Non siamo ancora in grado di stimare gli effetti di un ingresso della scuola nel Metaverso (o viceversa). Ma potrebbe essere un’opportunità,
La
qualità dell’insegnamento è sempre più importante ed è corroborata dalle
innovazioni didattiche, per questo è utile spendere alcune parole su cosa sia
il Metaverso e perché Mark Zuckerberg, sulla
sua scia, abbia cambiato il nome di Facebook in Meta.
In
sintesi, il Metaverso è una realtà virtuale molto più assorbente e profonda di
quella finora sperimentata. Grazie a una visiera (oggi si stanno sperimentando
degli appositi occhiali, molto meno invasivi), si può entrare in un mondo
virtuale, avvalendosi di un proprio avatar, il quale può interagire con gli
avatar di altri. Il nostro io digitale, così, sperimenta una vita parallela a
quella che noi comunemente consideriamo come reale. La prima espansione di
questa nuova realtà avverrà probabilmente tramite la diffusione di giochi di
community, dove ciascuno avrà un proprio ruolo, “incarnato” in un player
più o meno stabile.
Si
può immaginare, tuttavia, come il Metaverso possa espandersi sino a coinvolgere
altri ambiti, come quello lavorativo, dove saranno possibili varie attività (ad
esempio quelle che oggi svolgiamo in presenza con i nostri colleghi) e vere e
proprie transazioni, come la compravendita di beni e cose. Non a caso, nella
realtà del Metaverso disponiamo di denaro (criptovalute) per l’acquisto di
oggetti digitali che, registrati da appositi algoritmi (blockchain), diventano
insostituibili e unici, ovvero Nft (Not Fungible Token).
C’è
da chiedersi se qualcuno, dopo aver sperimentato la vita parallela per molte
ore nell’arco della giornata, continui a preferire la propria identità fisica e
reale a quella digitale. Forse alcuni sceglierebbero il mondo
virtuale, perché più adattabile alle proprie esigenze, piuttosto
che quello reale. Soprattutto, a questo punto, giova porsi un’altra domanda: è
possibile che il Metaverso, in futuro, non coinvolga il mondo della formazione
e della scuola?
La
domanda è retorica, perché inevitabilmente quel mondo sarà pervaso e forse travolto dal Metaverso,
anzi tutto attraverso la gamification, cioè
l’uso didattico di meccanismi dei videogiochi. Inoltre si hanno evidenti
segnali economici di quanto sta per accadere: la finanza si sta interessando
alla formazione, perché è in corso, a livello mondiale, un’incredibile
riconversione del capitale umano, come sostiene Fabio Vaccarono, l’Ad di
Multiversity, la società che controlla varie università private (Pegaso,
Mercatorum e altro ancora).
Alcuni
fondi di private equity investono nelle aziende che si
occupano di formazione, nelle start up più promettenti, che non solo formulano
previsioni sul futuro, ma contribuiscono a costruirlo, secondo il dinamismo
delle profezie “autorealizzantisi”. C’è da attendersi, infatti, che una
realtà virtuale così potente e immersiva, come il Metaverso, trovi applicazioni
formative. È evidente come, grazie ad essa, sia possibile creare infinite
situazioni finalizzate a costruire o mettere alla prova le competenze degli
alunni. La didattica, inoltre, contemplerà straordinari processi di
personalizzazione e il ruolo del docente, che tutt’oggi effettua perlopiù
lezioni trasmissive, in “modalità cinema”, richiederà forti innovazioni. Gli
insegnanti diventeranno animatori e registi dei processi di apprendimento.
La
cosa può non piacere e anzi sdegnerà una parte consistente dei docenti e dei
sindacati della scuola, ma, se si dimostrasse che con il Metaverso si può
apprendere in maniera più efficace, sarebbe difficile propugnare
aprioristicamente il solo valore delle tradizionali
lezioni. Entrerà in crisi anche il primato del sistema statale
di formazione, che in Italia gode di un credito inossidabile: le scuole saranno
valutate dall’opinione pubblica per come operano, indipendentemente dal fatto
che si tratti di istituzioni pubbliche o società private.
C’è
anche un ultimo aspetto sul quale porre l’attenzione ed è quello relativo al
ruolo che la scuola può avere rispetto alla coesione sociale, che è un tema non
sempre opportunamente individuato. Secondo Perulli e Vettorino, la tradizionale
composizione sociale delle classi, oggi, sta radicalmente cambiando e si sono
determinate delle faglie che descrivono una triade di gruppi sociali: quello
delle élite, spesso indifferenti ai destini nazionali e in progressiva
riduzione, quello della classe creativa, che si avvale della conoscenza come
strumento lavorativo e, infine, quello della neo plebe, che comprende persone
in difficoltà, animata da risentimento e a rischio costante di secessione.
La
classe creativa è quella che manterrebbe vivo il codice di responsabilità, che
Hegel individuava nella società civile del suo tempo. Persone che, grazie alla
conoscenza, ritengono di poter perseguire il proprio interesse coerentemente
con quello generale della comunità; che credono di poter raggiungere la
prosperità tramite il cosmopolitismo, il quale offre loro l’opportunità di
aprire nuovi mercati alle idee. L’eventuale espansione di questa classe
rappresenterebbe la principale chance, per la società, di mantenere la
coesione.
Anche
per queste ragioni, l’innovazione didattica, che favorisce la diffusione della
classe creativa, è fautrice indirettamente di un equilibrio sociale e il
Metaverso, secondo me, può rappresentare un’opportunità da cogliere.
Il
Sussidiario
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