venerdì 1 luglio 2022

POVERTA' EDUCATIVA. QUALI STRATEGIE?


Arrivano i fondi

 manca la strategia

 

-         di CINZIA ARENA

 Il contrasto alla dispersione scolastica e il superamento dei divari territoriali nell’ambito dell’istruzione è uno degli obiettivi strategici del Pnrr. Ma la prima parte dei fondi stanziati, un terzo degli 1,5 miliardi previsti, sono stati assegnati senza che venissero accolte le indicazioni fornite dal gruppo di lavoro nominato dal ministero dell’Istruzione a marzo. «Si rischia di trasformare questa incredibile possibilità in un’occasione mancata di combattere la povertà educativa» commenta Marco Rossi Doria, presidente della Fondazione Con i bambini che insieme ad altri membri del gruppo di lavoro (Ludovico Albert, Franco Lorenzoni, Andrea Morniroli, Vanessa Pallucchi, don Marco Pagniello e Chiara Saraceno), ha scritto al ministro Patrizio Bianchi.

Il decreto 170 del 24 giugno che assegna i primi 500 milioni alle scuole italiane – secondo i firmatari della lette- ra – non tiene conto delle linee di indirizzo in termini di alleanze territoriali per combattere le diseguaglianze. In particolare viene contestata un’eccessiva semplificazione dei criteri per l’assegnazione dei fondi alle scuole, che non prende in considerazione, ad esempio, i risultati dei test Invalsi, l’incidenza di alunni con bisogni educativi speciali (Bes) e la presenza di giovani Neet. Il decreto assegna le risorse non contiene indicazioni concrete su come usarle, punto sul quale il gruppo di lavoro aveva insistito parecchio. «C’è ancora l’occasione di evitare il rischio, gravissimo, che la mancanza di indicazioni possa tradire le stesse finalità del Pnrr, reiterando interventi 'a pioggia' anziché avviare un’azione strutturale di lungo termine come la UE ci chiede» è l’appello rivolto al ministro.

«Il Pnrr è il tentativo, lì dove è possibile, di invertire la rotta sui punti critici della società italiana – spiega Rossi Doria – Se mancano le linee ferroviarie e i porti al Sud bisogna realizzarli, se ci accorgiamo che c’è stato un fallimento formativo nelle periferie urbane bisogna intervenire. I Pon Istruzione che per quattro generazioni sono stati realizzati con i fondi Ue non hanno funzionato. Oggi c’è una straordinaria occasione di utilizzare 1,5 miliardi per avviare un cambiamento».

La situazione in Italia è critica sul fronte della povertà educativa che va di pari passo con quella economica. Dei 9,5 milioni di minori che vivono sul territorio 1,3 milioni sono in povertà assoluta e 2,3 in povertà relativa. Già prima della pandemia, nel corso degli ultimi 15 anni, quest’emergenza era esplosa. «A questi dati ufficiali si aggiungono i dati Invalsi e Ocse Pisa: in un Paese come il nostro con una grave crisi demografica, un terzo dei nostri bambini vive in condizioni di povertà e con livelli di apprendimento molto bassi» prosegue Rossi Doria. L’abbandono scolastico, parametro misurato sui giovani over 25 senza un diploma o un titolo di formazione professionale, è al momento al 12,7%, ma in alcune zone si arriva al 20-25%. A questa forma di fallimento formativo 'esplicito' se ne aggiunge un altro, 'implicito' ma non meno pericoloso. «Tramite i test Invalsi emerge che c’è una quota di ragazzi, circa il 13-14% che non sa spiegare un semplice testo dopo averlo letto e non ha cognizioni logiche di base – continua Rossi Doria –. Se si somma questa percentuale a quella dell’abbandono scolastico si arriva quindi ad un quarto di ragazzi privi delle competenze necessarie per trovare un’occupazione».

Il gruppo di lavoro è partito dalle esperienze degli ultimi 20 anni che hanno funzionato, intervistando presidi ed insegnanti: vale a dire dai progetti che le scuole hanno realizzato insieme alle associazioni, alle parrocchie, ai centri sportivi. «La scuola che è il 'presidio' della Repubblica si deve alleare con gli altri soggetti in maniera stabile per contrastare l’abbandono scolastico e ridurre le diseguaglianze – spiega il presidente della Fondazione Con i Bambini –. Serve un’alleanza Comuni-scuole-Terzo settore e progetti di almeno tre anni, arco di tempo minimo per valutare i risultati ». Altri elementi fondamentali indicati nel documento di 36 pagine redatto dal gruppo di lavoro sono da un lato il rafforzamento dell’autonomia scolastica, dall’altro il coinvolgimento diretto delle famiglie e degli stessi alunni, che devono essere i protagonisti di questo cambiamento.

 

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