. Con queste parole, Cristo dichiara
superata la legge antica, di cui il tempio è simbolo centrale, e colloca se
stesso come punto di riferimento dei nuovi rapporti dell’uomo con Dio. Cristo è
egli stesso la nuova legge, colui che ha sancito l’alleanza definitiva tra Dio
e gli uomini versando il proprio sangue sulla croce; il corpo di Cristo morto e
risorto è il centro del nuovo culto e il tempio della nuova alleanza, in quanto
è il luogo della presenza definitiva di Dio in mezzo agli uomini. Liberati in
virtù di Cristo, possiamo vivere ormai una comunione profonda con Dio e con i
fratelli. Tutto ciò è frutto della passione, morte e risurrezione di Gesù. È il
segno che Gesù offre all’incredulità manifestata dai suoi interlocutori.
Gesù
divenuto il nuovo tempio, inaugura un nuovo culto, il cui culmine è
l’eucaristia, il suo corpo donato e il suo sangue versato per la nostra
salvezza.
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