Gli studenti (di Napoli)
e l'esperienza della bellezza dell'arte: il valore di una conoscenza che cambia
il loro e il nostro io.
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di Innocenzo Calzone
Percepire l’opera d’arte
come qualcosa che trasmette significato, storia, legame con un popolo o, meglio,
comunicazione della vita di un popolo è certamente occasione di crescita. Avere
la possibilità di “incontrarla”, conoscerla, apprezzarne la valenza non è cosa
da poco. Il legame con l’opera d’arte, visto come legame con una tradizione, è
inesorabilmente occasione di migliorìa vitale. Chi non ne gode la potenzialità
è sicuramente monco, slegato, distratto dalle proprie origini. Ma perché tanto
interesse? Perché sottolineare nelle aule di una scuola l’importanza dell’arte?
L’occasione di portare
avanti un progetto, conoscere luoghi ahimè sconosciuti (è luogo comune a Napoli
giustificare la propria ignoranza per l’enormità di “beni” presenti nel
territorio) scombussola ogni conoscenza pregressa. Sempre cose nuove, sempre aspetti
inediti. Un’infinità di pietre parlanti, di storie, racconti, aneddoti che
testimoniano quanta vita, quanta strada è stata vissuta, percorsa. E ora a noi
il gusto di percepirne il sapore. È indiscutibile il vantaggio di chi vive in
una città ricca in ogni angolo di arte, di storia, di luoghi magici come è
Napoli. L’opportunità per tanti alunni di vedere il Museo MANN con la mostra
sui gladiatori, il museo Madre e l’arte contemporanea, incontrare Paolo
Giulierini, direttore del Museo MANN, conoscere la Disciplina di Santa Croce,
la Chiesa dell’Annunziata con una fetta straordinaria dell’opera napoletana
rivolta ai più fragili, i resti di San Carminiello ai Mannesi presentati dal
Sovrintendente ai beni artistici Luigi La Rocca e conoscere anche un aspetto non
certo positivo di ciò che qualcuno ha fatto dei luoghi in questione, è stato
incredibile.
Insomma, anni intensi,
sudati nel contenere l’entusiasmo (così si chiama ora?) degli alunni della
scuola, irrefrenabili ma colpiti fin nelle ossa, è stato di una bellezza
incredibile tanto da far dire ad uno di loro: “Qui riesci a vedere una luce di speranza;
quindi, sei più motivato a diventare una persona buona”. Cosa desiderare di
più? Quest’espressione di Giuseppe, 12 anni, ha raggiunto il cuore, l’obiettivo
che ci si era prefissati, il Valore. Valore con la “V” maiuscola perché
Giuseppe ha colto l’essenza, il lavoro, “l’offerta” che gli è stata data,
perché il Valore è proprio raccogliere la grandezza, il Bello di certi luoghi,
non per conoscerli e basta ma perché uno, lui, noi, possano vedere una speranza
ed essere più buoni, migliori, che è lo scopo dell’arte.
E non è una questione
solamente napoletana, ci mancherebbe. La bellezza dell’arte è proprio questa:
vedere per essere diversi, nuovi, più ricchi dentro. L’arte è comunicatrice di
senso, inteso nell’aspetto più positivo. Essere coinvolti nella storia implica
la partecipazione attiva, la trasmissione del Bene, di un Bene. Non ci si può
fermare al semplice vedere. Occorre guardare, entrare, compenetrarsi, leggere,
studiare (cioè appassionarsi), gustare e trasmettere.
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