di narcisismo
da non tollerare un rifiuto
-Intervista a Massimo Recalcati a cura di Maria Novella De Luca
«Il
mito del nostro tempo è quello del successo individuale. Si tratta di un nuovo
imperativo che rende impossibile l’esperienza del fallimento. Chi corre piano o
chi cade è tagliato fuori. Si tratta di un vero e proprio culto della
prestazione e del perfettismo. Subire il rifiuto di una ragazza significa
riconoscere i propri limiti, che non si può essere tutto né avere tutto.
Significa accettare una sconfitta delle proprie aspirazioni. Per questo a volte
il ricorso alla violenza sostituisce la dolorosa constatazione della propria
insufficienza. È una tendenza del nostro tempo: rifiutare l’ostacolo, la
perdita, il fallimento, il dolore».
«Il
narcisismo dei figli è sempre un prodotto di quello dei genitori. Oggi una
delle angosce più diffuse tra i genitori è quella di tutelare i loro figli
proprio dal rischio del fallimento e della caduta. Questo non aiuta i figli ad
assumere la responsabilità delle loro parole e delle loro azioni. E,
soprattutto, a comprendere che è proprio attraverso la caduta e il fallimento
che la vita dei nostri figli acquista una forma effettiva. Sono gli adulti
responsabili di non trasmettere ai figli il senso della legge, ovvero che non
si può essere tutto, avere tutto, sapere tutto, fare tutto…».
«Il
mondo social nei suoi aspetti più patologici esalta il perfettismo e il
principio di prestazione. Non c’è in quel luogo alcuna confidenza con
l’esperienza della caduta e della solitudine. Tutto deve apparire perfetto.
Anche l’eventuale caduta diviene in certi casi un modo per raccogliere like… È
una virtualità narcisistica dove tutto deve apparire ideale».
«Non
solo dei maschi di oggi. Da sempre gli uomini che odiano le donne sono uomini
che non sopportano la loro libertà. L’ideologia del patriarcato si è retta su
questo principio repressivo di fondo: negare sistematicamente la libertà delle
donne. Non a caso Adorno e Horkheimer assimilavano la libertà delle donne alla
libertà dell’ebreo. C’è qualcosa di insopportabile, di intollerabile nell’una e
nell’altra. Sono il rimosso dell’Occidente. Per questa generazione specifica di
maschi il problema si è complicato, almeno per un verso, perché riconoscere di
non essere tutto per l’altro è una ferita narcisistica insopportabile. Ma non
dobbiamo dimenticare che al fondo di ogni narcisista c’è il buio della
depressione. Non è tanto l’invidia ad avere spinto Filippo ad uccidere, ma la
frattura di un legame che per lui costituiva la sola salvezza possibile dal
buio della depressione. Una rottura che avviene in due tempi: il primo è quello
nel quale Giulia dichiara la fine del suo amore; il secondo quando si approssima
a discutere la sua tesi di laurea. Sono due fratture irreversibili inflitte
all’ideale della coppia simbiotica».
«Non
servirà certo introdurre nelle scuole un’ora di educazione affettiva, sessuale
o sentimentale … Il rispetto per l’altro e, in particolare, per le donne non è
una materia specialistica come lo sono la chimica o la letteratura. Sarebbe
come pensare che per costruire buoni cittadini sia sufficiente un’ora di
educazione civica alla settimana. La cultura del rispetto della differenza
avviene innanzitutto nelle famiglie e nella Scuola. Sono la famiglia e la
Scuola i due principali educatori con il compito di alimentare nei nostri figli
la cultura del rispetto della differenza: la testimonianza dal lato della
famiglia che possano esistere relazioni ispirate dalla cura e dalla accoglienza
e la cultura dal lato della Scuola come antidoto nei confronti della violenza».
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