In
ogni Natale che celebriamo, Gesù, il Figlio di Dio incarnato, nasce per noi e
viene a raggiungerci nel nostro quotidiano, per illuminarlo e dargli pienezza
di senso. I presepi, che tanto apprezziamo, rappresentano la nascita del
Salvatore proprio così: Gesù nasce nei dintorni di una piccola città, nella
quotidianità della gente, condividendo ristrettezze, emarginazioni e
difficoltà.
Solo
uno sguardo attento e senza pregiudizi avrebbe potuto riconoscere il Salvatore
nel bambino della grotta di Betlemme. Questo è stato lo sguardo di Maria e di
Giuseppe e poi quello dei pastori e dei magi. A noi spetta prolungare questo
sguardo, riconoscendo e accogliendo il Figlio di Dio incarnato e offrendogli un
posto al centro della nostra vita. Ossia, «spalancando le porte» proprio a
Colui al quale le porte sono state chiuse quando stava per venire al mondo!
Affacciamoci,
quindi, alla grotta di Betlemme. Rivolgiamo il nostro sguardo silenzioso al
bambino deposto nella mangiatoia; e adoriamo con spirito devoto il Figlio di
Dio che si fa nostro fratello e che, da Figlio unico, condivide con noi il
Padre. È questo il dono prezioso e gratuito da accogliere e da celebrare a
Natale.
Gesù
viene per tutti. Non c’è nessuna realtà umana in cui Lui non voglia essere
presente, per redimerla, per trasformarla, per portarla al Padre, per renderla
più umana e più divina tramite l’azione del Suo Spirito. La realtà del presepe
è la prova evidente di questa unione stretta fra umanità e divinità. Un’unione
che ci attrae, che ci rallegra e che ci porta all’incontro con gli altri. Il
Natale è una celebrazione di accoglienza, non di esclusione; un tempo di cura e
di attenzione, non di indifferenza e di emarginazione; un invito alla crescita,
non alla rassegnazione. È Dio stesso, fatto uno di noi, che include e abbraccia
tutti senza eccezione.
Questi
pensieri sembrano contrastare, in modo evidente, con ciò che vediamo attorno a
noi e che ogni giorno ci viene riferito in diretta dai media. Va ribadito,
allora, che lo sguardo verso il presepe non ci allontana dalla realtà che ci
circonda. In essa vediamo guerre, disuguaglianze, sfruttamenti, attentati alla
vita innocente, femminicidi, emarginazioni, malattie, sfregi alla creazione,
lutti… Nel presepe, come sulla Croce, in un modo ugualmente reale, Gesù si
identifica e si rende presente in tutte le situazioni umane di sofferenza, per
consolare e per redimere.
Quest’anno,
in modo particolare, osiamo portare e celebrare il Natale negli sterminati
campi di battaglia dove, ogni giorno, l’umanità è sconfitta. Chiediamo il
miracolo di vedere, al di là delle trincee e dei fili spinati, dei fratelli e
delle sorelle, uomini e donne, anziani e bambini amati dal Signore. Allora
potranno nascere e crescere desideri di pace e di riconciliazione e, al posto
della violenza delle bombe, potranno moltiplicarsi opere di giustizia e di
carità.
È
tempo, quindi, in questo Natale, di ricordare l’essenziale, e l’essenziale è la
certezza che il Figlio di Dio è venuto e continua a venire in mezzo a noi.
L’essenziale è sentire la vicinanza di un Dio che vuole farci compagnia.
Sosteniamoci a vicenda con creatività e affetto, immaginando modi di renderci
presenti ai nostri fratelli, soprattutto a quelli che sono più soli. E che la
vicinanza di Gesù bambino rafforzi in noi la speranza: la speranza che proprio
in questo tempo siamo chiamati a vivere e a testimoniare.
Che
la luce di Betlemme illumini e guidi tutti!
Civiltà
Cattolica
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