Una formazione che aiuti a non essere “prigionieri” di libri ed esami
Non sono poche le esperienze che cercano di affiancare i tradizionali percorsi formativi con l’obiettivo di allargare l’orizzonte dei giovani
È ormai
opinione comune, largamente condivisa, illustrata in una miriade di convegni,
argomento di infiniti saggi, che la formazione dei giovani (e non solo) sia un
elemento fondamentale per la dinamica sociale. Una formazione che non sia solo
il tradizionale nozionismo scolastico, ma che sappia unire le competenze
verticali, quelle legate a uno specifico settore di attività, anche quelli che
vengono chiamati i “soft skill“, cioè la capacità di sfruttare le occasioni, di
adattarsi al cambiamento, di perfezionare le relazioni, di cogliere
costruttivamente le occasioni di crescita personale e aziendale.
In verità
sarebbe ingeneroso fare di ogni erba un fascio e giudicare nel suo insieme un
sistema scolastico che ha elementi di eccellenza, che ha saputo aprirsi con gli
Its alle specializzazioni tecniche più avanzate, che sta sperimentando in molti
istituti un approccio digitale alla conoscenza e al confronto.
Un posto in
prima fila lo meritano anche le non poche esperienze che hanno cercato di
affiancare i tradizionali percorsi formativi con l’obiettivo di allargare
l’orizzonte dei giovani senza perdere la profondità della ricerca nei diversi
campi. Tra queste esperienze va posto il Collegio universitario istituito
sessant’anni fa dalla Federazione dei cavalieri del lavoro la cui storia è ora
raccolta in un libro curato da Angelo Ciancarella (“L’abbazia laica, Giovanni
Cavina, educatore visionario”, Campisano editore, pagg.272, € 30), un libro in
cui si approfondiscono tutti i temi della formazione attraverso la figura e il
pensiero di chi ha diretto per tanti anni il Collegio, animando anche
importanti iniziative sociali e culturali.
Come scrive
nell’introduzione Giuseppe De Rita, Presidente del Censis, Giovanni Cavina
aveva l’ambizione “di aiutare i giovani a non essere prigionieri dei propri
esami e dei propri libri, voleva che respirassero altro, consapevole che non
stava formando specialisti di settore, ma esponenti di una nuova classe
dirigente”. La Residenza universitaria “Lamaro Pozzani è stata per Cavina un
impegno che si affiancava e in qualche modo completava una lunga serie di
incontri, di premi, di convegni operativi, di pubblicazioni, tra cui quel
“Panorama per i giovani” altrettanto sobrio nella grafica quanto aperto e ricco
di contenuti, come dimostrano peraltro i numerosi editoriali riportati in
questo libro.
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