Lo psicologo Regalia: differenze anche nominali indispensabili per la costruzione dell’identità dei figli.
Nella bozza del decreto della ministra Lamorgese si parlerà semplicemente di “genitori”. Senza 1 e 2
-
di LUCIANO MOIA
Ma è proprio così? Esistono davvero criticità nel riferimento
esplicito alla madre e al padre nel caso di famiglie in cui uno dei due partner
della coppia non fondi il suo ruolo su un dato biologico?
«La volontà di non riconoscere la peculiarità della funzione
materna e paterna al punto da non nominarla, è una scelta che deve
interrogare», osserva Camillo Regalia, docente di psicologia sociale alla
Cattolica e direttore del Centro di ateneo studi e ricerche sulla
famiglia. «Nominare la madre e il padre non deve far paura. Dal punto di
vista della costruzione identitaria, sacrificare il riferimento personale per
richiamarsi genericamente al concetto di genitori non è certo positivo». A
parere del docente non è questa la strada corretta per legittimare forme di
genitorialità non biologica, quasi che, dove invece esiste una genitorialità
evidente e chiara, si possa aprire una contrapposizione. Non dev’essere
così, ma è evidente che ci sia anche una componente ideologica nel Regolamento
europeo in materia di dati personali a cui il nostro quadro normativo deve
adeguarsi, come spiegato dalla ministra Lamorgese, oscurando i nomi di madre e
di padre. «Quando si parla di nuclei arcobaleno occorre essere assolutamente
rispettosi. In molte situazioni questi nuclei mostrano un impegno
educativo lodevole anche se – sottolinea ancora Regalia – le difficoltà
rimangono e non dobbiamo avere timore di parlarne. Il grande equivoco è quello di
pensare che si possa parlare di funzioni genitorali indipendentemente dal fatto
che i ruoli siano biologicamente determinati. Facciamo un esempio per chiarire
meglio: una madre single può assolvere anche a una funzione paterna?
Evidentemente sì, ma avrà maggiori difficoltà e farà più fatica. Lo stesso per
una coppia omogenitoriale. Sono situazioni in cui si aggiungono dati
problematici a una realtà, quella del ruolo genitoriale, che è già complesso di
per sé».
Aspetti da affrontare senza toni da battaglia, ma guardando
la realtà per quello che è, visto che il confronto esasperato sui problemi
antropologici non ha altro effetto se non quello di rendere tutto confusivo e
ideologico. «In ogni caso decidere di rinunciare ai nomi di padre e madre per
lasciare solo 'genitori' – conclude il direttore del Centro di ateneo della
Cattolica – significa rinunciare alle differenze per privilegiare la vaghezza
dell’indistinto. E questa non è certamente una scelta che aiuta a risolvere le
situazioni. Se l’obiettivo è quello di costruire un’alleanza genitoriale forte
per il bene del proprio figlio, è importante, in ogni situazione, non
dimenticare le differenze neppure sul piano lessicale».
Nessun commento:
Posta un commento