IV
Domenica di Quaresima B
Gv
3,14-21
Commento di S.E. Pierbattista Pizzaballa
Il
brano di Vangelo di oggi (Gv 3,14-21) è una mirabile sintesi e un nuovo
approfondimento del cammino fatto finora, in questa Quaresima.
Due,
infatti, sono le chiavi di lettura che ci hanno accompagnato nelle scorse
domeniche.
La
prima è quella della rivelazione: Dio, nella Pasqua, si rivela
pienamente. È lì, nella sua morte e risurrezione, che noi troviamo la
rivelazione definitiva del suo volto, che noi possiamo conoscere Dio per dare
così compimento al nostro desiderio di relazione con Lui.
La
seconda, che abbiamo incontrato domenica scorsa, è quella del rovesciamento:
la rivelazione che Dio opera ci mostra un Dio “capovolto”, un volto di Dio
decisamente antitetico rispetto a quello che la ragione umana si aspetterebbe.
La
Pasqua è l’apice di questo rovesciamento: Gesù, il Figlio di Dio, muore per
amore dell’uomo. E grazie a questo amore infinito, si compie il rovesciamento
che salva, quello per cui la morte viene sconfitta e trasformata in vita.
Il
brano di oggi ci fa ripartire da qui.
Nelle
parole di Gesù a Nicodemo, che va da Lui di notte per poterlo incontrare, Gesù
dice innanzitutto due cose.
La
prima è che Gesù verrà innalzato (Gv 3,14), facendo riferimento al serpente nel
deserto, che Mosè innalzò perché chiunque veniva morso dai serpenti potesse
trovare guarigione e salvezza (Nm 21,4-9).
Quando
si vuole che una cosa possa essere vista bene, possa essere vista da tutti,
anche da chi è lontano, la si mette in alto.
Così
è per Gesù. Gesù non si mette in alto come uno che ha potere, come uno che
vuole dimostrare la propria superiorità. Gesù si pone in alto perché tutti
possano vederlo, perché tutti possano vedere il suo amore per ogni uomo. La
croce è ciò che Gesù vuole che noi vediamo: non possiamo conoscerlo se non
guardandolo innalzato su di essa.
Con
questa attenzione: non basta che Gesù sia innalzato. Per guarire bisogna
guardarlo, ovvero rivolgersi a Lui con fiducia, ovvero avere fede in Lui.
Perché
chi guarda la croce vede una cosa sola, ovvero l’immensità dell’amore di Dio
per l’uomo, ed è l’incontro con questo amore che salva in profondità la vita
dell’uomo: chi crede ha la vita eterna, partecipa della vita stessa di Dio.
La
croce non dice altro che questo, che “Dio ha tanto amato il
mondo da dare il suo Figlio unigenito” (Gv 3,16).
Nel
suo racconto, è la prima volta che Giovanni usa il verbo amare, proprio qui, in
questo brano. Lo userà tante volte più avanti, soprattutto nei discorsi di
addio (Gv 14-17). E in questa prima volta, è evidente che il soggetto
dell’amare è Dio stesso. Dio ha tanto amato il mondo. Più avanti Gesù ci
chiederà di amare Dio e di amarci tra di noi, ma questo sarà possibile solo a
partire dal fatto che Dio per primo ha amato noi. Questo è il primo passo,
necessario ed indispensabile.
Poco
più avanti (v. 19), il verbo amare ritorna per la seconda volta, e questa volta
ha come soggetto gli uomini. Ma viene utilizzato per dire che se da una parte
Dio ha tanto amato gli uomini da dare il suo Figlio perché
nessuno veda perduto (Gv 3,16), gli uomini, al contrario hanno amato più
le tenebre della luce (Gv 3,19).
Quanto
spesso l’uomo ama le proprie opere malvage, e non vuole perderle, perché è loro
affezionato: a loro si affida.
La
seconda cosa, dunque, che questo brano ci annuncia è che non necessariamente
l’uomo accoglie l’amore incondizionato di Dio, non sempre si apre alla sua
luce. E il motivo, secondo le parole di Gesù, è chiaro: chi fa il male, non si
apre alla luce, perché vuole che le sue opere rimangano nascoste (Gv 3,20),
perché non vuole cambiare vita; non vuole alzare gli occhi al serpente
innalzato.
Tanto
quanto Gesù desidera rivelarsi, così altrettanto chi opera il male desidera
nascondersi.
Allora,
per concludere, potremmo dire che la condizione per guardare il Signore, per
accogliere la rivelazione del Volto di Dio amore, è quella di lasciarci
guardare da Lui.
È
vero: il Signore mette a nudo la malvagità che c’è nel nostro cuore, ma non per
condannarla (Gv 3,17). La mette a nudo perché anche noi possiamo guardarla e
darle un nome, e perché solo così il nostro cuore potrà essere guarito.
+
Pierbattista
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