- - di Claudia Cremonesi
La scelta.
È impegno di
ogni istituzione educativa promuovere la crescita di cittadini adulti, autonomi
ed in grado di compiere scelte consapevoli, alla luce di un sistema di valori
che, per noi cristiani, trova il suo significato ultimo nel Vangelo.
Credo che
sia sotto gli occhi di tutti che il contesto nel quale viviamo non promuove la
crescita e lo sviluppo delle competenze e del sistema di valori associati
all’adultità.
Essere
adulti oggi è un concetto annacquato, un tema sul quale non si interroga
nessuno, una dimensione dimenticata. Paradosso!
Infatti, se
guardiamo la nostra società, colpisce la totale mancanza di adulti capaci di
stare in piedi di fronte alle sfide del nostro tempo e porsi quindi come punti
di riferimento solidi per i più giovani.
Ci sono età
della vita che non vanno più di moda, l’età adulta è decisamente in testa.
Eppure,
l’età adulta è anche l’età delle scelte mature, consapevoli, fatte per durare
nel tempo e guidare la vita un po’ più in là del prossimo mese.
Scelte che
impegnano su un piano personale, ma anche in una dimensione relazionale e
comunitaria. Ci si impegna per gli altri e con gli altri.
Scelte che
diventano testimonianze.
Quante volte
abbiamo incontrato adulti capaci di tali testimonianze! E quanto il loro
esempio ha contato nella nostra formazione! Oggi questo processo è decisamente
più difficile. Non avviene certo in modo naturale, automatico, all’interno
della società.
Bisognerebbe
lavorarci, forse forzarlo un po’. Insomma, non abdicare ad un ruolo che, se in
passato ha mostrato tutta la sua debolezza nell’autorità, oggi dimostra la sua
totale inconsistenza nell’autoriferimento dell’individuo a se stesso.
Già, sono i
due estremi del pendolo. Bisognerebbe cercare la famosa via di mezzo.
L’esperienza
scout è interessante da questo punto di vista perché non si ferma alla
giovinezza.
Nel cammino
educativo la riflessione sulla dimensione vocazionale deve essere predominante
e le domande sul perché e il senso delle cose dovrebbero primeggiare sul come e
il che cosa.
Una delle
poche e rare proposte di lavoro formativo in una dimensione della vita sulla
quale non lavora nessuno.
Quanta
ricchezza!
Diventare
adulti è un percorso che va oggi accompagnato, non si può dare per scontato.
Farlo in una
comunità parrebbe quasi rivoluzionario.
Nella
società tecnica l’individuo basta a se stesso, non ha bisogno di relazioni, se
non di tipo funzionale al suo obiettivo, sempre personale, sempre individuale.
L’uomo
diventa il paradigma di riferimento di tutto, perfino dell’intero pianeta.
La sua
capacità tecnica aumenta il suo senso di onnipotenza. Tutto si risolve in un
riferimento interno, con me stesso.
O meglio,
con la mia libertà assoluta. Questo è
forse oggi il più grande male di tutti.
Siamo tutti
d’accordo: senza la libertà non si può vivere pienamente.
La libertà
La libertà è
il diritto della persona di respirare; senza libertà l’uomo è una sincope.
Qualcuno ha
dato la vita per un bene così alto, altri, come noi, l’hanno ereditata e,
forse, ne hanno equivocato il senso.
L’altro mi
precede, mi dà un nome, il suo amore mi fa scoprire come persona che merita
amore. Ed è quindi il noi ad aprire lo spazio dell’io.
L’io non
scivola nella prepotenza, nell’arroganza, nella violenza solo quando è preceduto
dal noi. È questo un tema assente dallo scenario: il contraltare della libertà.
La tanto
antipatica responsabilità.
I due valori
devono stare assieme, non possono essere presi come riferimenti assoluti, ma in
una dialettica costante tra di loro che li porta a ridefinirsi continuamente, a
negoziare lo spazio che uno prende sull’altro. Perché non ce ne sia mai uno che
si pone come assoluto.
La libertà è
il respiro, lo slancio, l’altezza, la creatività che la responsabilità non ha,
mentre la responsabilità è la misura della libertà, è ciò che la dà una
disciplina, che le impedisce di prendere tutto e che la mette a misura.
Troppo poco,
non va bene. Troppo, non va bene.
L’uomo che
assume la sua libertà come assoluta vive in una vertigine di onnipotenza.
Lo sentiamo
nel linguaggio ogni giorno: “puoi fare ciò che vuoi”, “basta che tu lo voglia”,
“non c’è limite per una volontà determinata”, ecc...
Lo spazio
della mia libertà porta con sé una quota altrettanto ampia di responsabilità.
Verso di me,
ma soprattutto verso gli altri.
Ed è
esattamente il momento della scelta che esplicita lo stretto rapporto tra
queste due dimensioni.
Scelgo
liberamente e subito mi assumo la responsabilità della mia scelta.
Le famose
conseguenze.
In primis,
di non aver scelto altro. Ho scelto, non
posso avere tutto, sono consapevole che una scelta comporta una rinuncia, fin
da subito.
La scelta è
lo spazio di prova della libertà e della responsabilità nella loro relazione.
Scelte vere,
reali porteranno con sé responsabilità vere, reali.
Si può
sbagliare, certo. Sono libero di sbagliare e me ne assumo la responsabilità.
La
responsabilità è anche il mio impegno di fronte agli altri.
In un mondo
in cui valgono solo performance e obiettivi individuali, la responsabilità ci
ricorda che siamo responsabili di altri e verso gli altri.
Infatti, ad
un certo punto della tua vita, devi uscire dal solipsismo individualistico e
comprendere che stai creando delle relazioni, delle dipendenze.
Le libere
scelte comportano il tuo esserci e un grado di responsabilità che non riguarda
più solo te. Ma anche altri.
Da te
dipendono altre scelte, altre vite.
La loro
possibilità di libertà e felicità dipende dal tuo grado di responsabilità e di
libertà. Quando si sceglie, si lanciano i dadi, non si torna indietro. Ma ciò
non significa che la storia sia già scritta, già determinata.
La bellezza
e la grandezza della vita ci portano a compiere scelte sempre più impegnative,
ma dietro l’angolo c’è l’inatteso imprevisto, la sorpresa di un incontro, la
gioia di una relazione che si apre al mondo.
Di scelta in
scelta. Nella mia libertà e nella mia responsabilità.
Perché
se senza libertà l’uomo è una sincope, senza responsabilità l’uomo è una
vertigine.
RS-Servire
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