manca la strategia
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di CINZIA ARENA
Il decreto 170 del 24 giugno che assegna i primi 500 milioni alle scuole
italiane – secondo i firmatari della lette- ra – non tiene conto delle linee di
indirizzo in termini di alleanze territoriali per combattere le diseguaglianze.
In particolare viene contestata un’eccessiva semplificazione dei criteri per
l’assegnazione dei fondi alle scuole, che non prende in considerazione, ad
esempio, i risultati dei test Invalsi, l’incidenza di alunni con bisogni
educativi speciali (Bes) e la presenza di giovani Neet. Il decreto assegna le
risorse non contiene indicazioni concrete su come usarle, punto sul quale il
gruppo di lavoro aveva insistito parecchio. «C’è ancora l’occasione di evitare
il rischio, gravissimo, che la mancanza di indicazioni possa tradire le stesse
finalità del Pnrr, reiterando interventi 'a pioggia' anziché avviare un’azione
strutturale di lungo termine come la UE ci chiede» è l’appello rivolto al
ministro.
«Il Pnrr è il tentativo, lì dove è possibile, di invertire la rotta sui
punti critici della società italiana – spiega Rossi Doria – Se mancano le linee
ferroviarie e i porti al Sud bisogna realizzarli, se ci accorgiamo che c’è
stato un fallimento formativo nelle periferie urbane bisogna intervenire. I Pon
Istruzione che per quattro generazioni sono stati realizzati con i fondi Ue non
hanno funzionato. Oggi c’è una straordinaria occasione di utilizzare 1,5
miliardi per avviare un cambiamento».
La situazione in Italia è critica sul fronte della povertà educativa che va
di pari passo con quella economica. Dei 9,5 milioni di minori che vivono sul
territorio 1,3 milioni sono in povertà assoluta e 2,3 in povertà relativa. Già
prima della pandemia, nel corso degli ultimi 15 anni, quest’emergenza era
esplosa. «A questi dati ufficiali si aggiungono i dati Invalsi e Ocse Pisa: in
un Paese come il nostro con una grave crisi demografica, un terzo dei nostri
bambini vive in condizioni di povertà e con livelli di apprendimento molto
bassi» prosegue Rossi Doria. L’abbandono scolastico, parametro misurato sui giovani
over 25 senza un diploma o un titolo di formazione professionale, è al momento
al 12,7%, ma in alcune zone si arriva al 20-25%. A questa forma di fallimento
formativo 'esplicito' se ne aggiunge un altro, 'implicito' ma non meno
pericoloso. «Tramite i test Invalsi emerge che c’è una quota di ragazzi, circa
il 13-14% che non sa spiegare un semplice testo dopo averlo letto e non ha
cognizioni logiche di base – continua Rossi Doria –. Se si somma questa
percentuale a quella dell’abbandono scolastico si arriva quindi ad un quarto di
ragazzi privi delle competenze necessarie per trovare un’occupazione».
Il gruppo di lavoro è partito dalle esperienze degli ultimi 20 anni che
hanno funzionato, intervistando presidi ed insegnanti: vale a dire dai progetti
che le scuole hanno realizzato insieme alle associazioni, alle parrocchie, ai
centri sportivi. «La scuola che è il 'presidio' della Repubblica si deve
alleare con gli altri soggetti in maniera stabile per contrastare l’abbandono
scolastico e ridurre le diseguaglianze – spiega il presidente della Fondazione
Con i Bambini –. Serve un’alleanza Comuni-scuole-Terzo settore e progetti di
almeno tre anni, arco di tempo minimo per valutare i risultati ». Altri
elementi fondamentali indicati nel documento di 36 pagine redatto dal gruppo di
lavoro sono da un lato il rafforzamento dell’autonomia scolastica, dall’altro
il coinvolgimento diretto delle famiglie e degli stessi alunni, che devono
essere i protagonisti di questo cambiamento.
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