“Educazione alle relazioni”,
tre obiettivi da respingere al mittente
- - di Domenico Fabio Tallarico
Le
iniziative in materia scolastica che sono seguite al caso Cecchettin pongono
tre questioni urgenti che vanno affrontate e attendono risposte
L’omicidio
di Giulia Cecchettin continua a suscitare discussioni e reazioni, spesso
condizionate dall’emotività e non da un’attenta riflessione rispetto alle cause
della tragedia.
In
particolare, è finita sul banco degli imputati una sorta di società di tipo
patriarcale che sarebbe in qualche modo inculcata alle nuove generazioni, anche
se nessuno ha ancora mai detto in modo esplicito come e dove verrebbe
insegnata.
Basterebbe
andare a controllare le statistiche Istat su matrimoni, divorzi, separazioni e
nascite per capire, dati alla mano, che ciò che sta avvenendo è una sottile
battaglia ideologica di parte della sinistra e dei radicali, in parte per
bollare il governo attuale come retrogrado e, nella misura del possibile,
“fascista”, ma anche per introdurre all’interno delle scuole nuove ore di
educazione sessuale, da sempre arma di una certa sinistra per rieducare i
giovani ad idee più “moderne” e progressiste.
La
sintesi educativa di quella che ormai da anni è stata insegnata come educazione
sessuale nella scuola è “fai sesso quando vuoi, con chi vuoi, come vuoi e senza
tabù, l’importante è stare attenti a non rimanere incinta usando i
contraccettivi” (come esempio è possibile consultare il corso “W l’amore” della
Regione Emilia-Romagna); in questi anni anche l’uso del preservativo come
protezione da malattie è stato messo in secondo piano, basti pensare alle
grandi battaglie della sinistra sulla pillola del giorno dopo.
Una
decina di anni fa mi capitò di discutere, in un consiglio di classe di terza
media, di un corso proposto dall’AUSL sull’educazione sessuale, in cui
l’operatrice voleva spiegare a ragazzi di 12-13 anni una scheda in cui veniva
illustrato il cambiamento del piacere sessuale sui maschi e sulle femmine in
base al metodo contraccettivo utilizzato. I genitori, davanti a questa proposta
e su mia segnalazione, decisero all’unanimità di bocciare il progetto e aderire
ad altre iniziative più adatte all’età dei loro figli.
Nella
nostra società dopo anni di questo tipo di mentalità e dopo aver sdoganato la
pornografia per i giovanissimi, in cui è evidente la continua umiliazione della
donna, sarà sempre più difficile tornare a parlare di educazione
all’affettività e alle relazioni e soprattutto non sarà certo un corso sulla
sessualità impostato come è stato fatto fino ad ora a rimettere al centro
l’importanza del rispetto e delle relazioni tra le persone.
È
da lodare l’alleanza tra maggioranza e opposizione per migliorare la legge
contro la violenza sulle donne, ma sull’educazione forse è meglio non
rispondere in modo reattivo sull’onda emotiva dell’assassinio di Giulia
Cecchettin.
Forse
è il caso di fermarsi ed iniziare a ragionare sulle reali cause di stupri,
violenze ed omicidi prima di intraprendere nuove azioni per scombinare la
scuola, luogo in cui già da tempo vengono svolti progetti di educazione alla
sessualità e vengono già svolte più di una trentina ore di educazione civica
sul rispetto delle regole, dei diritti e dei doveri, ma anche sul rispetto
delle persone.
Prima
questione
L’art.
30 della “Costituzione più bella del mondo” recita così: “È dovere e diritto
dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal
matrimonio. Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano
assolti i loro compiti”. La tesi per l’introduzione di una nuova educazione
sessuale a scuola si fonderebbe non sul fatto che la famiglia non educa più i
figli (vero problema dopo la distruzione del ruolo della famiglia nella nostra
società), ma sul presupposto che li educherebbe troppo e male, con
un’educazione di tipo “patriarcale”, che sarebbe causa di violenza sulle donne.
Per questa ragione i giovani andrebbero ri-educati dallo Stato.
Ma
se anche l’educazione sessuale e affettiva (che coinvolge gli aspetti
religiosi, filosofici e ideali più intimi della persona) viene tolta alla
famiglia, che diritto e dovere di educare le rimane nei confronti dei figli?
Proprio
per questo il ministro si è premurato di dire che il MIM ha potenziato il ruolo
del FONAGS (Forum nazionale delle associazioni dei genitori delle scuole),
organo che fino ad oggi nessuno all’interno del mondo della scuola neanche
conosceva. La famiglia è il primo soggetto che deve tornare ad educare e ne ha
tutto il diritto e il dovere; è la famiglia che deve essere sostenuta,
attraverso la valorizzazione dei corpi intermedi che possono aiutare
nell’educazione, ma non si può bypassare la Costituzione e i diritti naturali della
famiglia sulla spinta di un’emotività causata da una tragedia.
Seconda
questione
Le
donne sono trattate in modo diverso dagli uomini, sono discriminate nel lavoro,
prendono uno stipendio più basso degli uomini e vengono spesso licenziate se
rimangono incinte, per questo serve un’educazione sessuale affettiva nelle
scuole. Questo abbiamo sentito in questi giorni.
Tutto
questo cosa c’entra con l’educazione sessuale a scuola? Bisogna intervenire con
leggi che tutelino maggiormente le donne nei luoghi di lavoro, aumentare gli
stipendi e dare maggiori tutele della maternità; è realistico pensare che
questi problemi siano risolvibili nella scuola con l’introduzione della
“educazione sessuale”?
La
scuola è già il luogo lavorativo in cui i giovani vedono concretamente una
parità di genere e in cui non c’è discriminazione, perché l’80% delle persone
che lavorano nella scuola sono donne, donne e uomini sono pagati allo stesso
modo (molto poco), le dirigenti scolastiche sono in numero maggiore rispetto
agli uomini, nella scuola anche sulla parità tra uomini e donne i ragazzi sono
molto più avanti degli adulti. Qualcuno si è chiesto se i ragazzi che hanno
commesso gli stupri di Caivano e Palermo frequentassero la scuola? Siamo sicuri
che l’educazione sessuale a scuola sia la soluzione dei problemi di violenza di
genere, in luoghi in cui lo Stato è assente anche su servizi minimi come la
sicurezza?
L’impressione
è che si agisca sulla scuola a suon di slogan, senza affrontare minimamente,
nei fatti, i problemi principali delle donne.
Terza
questione
La
scuola negli ultimi anni sta investendo molte risorse su alcune tematiche
considerate prioritarie, in particolare le materie STEM Science (scienza),
Technology (tecnologia), Engineering (ingegneria) e Mathematics (matematica),
l’informatica (attraverso l’acquisto di attrezzature e la formazione di
docenti), principalmente quindi materie orientate all’ambito scientifico.
La
recente introduzione dell’orientamento da molti viene considerata fondamentale
per aprire ad un numero sempre maggiore di giovani il percorso degli IFTS
(Istruzione e formazione tecnica superiore) con corsi prevalentemente tecnici e
professionali. In questo contesto l’introduzione dell’educazione civica,
dell’orientamento e di altri progetti ha iniziato a creare già da tempo
malcontento in molti docenti (in particolare quelli delle discipline
umanistiche) che sempre più si vedono costretti a restringere i programmi a
causa di imposizioni indicate dall’alto. L’educazione sessuale e affettiva
andrebbe probabilmente a togliere altre ore, introducendo nuovi elementi di
confusione all’interno della scuola.
Se
le discipline scientifiche preparano al lavoro e l’educazione civica,
l’orientamento, l’educazione sessuale e i progetti vari educano a vivere,
qualcuno dica allora a cosa servono le materie umanistiche e se i grandi
classici della letteratura come la Commedia o I promessi sposi, o i testi delle
grandi religioni possono ancora educare o sono da considerare semplici hobby di
lettura.
La
scuola è sempre stato il luogo di formazione della persona attraverso lo studio
delle discipline, il dialogo con gli insegnanti e i coetanei. Il problema non è
continuare a fare piccole modifiche pur di mostrare che qualcosa si è fatto da
parte del nuovo ministro di turno, ma rispettare e ridare a famiglia e scuola
la possibilità di educare e istruire ognuno nel proprio ruolo, senza aver la
pretesa di eliminare il male dal mondo (che è sempre esistito e sempre
esisterà). Occorre piuttosto ripartire dal bene e dal bello che si sperimentano
e si apprendono all’interno di una famiglia e all’interno di un rapporto
educativo tra insegnante e alunni. La ricostruzione della nostra società deve
innanzitutto ricominciare da questo ambito.
Il Sussidiario
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