Padroni anche dei numeri
e di un'economia più giusta
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Gerolamo Fazzini
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Provo a dirlo in modo più diretto, da papà prima che da
professore. Bocconiani e laureati in Economia a parte, quanti degli studenti
che ogni anno le nostre università immettono nel mondo del lavoro sanno leggere
correttamente la busta-paga? Ancora. Chi di loro saprebbe destreggiarsi con una
dichiarazione dei redditi (posto che anche per gli adulti – io sono fra questi
– rimane qualcosa di vagamente impenetrabile)? E quanti di coloro che indossano
costose sneakers ai piedi saprebbero ricostruire, almeno per sommi capi, il ciclo
produttivo delle stesse e i compensi attribuiti alle diverse categorie di
persone coinvolte? Non credo siano domande oziose. Men che meno oggi,
all’indomani di The Economy of Francesco, che il Papa ha
voluto proprio per cominciare a modellare, dal basso, un sistema economico
alternativo. Va proprio in questa direzione l’appello
che il 19 giugno 2019, su queste colonne, veniva lanciato da Leonardo Becchetti,
uno degli economisti cattolici di punta, e da Enrico Giovannini, portavoce
dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile. Tale meritoria
iniziativa, come i lettori di 'Avvenire' ben sanno, ha preso il nome di Saturday
for Future'. Scrivevano i promotori: «E se i giovani
di Fridays for Future che si sono mobilitati in tutto il mondo
per chiedere agli adulti e alle istituzioni di 'non rubargli il futuro' e di
costruire un domani sostenibile per il Pianeta coinvolgessero le proprie
famiglie nei Saturdays for Future, dedicati a cambiare le
abitudini di spesa? Se cioè il sabato, il giorno successivo alla mobilitazione,
quando oltre la metà delle persone fa abitualmente la spesa settimanale, si
trasformasse per tutti nel giorno a favore della sostenibilità ambientale e
sociale?».
Ebbene: è evidente che, in parallelo a un’educazione civica
che avvicini i giovani a temi quali il consumo critico, la finanza etica, il
turismo responsabile e il rapporto fra processi produttivi e conseguenze
ambientali, si rende necessaria una sorta di 'alfabetizzazione economica' di
base, che coinvolga gradualmente gli studenti di tutte le scuole. Negli ultimi
anni, giustamente, nei progetti educativi rivolti a studentesse e studenti
delle scuole di secondo grado si sta mettendo molta enfasi sul tema della
cittadinanza e sulla riscoperta e valorizzazione della nostra Costituzione. Mi
chiedo: una cittadinanza consapevole può prescindere da una capacità minimale
di muoversi con cognizione di causa nella sfera dell’economia? Ho citato la
busta-paga, ma gli esempi potrebbero continuare. Quanti giovani, tra coloro che
puntano a mettere su famiglia, dispongono delle opportune conoscenze quando
vanno a chiedere un mutuo in banca? E dunque, sarebbe così scandaloso o
azzardato se anche gli studenti del Classico, oltre a imparare l’aoristo e
Platone, si impratichissero di Euroribor e spread? Diciamolo in un altro modo:
se, a livello globale, i cittadini avessero appreso un vocabolario minimo –
fatto di numeri – la crisi economica che abbiamo conosciuto dal 2008 in qua si
sarebbe generata con le medesime modalità? Difficile rispondere. Quel che è
certo è che la posta in gioco è alta. «Senza la parola non c’è dignità e quindi
neanche libertà e giustizia », ha detto il Papa in visita a Barbiana.
Aggiungiamoci i numeri e... il gioco è fatto.
Non c’è ventenne, oggi, che non aspiri a conseguire la
patente automobilistica per potersi spostare agilmente e in modo autonomo.
Preoccupiamoci, come adulti, che i giovani si facciano anche una 'patente economica'
minima. Necessaria per imparare a 'votare col portafoglio' e per provare a
costruire, passo dopo passo, un mondo più equo e solidale.
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