Dt 30,10-14/Col
1,15-20/ Lc 10,25-37
Come devo fare per essere felice? Per avere in me la vita di Dio, l’Eterno?
Come leggi la Parola? chiede Gesù al dottore della Legge. E a me.
Amerai, ha letto.
L’amore declinato al futuro. L’amore
proiettato in avanti. L’amore che diventa consapevolezza di essere agapetoi,
amati da Dio e la scelta di ricambiare, di amare Dio con forza, con
intelligenza, con passione. Per essere colmati di quell’amore divino per
poterlo donare agli altri.
Come un’eccedenza, come il cuore che tracima. Ha letto bene, ha capito, sa.
Ora basta vivere in quell’amore, giorno per giorno, un piccolo passo
possibile alla volta.
È in imbarazzo, ora, il teologo. Sa ma non sa come vivere ciò che sa. La
sua fede è chiusa nella sua bella teoria.
Amare è fatica, libertà, dono, rinuncia, concretezza. Tanta roba, forse
troppa.
Allora cerca di svicolare, di restare nella mente, nelle sue piccole
categorie.
Come se l’amore si potesse comprimere e organizzare.
Amare quale prossimo?
L’ebreo che vive i precetti, come dicono i rabbini farisei, escludendo i
superficiali?
O amare tutti i fratelli ebrei come osavano i più aperti? (ovviamente amare
i non ebrei non era un’opzione contemplata). Sorride, ora, il Maestro.
Briganti
Nel tratto di ventisette chilometri che separano la capitale dalla città di
Gerico, mille metri di dislivello nel roccioso deserto di Giuda, si viaggia in
carovana per non cadere in mano ai briganti.
Un tale, imprudente, viaggia da solo, viene rapinato e ferito, lasciato
morente a bordi della strada.
È un uomo che scende da Gerusalemme. Non sappiamo nulla di lui né nulla
sapremo.
Di che religione è, se è una persona onesta o un malandrino, se è una
vittima o un carnefice.
Per caso passano di là prima un prete, poi un cantore/lettore. Per caso:
l’incontro col fratello bisognoso è sempre casuale, lo incrociamo mentre
prendiamo il treno o per strada. I due,
probabilmente, hanno appena concluso il servizio al tempio. Un’intera settimana
passata a lodare Dio e a chiedere misericordia.
Misericordia che negano al malcapitato. Fanno finta di non vedere, tirano
dritto. Non si fermano perché passano per caso. Il malcapitato non rientra nel
loro progetto, è un intralcio, una scocciatura.
Ipocriti
Non fate gli ipocriti: anch’io avrei fatto lo stesso. Anche voi. Che ne
sanno di chi è quel tale e cosa è successo? E se fosse un regolamento fra
bande? E se avesse l’AIDS? E se i briganti tornassero?
E del loro Dio da venerare e omaggiare con incensi e olocausti. Nel Tempio.
Perché fuori il mondo non esiste, è brutto e cattivo, è un covo di vipere. Come
troppo spesso facciamo noi.
Invece
Invece un samaritano. È in viaggio non passa per caso. Ha una meta. Perché
il viaggio non è definito dal punto di partenza ma da dove si desidera
arrivare. È in cammino, è per strada, come sono i discepoli veri. Irrequieti
per grazia.
Un samaritano. Ma dai!
Tutti si aspettavano che Gesù facesse entrare in scena un pio devoto laico,
un credente adulto e motivato, non bigotto e formale, magari simile a qualcuno
presente fra la folla.
Chiunque, ma non un samaritano. Dire “samaritano” ad un ebreo era un insulto
e l’odio fra i due popoli era radicato. Siamo noi ad averlo chiamato “buono”.
Non sappiamo nulla di lui, magari è un delinquente, un miscredente, un
opportunista. Ma è ciò che fa che è “buono”.
Non va a cercarsi la persona da aiutare, è la vita che ce la mette in mezzo
ai piedi continuamente. Il samaritano vede un uomo, non un nemico, non uno
dell’altra squadra. Un uomo che ha
bisogno. E il suo è anzitutto un bisogno di compassione.
Cum-patire, patire insieme. Sa che potrebbe essere lui, esangue, al bordo
della strada.
Si ferma, agisce, si prende cura di lui e all’albergatore, pagato, chiederà
di fare lo stesso. Il sentimento diventa azione. Azione che gli fa perdere
tempo, soldi, che gli fa correre dei rischi. Non fa il salvatore della patria,
ha la sua vita, continua il suo viaggio impegnandosi, di ritorno, a fermarsi
per saldare eventuali debiti. Accompagna ed affida.
Piccoli passi possibili. Non può
risolvere tutti i problemi.
È l’obiezione che mi sento rivolgere continuamente: come faccio a fermare
la guerra se nessuno mi ascolta? Vero: io, però, posso ostinarmi a costruire un
metro quadrato di pace intorno a me. Cosa vuoi che faccia la mia protesta di
cittadino se intorno tutti rubano e se ne fregano? Giusto: io, però, voglio
consegnare a mio figlio un mondo migliore e mi comporto onestamente.
Ha ancora senso cercare di accogliere i nostri ragazzi, ora che il mondo
occidentale disprezza il cristianesimo? D’accordo: io, però, continuo a parlare
del magnifico volto di Dio sperando che qualcuno se ne accorga.
Come faccio a difendere una Chiesa sempre più demotivata e stanca, attenta
a difendere il fortino piuttosto che ad uscire a dire di Dio?
Vero: ma la Chiesa è ciò che costruisco insieme a chi vuole vivere sul
serio il Vangelo.
Se ci siamo scoperti amati, se abbiamo una strada da percorrere, facciamo
la differenza.
È normale scoraggiarsi, avere paura, difendersi, far finta di niente. È
evangelico farsi prossimo a chi incontreremo in questa settimana.
Compiendo piccoli passi possibili.
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