Nella
legge naturale la via dell’autentico sviluppo
umano
In
occasione 750° anniversario della morte di san Tommaso d’Aquino si è svolta all’abbazia
di Fossanova la due-giorni di studio che ha avuto come sottotitolo
“Approfondimenti per e dalle Scienze Sociali”. L’incontro si è articolato in
quattro sessioni: Ontologia sociale e chiavi teologiche; Diritto naturale e
mondo sociale; Economia, Politica e
Governance; Natura umana, tecnologia e
cambiamento sociale, Il Doctor Angelicus morì il 7 marzo 1274.
Pubblichiamo
di seguito una traduzione dall’inglese del messaggio inviato da Papa Francesco
ai partecipanti al Laboratorio su “L’ontologia sociale e il diritto naturale
dell’Aquinate in prospettiva” patrocinato dalla Pontificia Accademia delle
Scienze Sociali.
Mi
ha fatto molto piacere apprendere che la Pontificia Accademia di Scienze
Sociali abbia scelto di celebrare il 750° anniversario della morte di San
Tommaso d’Aquino sponsorizzando un Laboratorio sul tema: “Ontologia sociale e
diritto naturale dell’Aquinate in prospettiva. Approfondimenti per e dalle
Scienze Sociali”. Esprimo la mia gratitudine a tutti i partecipanti a questo
importante incontro e nella preghiera offro i miei auspici per la fecondità
delle vostre discussioni.
Sicuramente
San Tommaso non ha coltivato le scienze sociali così come noi le intendiamo
oggi. Tuttavia, il suo studio rigoroso delle implicazioni filosofiche e
teologiche del dato biblico che l’uomo è creato: «a immagine di Dio» (Gn 1,
27), che trovò espressione nei suoi vari scritti, si può dire che abbia
contribuito a preparare la strada allo sviluppo di queste scienze moderne.
L’opera di Tommaso dimostra sia il suo impegno a comprendere la Parola di Dio
rivelata in tutte le sue dimensioni, sia, al tempo stesso, la sua notevole
apertura a ogni verità accessibile alla ragione umana. Il Dottore Angelico era
profondamente convinto che, dal momento che Dio è la verità e la luce che
illumina ogni comprensione, non ci possa essere alcuna contraddizione di fondo
tra la verità rivelata e quella scoperta attraverso la ragione. Centrale alla
sua comprensione del rapporto tra fede e ragione era la sua convinzione del
potere del dono divino della grazia di risanare la natura umana indebolita dal
peccato e di elevare la mente attraverso la partecipazione alla conoscenza e
all’amore di Dio, e di conseguenza di abilitarci a comprendere e ordinare in
modo corretto le nostre vite come singoli e come società.
Le
scienze sociali contemporanee si accostano alle tematiche dell’uomo e al
perseguimento dello sviluppo umano attraverso una serie di approcci e metodi
che dovrebbero essere fondati nell’irriducibile realtà e dignità della persona
umana. L’Aquinate è stato in grado di attingere ad una ricca eredità filosofica
che ha interpretato attraverso le lenti del Vangelo, allo scopo di affermare
che la persona, come «quanto di più nobile si trova in tutto l’universo» (ST I,
q. 29, a. 3) [testo in italiano tratto da Somma Teologica, Nuova Edizione in
lingua italiana a cura di P. Tito S. Centi e P. Angelo Z. Belloni, 2009, ndt],
è il pilastro dell’ordine sociale. Creati ad immagine e somiglianza di Dio
Unitrino, gli individui sono destinati, attraverso relazioni personali e
interpersonali, a vivere, crescere e svilupparsi in comunità. Per questa
ragione, «è naturale che gli esseri umani vivano in società con molti altri,
per procurarsi, con il loro lavoro manuale e fisico, illuminati dalla luce
della loro intelligenza e dalla forza della loro volontà, i beni materiali e
spirituali per il loro benessere e buon vivere, per la loro felicità» (De
regno, B. I . c. 1).
Attingendo
da principi già stabiliti da Aristotele, Tommaso così sosteneva che i beni
spirituali precedono quelli materiali e che il bene comune della società
precede quello degli individui, in quanto l’uomo è per natura un “animale
politico”. Il suo legame con le opere etiche e politiche dei grandi pensatori
classici appare evidente dai suoi commentari, e si riflette specialmente nelle
questioni che dedica alla giustizia, in particolare nel suo celebre Trattato
sul Diritto (ST I-II , qq. 90-108). Mentre è indubitabile la sua influenza nel
dar forma al pensiero morale e giuridico moderno, un recupero della prospettiva
filosofica e teologica che ha informato la sua opera può risultare alquanto
promettente per la nostra disciplinata riflessione sulle pressanti questioni
sociali del nostro tempo.
L’Aquinate
sostiene l’intrinseca dignità e unità della persona umana, che appartiene sia
al mondo fisico in virtù del corpo che a quello spirituale in virtù dell’anima
razionale: una creatura capace di distinguere tra vero e falso in base al
principio di non-contraddizione, ma anche di discernere il bene dal male.
Questa capacità innata di discernere e di ordinare o disporre atti al loro fine
ultimo attraverso l’amore, chiamata tradizionalmente “legge naturale”, come
dichiara il Catechismo della Chiesa Cattolica, citando Tommaso: «altro non è
che la luce dell’intelligenza infusa in noi da Dio. Grazie ad essa conosciamo
ciò che si deve compiere e ciò che si deve evitare. Questa luce o questa legge
Dio l’ha donata alla creazione» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1955).
Oggi
è essenziale recuperare una considerazione di questa «inclinazione naturale a
conoscere la verità su Dio, e a vivere in società» (ST I-II, q. 92, a. 2) al
fine di modellare il pensiero sociale e le politiche in modalità che
promuovano, anziché impedire, l’autentico sviluppo umano dei singoli e dei
popoli. Per questo motivo, il mio Predecessore e io abbiamo riaffermato
costantemente l’importanza della legge naturale nelle discussioni concernenti
le sfide etiche e politiche del nostro tempo. Con le parole di Benedetto XVI ,
«una tale legge morale universale è saldo fondamento di ogni dialogo culturale,
religioso e politico e consente al multiforme pluralismo delle varie culture di
non staccarsi dalla comune ricerca del vero, del bene e di Dio» (Lett. Enc.
Caritas in Veritate, 59).
La
fiducia di Tommaso in una legge naturale scritta nel cuore dell’uomo può così
offrire freschi e validi spunti al nostro mondo globalizzato, dominato dal
positivismo giuridico e dalla casistica, anche se continua a cercare solide
fondamenta per un giusto e umano ordine sociale. Infatti, seguendo Aristotele,
Tommaso era ben consapevole della complessità che comporta applicare la legge
alle azioni concrete, e perciò enfatizzava l’importanza della virtù di epikeia.
Con le sue parole: «gli atti umani, che sono oggetto della legge, consistono in
fatti contingenti e singolari, che possono variare in infiniti modi […]. Ma in
certi casi osservare queste leggi sarebbe contro la giustizia e contro il bene
comune, che è lo scopo della legge». Di conseguenza: «è invece un bene seguire
ciò che esige il senso della giustizia e il bene comune, trascurando la lettera
della legge» (ST II-II , q. 120, a. 1).
Se
il Dottore Angelico fonda la sua comprensione della dignità dell’uomo e le
esigenze di un’“ontologia sociale” nella natura umana, e dunque nell’ordine
della creazione, come pensatore cristiano egli, necessariamente, aggiunge anche
che la nostra natura umana, ferita dal peccato, è guarita ed elevata dalla
grazia, frutto della redenzione operata da Cristo. All’inizio della sua grande
Cristologia, la terza parte della Summa Theologiae, Tommaso afferma, in
continuità con l’insegnamento delle Scritture e dei Padri della Chiesa, che
l’Incarnazione del Figlio di Dio rivela la suprema dignità della natura umana.
Questa convinzione è stata eloquentemente riaffermata nel nostro tempo
dall’insegnamento del Concilio Vaticano II , che cioè: «Cristo, che è il nuovo
Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche
pienamente l’uomo a sé stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione»
(Cost. Past. Gaudium et spes, 22). La pienezza di grazia presente nell’umanità
del Redentore è poi comunicata alle membra del suo Corpo, la Chiesa, a cui
tutta l’umanità è chiamata. Come Capo di quel Corpo, Cristo distribuisce la sua
grazia in vari modi a ciascun membro, a seconda dei suoi unici doni e
vocazioni.
L’intuizione
di Tommaso circa questa effusione di grazia redentiva e la varietà dei modi in
cui tale grazia è comunicata per l’edificazione del Corpo ha ricche
implicazioni per la comprensione delle dinamiche di un solido ordine sociale
fondato sulla riconciliazione, sulla solidarietà, sulla giustizia e sulla cura
reciproca. In questo senso Benedetto XVI poteva affermare che, proprio come
oggetto dell’amore di Dio, l’uomo e la donna divengono a loro volta soggetti di
carità, chiamati a riflettere tale carità e a tessere reti di carità (cfr.
Caritas in Veritate, 5) a servizio della giustizia e del bene comune.
È
questa maggiore dinamica di carità ricevuta e donata che ha dato vita alla
Dottrina sociale della Chiesa (cfr. ibid), che cerca di esplorare come i
benefici sociali della Redenzione possano rendersi visibili nella vita di
uomini e donne, in quanto esseri sociali la cui individualità è
ineluttabilmente immersa in una storia, cultura e tradizione più grande. Qui,
fa notare Tommaso, vediamo il cuore della vita Cristiana come atto di culto
sacerdotale volto alla glorificazione di Dio e alla santificazione del mondo.
In questa prospettiva, il Dottore Angelico sostiene risolutamente la priorità
delle opere di misericordia. Con le sue parole: «Noi non esercitiamo il culto
verso Dio con sacrifici e con offerte esteriori a vantaggio suo, ma a vantaggio
nostro e del prossimo: egli, infatti, non ha bisogno dei nostri sacrifici, ma
vuole che essi gli vengano offerti per la nostra devozione e a vantaggio del
prossimo. Perciò la misericordia ... è un sacrificio a lui più accetto,
assicurando esso più da vicino il bene del prossimo» (ST II-II , q. 30, a. 4 ad
1).
Cari
amici, in questi anni del mio pontificato ho cercato di privilegiare il gesto
della lavanda dei piedi, seguendo l’esempio di Gesù, che nell’Ultima Cena si è
tolto il mantello e ha lavato i piedi dei suoi discepoli uno ad uno. La lavanda
dei piedi è senza dubbio un simbolo eloquente delle Beatitudini proclamate dal
Signore nel Discorso della Montagna e della loro concreta espressione in opere
di misericordia. Con questo gesto, il Signore ha voluto lasciarci: «un esempio,
infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi» (Gv 13, 15). Di
fatto, come insegna l’Aquinate, con un’azione così straordinaria Cristo: «ha
mostrato tutte le opere di misericordia» (In Ioan. XIII ). Gesù sapeva che,
quando si tratta di ispirare il cuore dell’uomo, gli esempi sono più importanti
di un fiume di parole.
In
questi giorni, mentre vi accostate al ricco patrimonio di pensiero religioso,
etico e sociale che San Tommaso d’Aquino ci ha lasciato in eredità, ho fiducia
che troverete ispirazione e illuminazione per i vostri propri contributi alle
varie scienze sociali, nel rispetto dei loro propri metodi e obiettivi. Rinnovo
i miei buoni auspici per le vostre decisioni e prego affinché ciascuno di voi,
nel proprio lavoro e nella propria vita, trovi realizzazione nel nostro comune
impegno di contribuire ad un futuro di fraternità, giustizia e pace per tutti i
membri della nostra famiglia umana. Su ciascuno di voi, e sui vostri cari,
invoco di cuore abbondanti benedizioni dal Signore.
Dal
Vaticano, 7 marzo 2024
FRANCESCO
Osservatore Romano
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