Mario Giuseppe Restivo
un giovane in cammino
“Il
Signore Gesù, maestro e modello divino di ogni perfezione, a tutti e a ciascuno
dei suoi discepoli di qualsiasi condizione ha predicato quella santità di vita
di cui egli stesso è autore e perfezionatore: «Siate dunque perfetti come è
perfetto il vostro Padre celeste»” (L.G. 41).
Questo
breve stralcio della Costituzione Conciliare Lumen Gentium, redatta durante il
Concilio Vaticano II, ci introduce nel racconto della breve esistenza del Servo
di Dio Mario Giuseppe Restivo, riportando alla nostra mente e riproponendo al
nostro cuore l’annuncio di una verità che tocca la vita di noi tutti: Dio non
ha creato uomini destinati a restare a mezzo nella relazione con Lui. Ognuno di
noi è creato da un Amore che lo vuole compiuto nel proprio essere, pienamente
realizzato, secondo un disegno unico e irripetibile.
Questa
chiamata si realizza nel rispetto dell’infinita varietà dei doni che ciascun
fedele possiede e delle vocazioni che ne discendono:
“Nei
vari generi di vita e nei vari compiti una unica santità è coltivata da quanti
sono mossi dallo Spirito di Dio e, obbedienti alla voce del Padre e adorando in
spirito e verità Dio Padre, camminano al seguito del Cristo povero, umile e
carico della croce, per meritare di essere partecipi della sua gloria. Ognuno
secondo i propri doni e uffici deve senza indugi avanzare per la via della fede
viva, la quale accende la speranza e opera per mezzo della carità" (L.G.
41)
Tutti
i Papi che hanno guidato la Chiesa post-conciliare hanno sviluppato nelle loro
catechesi questa intuizione fondamentale, che ha rinnovato la prospettiva con
cui guardare alle varie forme di santità fiorite nel mondo contemporaneo e ha
aperto lo sguardo a riconoscerne di tanto più varie quanto diverse fra loro
sono le numerose vocazioni presenti nella comunità cristiana.
Papa
Francesco, in particolare, è tornato ripetutamente sulla constatazione che la
santità si offre talvolta alla Chiesa in forme evidenti e straordinarie ma non
meno di frequente in situazioni quotidiane e poco esposte che, se sappiamo
riconoscerle, ci mostrano quanto l’ordinario abitato dalla Grazia possa
risplendere di bellezza e di pienezza.
Nella
sua Esortazione Apostolica sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo
ci invita a riconoscere i “santi d’ogni giorno” come un tesoro della Chiesa,
offerto alla nostra venerazione e sequela.
“Non
pensiamo solo a quelli già beatificati o canonizzati. Lo Spirito Santo riversa
santità dappertutto nel santo popolo fedele di Dio, perché «Dio volle
santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra
loro, ma volle costituire di loro un popolo, che lo riconoscesse secondo la
verità e lo servisse nella santità». Il Signore, nella storia della salvezza,
ha salvato un popolo. Non esiste piena identità senza appartenenza a un popolo.
Perciò nessuno si salva da solo, come individuo isolato, ma Dio ci attrae
tenendo conto della complessa trama di relazioni interpersonali che si
stabiliscono nella comunità umana: Dio ha voluto entrare in una dinamica
popolare, nella dinamica di un popolo. Mi piace vedere la santità nel popolo di
Dio paziente: nei genitori che crescono con tanto amore i loro figli, negli
uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, nei malati, nelle
religiose anziane che continuano a sorridere. In questa costanza per andare
avanti giorno dopo giorno vedo la santità della Chiesa militante. Questa è
tante volte la ‘santità della porta accanto’, di quelli che vivono vicino a noi
e sono un riflesso della presenza di Dio, o, per usare un’altra espressione,
“la classe media della santità” (G. et E. nn. 6-7).
Non
si tratta di una novità in senso assoluto: sin dalle sue origini - e sempre nel
suo sviluppo - la Chiesa ha riconosciuto e venerato figure di giovanissimi
uomini e donne che hanno donato la propria vita al Signore con una totalità ed
una ricchezza piene di splendore.
La
cifra più evidente dei “santi giovani” del nostro tempo resta, però,
l’ordinarietà della loro vicenda, la vicinanza assoluta allo stile di vita,
alle abitudini, agli interessi e alle speranze dei loro coetanei: hanno vissuto
esistenze per certi versi in nulla differenti da quelle di ogni loro
contemporaneo, ma illuminate dalla luce di un Incontro speciale, che li ha
coinvolti sino a plasmare dal di dentro ogni particolare della loro
quotidianità ed a farli risplendere di una bellezza sobria ed affascinante al
tempo stesso, evidente ai vicini se pur nascosta alle cronache del mondo,
adatta ad esser proposta a tutti come meta e compimento del proprio vivere.
Uno
di loro è, appunto, Mario Giuseppe Restivo, il quale nasce a Palermo il 24
Gennaio 1963. È il primo di quattro figli, di genitori originari di
Castelbuono, una cittadina, all’epoca, di circa 10.000 abitanti, situata nel
cuore delle Madonie.
A
tre anni circa, insieme alla famiglia, si trasferisce a Castelbuono. Qui
avviene il suo primo contatto con la scuola: due anni di Materna e quattro di
Elementari; poi nuovamente a Palermo.
Sin
dai primi tempi, Peppuccio - così lo chiamano affettuosamente i suoi -
manifesta ingegno brillante ed altrettanto impegno, cosicché è benvoluto e
stimato da tutti. La sua maturazione è precoce. A soli nove anni, nel 1972,
compone la sua prima poesia. È l’inizio di una lunga serie, tanto che nel 1974
il padre decide di dare alle stampe una raccolta, intitolata: “La mia aurora” ,
seguita l’anno dopo da “In cammino”.
La
sua giovane vita scorre in un’apparente normalità, tra lo studio - dopo le
Scuole Medie frequenta il Liceo Classico - e lo scoutismo.
Quest’ultima
è forse la sua più forte passione, nella quale persevera sino alla fine non
come semplice fruitore, ma coinvolgendosi in prima persona con una
responsabilità ed una capacità educative tali che, giovanissimo, nel 1978
ricopre già il ruolo di Capo Reparto e fonda con altri un gruppo presso la
Parrocchia S. Raffaele Arcangelo di Palermo.
San
Francesco come modello
Sceglie
come modello di vita la figura di San Francesco e ama molto la natura, la cui
bellezza può assaporare nelle routes con gli Scout e nelle numerose passeggiate
fra le sue montagne: a contatto con il Creato riesce a realizzare in modo più
pieno la propria unione con Dio.
I
suoi interessi sono estremamente vari: pare che nessun elemento della realtà
che lo circonda gli risulti estraneo. Ha contatti con le persone più disparate,
anche viventi in luoghi molto lontani dal suo paese di nascita. I familiari -
ad esempio - conservano una fitta corrispondenza con due realtà monastiche, una
delle quali si trova nella lontanissima - poiché non siamo nel tempo di
internet e della globalizzazione – Australia!
È
un ragazzo attento alle vicende del proprio tempo ed animato da spirito di
“responsabilità” verso gli avvenimenti a lui prossimi e meno prossimi: nel
1979, alla notizia del devastante terremoto che ha colpito la Jugoslavia, pensa
di partire con un gruppo di volontari, sentendosi implicato in prima persona
nel dramma della popolazione vittima del sisma: sarà bloccato dal padre, in
ragione della giovanissima età.
Il
24 gennaio 1981, al compimento del 18 anno di età, viene nominato Accademico
dell'Accademia Internazionale Gentium Pro Pace di Roma.
Il
1982 è l’anno del diploma di maturità, conseguito a pieni voti presso il Liceo
Classico “Vittorio Emanuele II” di Palermo.
Muore
il 19 agosto 1982 nei pressi di Chambery (in Francia) in seguito ad un
incidente automobilistico, mentre si reca a Taizé, assieme ad altri due
compagni scout.
Leggendo
questi tratti biografici, tanto scarni ed essenziali, vien giusto da chiedersi
cosa mai di “originale” abbia avuto una vita così breve.
Infatti,
apparentemente, le sue attività e i suoi pur numerosi interessi non si
discostano in niente da quelli che qualsiasi brillante ragazzo della sua età e
del suo tempo avrebbe potuto coltivare.
Eppure,
c’è nella sua -come in ogni biografia di santo- una nota “speciale”, un profumo
di “eccezione” che promana dalle cose “normali” di cui è tessuto il quotidiano.
Qui
vien proprio da citare le parole di Papa Francesco all’angelus per la festa di
Ognissanti 2023:
“[…]
quando riceviamo un dono, qual è la prima reazione? È proprio che siamo felici,
perché vuol dire che qualcuno ci vuole bene, e il dono della santità ci fa
felici perché Dio ci vuole bene”.
Ecco,
Mario Giuseppe, come ogni santo, è prima di tutto un giovane uomo felice per
aver ricevuto un dono. È uno che ha fissato lo sguardo sulla Buona Novella, che
si è innamorato di Gesù Cristo, perché ha capito che Cristo è innamorato di
lui.
Ancora
giovanissimo scrive nei suoi appunti: “Il mio sguardo ha fissato per sempre
Dio, da Lui non posso distogliermi”.
I
numerosissimi scritti del periodo dell’adolescenza testimoniano che questo vero
e proprio innamoramento percorre tutta l’esistenza del nostro e la segna dal di
dentro, come un suo tratto distintivo.
Qui
ne leggiamo qualcuno molto significativo anche circa “modo” in cui egli intende
il proprio pregare.
Innanzitutto,
intuisce che c’è una preghiera fatta per noi, ma poi ce n’è
una che è per Dio, tempo dato a Lui:
“La
preghiera non è un tempo mio ma di Dio. Se in un primo tempo la preghiera serve
più a te che a Dio e ti rende gioioso, in un secondo tempo la preghiera diventa
un momento di Dio, un'occasione di ascolto. […] C'è un silenzio che viene dalla
volontà ed un silenzio che viene da Dio e che si avverte anche lavorando”.
Ecco
dunque che, durante un campo estivo, si alza più presto dei suoi compagni, al
mattino, per dedicare al suo Signore un po’ del proprio tempo e scrive quella
che lui chiama una Preghiera-Veglia:
"Non
avete saputo vegliare con me neppure un'ora"
È
pensando queste parole che mi sono alzato prima del solito stamattina per
venire qui davanti a Te.
Sai,
non ero quasi abituato a sentirTi una presenza, ma ora, in quest'alba di uno
splendido mattino che ancora una volta ci dai, Tu ci sei: sento il tuo battito
in me, ma anche fuori di me. In me poiché la mia disponibilità, dell'essere qui
stamattina, come dell'aver partecipato a questo campo, vive del Tuo amore verso
di me; fuori di me perché tutto qui attorno è buono, poiché proviene dalla Tua
onnipotenza: il cielo, il bosco, gli uccellini, l'erbetta, le foglie secche,
reliquie di un autunno ormai lontano, il freddo, il silenzio, l'orizzonte […]”.
La
traboccante vivacità di Mario si nutre di una calda e laboriosa relazione col
suo Signore. Numerose sono le note in cui insiste sulla “necessità” di pregare
con costanza e insistenza, sempre, come insegna Vangelo. Nonostante la giovane
età dimostra anche di avere una “scienza”, delle forme e dei gradi della
relazione umana con il divino veramente sorprendente: i diari sono una miniera
di appunti e riflessioni e ci testimoniano una ricchissima vita interiore.
La
preghiera, inoltre, in lui non scade mai in autocompiacimento, piuttosto
diventa subito attenzione all’altro, al compagno di strada, anzitutto.
Così
il testo della “Preghiera-Veglia” passa dall’adorazione di Dio alla passione
per l’uomo, all’attenzione educativa:
“Signore,
dammi sempre un inizio, dammi soprattutto la morte che lo precede, aiutami ad
educare all'amore le persone che mi stanno attorno. Dio, guidami sulla strada
del ritorno, affinché la mia casa diventi la Tua casa, la mia vita diventi la
Tua vita. Signore, dammi la comprensione e l'umiltà di un capo alla maniera del
tuo figlio. Ti prego per le persone smarrite, per chi non sa ancora da che
parte andare eppure ci va. Dammi la spontaneità e la fantasia perché sia un
ragazzo fra i ragazzi. Ti prego perché non muoia mai in me la Speranza.
E
quando sono solo, Signore, quando a sera busso alla porta di qualcuno e nessuno
mi dà risposta, ricordaTi di me e rendimi capace di sorridere. Fa che possa
dare sempre agli altri, in umiltà e completa condivisione”.
È
ancora quasi un adolescente, ma è già “adulto” nello sguardo a sé stesso e a
ciò che lo circonda. Ne gode, ringrazia e condivide, con la naturalezza di ogni
Amore vero, che è fatto per espandersi e prendersi cura.
Un’operosa
spiritualità
Questa
cura si riversa in primo luogo sui compagni del cammino Scout. Citiamo solo una
piccola nota in cui spiega cosa voglia dire per lui farne parte:
“Essere
Scout significa fare una scelta decisiva e coscienziosa che mi impegna
seriamente nel tentativo di migliorare la società in cui vivo. Significa anche
trovare, vivendo accanto alla natura, l’immagine più familiare di Dio Creatore”
Una
specifica e coscienziosa scelta di responsabilità, dunque: non ha ancora 18
anni!
Sempre
si pone, davanti alle resistenze ed alle preoccupazioni dei genitori, come una
vera e propria “testa d’ariete”, aprendo per sé e per i suoi fratelli una
strada alla realizzazione di un’operosa responsabilità civile. Inoltre la sua
“attenzione” non si limita ai confini del proprio piccolo mondo. Progetta di
svolgere il servizio civile, a conclusione degli studi universitari, in Africa.
E, come abbiamo accennato, nel 1979 - raggiunto dalla notizia di un devastante
terremoto in Jugoslavia - si sente
interpellato in prima persona dalla sofferenza dei suoi fratelli lontani e
annota nel proprio diario queste considerazioni :
“Oggi
è giunta la notizia di un fortissimo terremoto in Jugoslavia pari al decimo
grado della scala Richter. Si parla di centinaia di vittime, paesi interi rasi
al suolo. So che in questo momento il mio posto è lì, non ha senso che io debba
starmene qui al sicuro senza fare del mio meglio, senza che io possa dare me
stesso per gli altri”.
Ecco
la carità dei santi, che sgorga spontaneamente dal loro cuore riempito dalla
Carità di Dio. Non c’è un particolare della storia che non li riguardi, in cui
non si sentano coinvolti e responsabili, come il loro Maestro, venuto per
servire.
La
poesia, canto di vita
Della
gioia e della sensibilità innata per il dono tutto dell’esistenza è poi
espressione, in Mario, l’innata capacità poetica, svelatasi sin da bambino e
poi coltivata per tutta la vita
I
componimenti dell’infanzia segnano l’inizio di una lunga serie di testi poetici
in cui riverserà la ricchezza della
propria anima, riuscendo a farlo con tanta efficacia da ottenere vari
importanti riconoscimenti: ne parlano giornali e riviste specializzate e grosse
testate nazionali come il Corriere della Sera, il Giorno, il Resto del Carlino,
etc. Riceve lettere di compiacimento da parte del Santo Padre, del Presidente
della Repubblica, del Direttore Generale del Ministero della Pubblica
Istruzione, del Presidente della Regione Siciliana, del Sindaco di Palermo e di
vari uomini di cultura. Anche la RAI-TV si interessa alla sua opera e presenta
il volumetto “In cammino” il giorno 5 aprile 1976 nella rubrica televisiva
TUTTILIBRI.
Mario
è poeta perché ha una straordinaria capacità di osservare la realtà e una
particolare dote nel vederne la profondità e la bellezza.
Per
questo ama tanto la Natura. Da uomo innamorato del suo Creatore, vede nelle
meraviglie del creato un riflesso di Lui. Molto è il tempo che trascorre
contemplandoLo tra le vette delle sue Madonie e in giro coi compagni Scout.
Abbiamo componimenti poetici che ci rivelano la sua anima capace di un vero
approccio “mistico” alla realtà, dunque teso non a distaccarsene - come
erroneamente saremmo portati a pensare - ma a penetrare con profondità nei suoi
dettagli, in cui si intravvede l’impronta di Colui che l’ha plasmata, colma di
ogni meraviglia e perfezione.
Nei
versi semplici, forse anche ingenui, sembra di sentire un’eco del grande
innamorato della Creazione, san Francesco, alla cui spiritualità fa esplicito
riferimento in molti suoi scritti. Leggiamo uno solo dei suoi componimenti,
gustandone la freschezza giovanile.
Mille
le luci nel buio dell'infinito...
Ma
io ti riconosco, o stella,
perché
nelle notti senza luna
tu
brilli per me.
E
quando ti guardo,
solo
nel paesaggio notturno,
il
tuo splendore s'impadronisce di me
a
cancellare le mie incertezze.
Allora
nella notte tu sei tutto per me.
Oh,
stella! Come vorrei brillare con te lassù,
sospeso
sul mondo...
Non
ci sorprende, leggendo i suoi appunti dopo averlo un po’ conosciuto, constatare
come la sua sensibilità per la bellezza del Creato diventi anche coscienza
civile, progettualità ed impegno per quella che oggi, alla luce dei più recenti
documenti del Magistero, potremmo chiamare una “ecologia integrale”: nihil
humani a me alienum esse puto.
Il
senso del tempo ben vissuto
Un'ultima
nota: nonostante la giovanissima età, Mario ha un senso vivissimo del tempo e
del suo scorrere inesorabile, quasi un presentimento della brevità dei giorni
che gli sono assegnati.
Nel
1979 redige un testo poetico intitolato “Resurrezione”. Merita, citarlo, per
l’eccezionale maturità umana che dimostra, come se la pianta avesse anticipato
i propri frutti in vista dello schianto. Scrive, dunque:
Che
giorno è oggi?
Nessuno
risponde, nessuno sa a che punto è la vita.
Panta
rei - continuano a ripetere con l'angoscia in cuore.
E
nessuno sa che giorno è oggi.
Lo
chiedo alla gente che incontro per strada,
alle
cose che si muovono intorno: - Che giorno è oggi? -
E
impazzisce la mente che trabocca di tempo,
confuso
nei tristi pensieri
di
giorni scordati e di sogni perduti.
Che
giorno è oggi? -
Ma
nessuno è cosciente, nessuno si ferma a pensare,
sguardi
smarriti mi gridano il loro – panta rei – diabolico
-
panta rei - ossessionante.
Panta
rei - e non so che giorno è oggi.
E
prego il Padre perché il cielo mi accolga
se
tutto passa in fretta e nulla resta,
se
tutto muore e nulla nasce.
-Panta
rei – gridano, e mi trascinano nella loro processione
a
cantare lugubri inni per la materia che muore.
-
Panta rei - E non c'è più tempo da calcolare.
I
giorni sfuggono alle menti sconvolte.
Ed
io mi scrollo di dosso questa terra che già mi copre.
Impressionante la lucidità di queste parole da parte di un ragazzo non ancora ventenne che avverte con un sentire da adulto la fugacità del tempo e grida la sua domanda al Padre, come Gesù sulla Croce.
Il
titolo del componimento è tutt’uno con esso, frutto di una coscienza in cui la
morte e la Vita sono il seme e la pianta che ne germinerà.
Ma
la profezia della Resurrezione di Cristo - che traluce dalle vicende umane dei
santi - non è solo un confuso, indefinito futuro “al di là” della storia.
In
un “già” non ancora compiuto ma in germe presente, il seme ricoperto dalla
terra e custodito nell’abbraccio del suo Dio germoglia: adesso!
“Voglio
passare il mio Cielo a fare il bene sulla terra” diceva Teresa del Bambino
Gesù.
Anche
Mario passa il suo “aldilà” riempiendo di frutti il nostro qui ed ora.
In
nome suo - e dei suoi coetanei che hanno condiviso la stessa sorte di “santità
giovane” - molte nuove esperienze di fede e di carità stanno germogliando:
dalla “Via Lucis” di Giandomenico Salvia - il giovane economista ideatore del
progetto di economia solidale Tucum - ai progetti di micro-economia
familiare in varie parti dell’Africa promossi dal fratello Vito, alle attività
culturali a favore degli studenti liceali del Vittorio Emanuele II condotte
dall’Associazione di fedeli che ne promuove la causa di canonizzazione…a mille
altre piccole e grandi iniziative che testimoniano come ogni santo sia un uomo
Vivente, poiché si è lasciato attraversare dalla Resurrezione del suo Signore,
Colui che ha vinto ogni morte.
Elda
Bentley – Movimento Ecclesiale Carmelitano
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